entr'acte regia di René Clair Francia 1924
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entr'acte (1924)

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locandina del film ENTR'ACTE

Titolo Originale: ENTR'ACTE

RegiaRené Clair

InterpretiJean Borlin, Man Ray, Francis Picabia, Marcel Duchamp, Eric Satie

Durata: h 0.22
NazionalitàFrancia 1924
Generefantasy
Al cinema nell'Ottobre 1924

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Trama del film Entr'acte

Nato da un soggetto di Francis Picabia, accompagnato dalle musiche di Satie, interpretato da questi e altri celebri artisti è una deliziosa e irriverente messa a frutto delle tecniche poetiche del gruppo guidato da Breton.

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Voto Visitatori:   8,08 / 10 (12 voti)8,08Grafico
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Voti e commenti su Entr'acte, 12 opinioni inserite

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Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki  @  20/04/2013 17:40:37
   8 / 10
Pietra miliare del dadaismo, documento storico che trascende il mero valore artistico della pellicola data la presenza di 2 pionieri dell'arte del XX secolo: Marcel Duchamp e Man Ray.Il trionfo del nonsense, un rebus su celluloide, libera da qualsiasi schema narrativo, ultracitazionista rievoca il trucco del montaggio alla Melies (illustrato anche in Hugo Cabret), concedendosi un illimitato uso delle tecniche d'inquadratura nell'avanguardia, ancora in fase sperimentale sarà un ponte per il surrealismo ben più riuscito dell'anagrammatico Anémic Cinema di Duchamp.Celebre la sequenza del corteo che insegue il carro funebre cadenzato dalle note della Marcia Funebre di Chopin.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  16/06/2010 09:27:21
   9 / 10
Quando il cinema era ancora arte... pardon: anti-arte, l'arte contro l'arte, un'allegra e contraddittoria belligeranza.
Le libere associazioni d'immagini mai ferme, musicali, ondivaghe, fluenti talvolta s'astraggono, spesso divengono linee vivaci, semplici comiche forme.
Le stesse sovrapposizioni e alterazioni, sembrando prendersi beffa dell'immagine comune, della figura statica e vecchia da cui nuove nascono: e intorno vi compiono i loro balletti irriverenti.
La stessa danza, l'arte delicata e gentile, è salutata in quella gonna della ballerina, simile a un giglio sommerso in un'acqua buia, che diviene l'aleggiare di una barchetta di carta sopra i palazzi.
E in sottofondo la metropoli, messa in gioco in una scacchiera, e l'uomo moderno, antiquato e ridicolo, che entra in scena con balzi al rallentatore.
Ma innanzitutto c'è diffusa ovunque un grande ironia paradossale: la sequenza del corteo funebre, comicamente straordinaria, che diviene un'assurda corsa a non si sa cosa, pare prendersi gioco non solo dell'arte classica e del pensare convenzionale (dentro la bara dovrebbero starci essi), ma assieme anche dell'altro movimento d'avanguardia del periodo, il futurismo, e della sua esaltazione alla velocità, alle macchine e alla forza bruta. Ma ecco il paradosso: dalla bara esce un illusionista vivo e pimpante, che fa sparire il vecchio come il nuovo, tutti gli altri e se stesso.

Questa era la guerra dada: non bombardare le pietre degli edifici e dei monumenti, ma la loro essenza; del resto, il cannone all'inizio del corto, eretto come un pene, è già un'esplicita critica alla Grande Guerra appena conclusasi, e assieme la dichiarazione della Sua guerra, del Suo terrorismo: a suon di sarcasmo, d'illogicità, di libertà espressiva, di meno serietà, d'invenzioni divertite - seppure con punte amarissime - e di un'arte scagliatasi contro se medesima; per svincolarsi del tutto dalla storia che, quella sì, è un archivio di mutilazioni, di crolli e di battaglie.

6 risposte al commento
Ultima risposta 02/03/2012 16.38.41
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Gruppo COLLABORATORI atticus  @  15/06/2010 17:29:14
   7½ / 10
Bizzarro, straniante, angosciante, provocatorio. L'intermezzo di Clair è uno spasmodico vortice di immagini no sens collegate tramite un montaggio superlativo. Tra l'infinità di opere avanguardiste questa è senza dubbio tra le più affascinanti. Non a caso è considerato il manisfesto cinematografico del dadaismo.

Invia una mail all'autore del commento wega  @  30/01/2010 07:43:20
   9 / 10
Finalmente ho visto "Entr' Acte" di René Clair, una "prestigiosa" staffetta col connazionale Méliès. Nato come intermezzo di uno spettacolo teatrale musicale, è una vera danza della immagini; eccellente risultato se si pensa che come spunto Clair usò una traccia del pittore Francis Picabia. "Un Chien Andalou" sta a surrealismo come "Entr' Acte" sta a dadaismo, sorprendentemente in anticipo sui tempi (è stata una piacevole scoperta anche per me) a Vertov nella non-narrazione, e, come per il surrealismo, la prerogativa è la totale libertà d' espressione, con relativa liberazione della coscienza. E credo che l' esplosione al ralenti del palloncino pieno d' acqua renda bene l' idea. Fatto esplodere tra l' altro per mezzo di un fucile, uno dei simboli fallici - come il cannone in stop-motion dell' incipit - per antonomasia, sfruttati poi, nella corrente surrealista come critica all' impotenza e repressione sessuale. Ecco quindi come, storicamente il passaggio da una corrente artistica all' altra non sia casuale. Bello bello bello.

pinhead88  @  28/12/2009 22:10:00
   7½ / 10
Una delle prime opere che evidenzia quelle che sono state le avanguardie nel cinema.considerato uno dei primi esempi di cinema dadaista.le immagini scomposte tra loro sono le protagoniste assolute di questo esperimento,seguite a loro volta da un ottimo montaggio.

Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  13/07/2009 17:57:29
   8 / 10
E’ considerato, a ragione, il manifesto cinematografico del movimento dadaista: un’opera estremamente “weird” del tutto priva d’un filo logico, come dimostra –oltre che le immagini stesse- l’impianto “sconnesso” del montaggio. E’ pura libertà artistica, che sembrerebbe ricondursi al concetto “joyciano” del flusso di coscienza, dove tutto avviene secondo un’associazione (apparentemente?) casuale in un divenire “sconclusionato”, che alterna momenti di relativa calma (cfr. le scene in “slow-motion”) ad altre estremamente frenetiche culminanti, in un susseguirsi vertiginoso di immagini, nelle sequenze velocizzate delle montagne russe.
In questo delirio visivo, l’episodio più efficace ed esilarante è indubbiamente quello del corteo funebre: una irresistibile parodia, che principia in “sordina” (con l’uomo che mangia un pezzo di ciambella appeso al carro) per poi aumentare progressivamente di ritmo, fino a sfociare nel colpo di scena finale col mago che esce dalla bara e fa sparire tutti, compreso se stesso.
Rocambolesco, imprevedibile e inintelleggibile, “Entr’acte” (in italiano “intervallo”) fu concepito come intermezzo di uno spettacolo di danza di Picabia e Satie (a loro volta autori, rispettivamente, del soggetto e delle musiche del film): e infatti nel suo impianto, dove le cadenze della musica s’associano a quelle delle immagini, si configura come un vero e proprio balletto costituito di momenti bassi ed alti. Ma un balletto messo in scena in forma completamente parodistica, secondo un intento di base emblematicamente testimoniato dai passi aggraziati di una ballerina, che poi si scoprirà essere un uomo barbuto.
Se lo scopo di Renè Clair e Francis Picabia era quello di dare vita ad un’opera destituita di senso e finalizzata esclusivamente a deliziare la vista e l’udito, beh non si può negare che ci siano riusciti. “Entr’acte” sicuramente non avrà la carica scandalistica e mordace di “Un chien andalou” e de “L’age d’or” o la critica sociale sottesa a “L’uomo con la macchia da presa” (dove la spericolatezza delle riprese si lega a una visione anti-capitalistica del sistema), ma rimane pur sempre un altissimo esempio di libertà espressiva e di spirito ludico, che trovano respiro in tutte le fasi della pellicola: dall’ ”overture” (col movimento autonomo del cannone, seguito dal buffo salto di due personaggi -Satie e Picabia- che, dopo averlo caricato, sparano come a sancire l’inizio ideale del cortometraggio) fino all’improbabile epilogo (in cui la scritta finale viene squarciata da un uomo che cade e, subito dopo, viene calciato e rispedito indietro attraverso il riavvolgimento della pellicola).
Da rimarcare, infine, il notevole apparato avanguardistico-sperimentale del film, sotto il profilo effettistico: dai “ralenti” alle velocizzazioni, dalle sovrapposizioni alle inquadrature capovolte: espedienti davvero degni di nota per l’epoca.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  13/05/2009 22:22:16
   8½ / 10
Uno dei cortometraggi simbolo delle avanguardie degli anni 20, diventato il manifesto cinematografico del dadaismo. Nessuna struttura narrativa, provocatorio in taluni frangenti, fonda tutto sul ritmo delle immagini dettato da un montaggio veramente superbo.

heartbreaker  @  02/03/2009 16:26:17
   8 / 10
Anche in questo caso, come in Un Chien Andalou, siamo davanti a un'opera impressionista francese risalente agli inizi del Novecento. Anche in questo caso bisogna ribadire come gli Impressionisti avessero delle regole abbastanza chiare e come questi film fossero l'applicazione di tali regole.

Montaggio accelerato/rallentato (celebre è in questo caso la famosissima scena del funerale che verrà poi citata in tantissimi film), mancanza di una trama logica, uso di "effetti" che rimandano ad un mondo onirico (scena dei palloncini che si gonfiano e sgonfiano).

Tutto questo in nome della provocazione. Provocare era la parola d'ordine degli Impressionisti, provocare soprattutto la classe borghese. Il Cinema Francese, a differenza di quello Statunitense, non usava la letteratura o il teatro per ispirarsi, semplicemente era un'arte che si sosteneva sulle sue ricchezze.

aLe B. Goode  @  19/07/2008 14:22:46
   7½ / 10
Senza troppe pretese (dato che non sono in grado di commentare il film dal punto di vista storico) mi è piaciuto, ci sono parecchie scene senza senso ma divertenti...come già detto nei commenti precedenti l'intento di "divertire e dissacrare" è ben riuscito..

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  26/08/2007 18:35:19
   8½ / 10
Le avanguardie artistiche degli anni 20 non potevano fare a meno di dire la loro anche nel campo cinematografico. Una delle prime opere create è questo cortometraggio inserito nei due atti di un balletto (da qui il nome). Lo sceneggiatore è Picabia, uno dei massimi esponenti del Dada parigino. L’ideale artistico di questa corrente era quello di smitizzare qualunque cosa, anche l’oggetto artistico stesso. Una specie di tabula rasa, presa però con spirito goliardico e provocatorio.
Le musiche vennero affidate ad un altro artista, famoso per avere tolto pomposità e serietà alla musica: Erik Satie (autore di un pezzo chiamato “Embrioni disseccati”, ma anche della bellissima “Gymnopedie”).
I due appaiono insieme in una specie di prologo programmatico. Entrano in scena al ralenti con buffi balzi clowneschi. Si mettono dietro un cannone, lo caricano e lo puntano verso lo spettatore. L’effetto dello sparo è però molto scherzoso. E’ chiaro l’intento dell’opera: provocare, dissacrare e divertire. Si tiene anche conto del contesto in cui viene proiettato il corto. Infatti è un implicito omaggio formale alla danza, non solo con la ripresa continua di una ballerina da ogni punto di vista (compreso quello da sotto i suoi piedi verso le mutandine), ma anche dando al film un ritmo, nel passaggio delle immagini, simile ad una danza (grande merito di Clair).
In se e per se l’opera non ha alcun significato formale. Si apre con immagini in diagonale, poi con un piccolo spettacolo di burattini, segue una serie di belle immagini in sovraimpressione (un mare con facce rovesciate, una città caotica con due guantoni da pugile), appare quindi una partita di scacchi sui tetti di Parigi interrotta da scrosci d’acqua. La seconda parte sembra avere una tenue trama. Un ragazzo vestito all’antica su di un cornicione cerca di sparare ad una specie di uovo che galleggia su un getto d’acqua, come se fosse al luna park. Ne esce un piccione (lo scherzo) che si posa sul giovane. Lui però viene preso di mira da un borghese con un fucile che gli spara addosso (la serietà). Cade dal cornicione.
Inizia quindi la splendida scena del funerale, una presa in giro delle cerimonie di qualunque genere. La bara è trainata da un cammello ed è ricoperta da prosciutti e da megaciambelle. La gente segue il “feretro” saltellando comicamente al ralenti. La bara carrozza fa presto ad andare velocissima per conto suo, paragonata alle montagne russe del luna park, e alla fine va a schiantarsi in un prato. Ed ecco magia dell’arte. Il morto non era morto, ma da bravo prestigiatore fa sparire tutte le persone, se stesso e anche il film. Ciliegina: anche il cartellone con “fine” sopra viene preso in giro e dissacrato.
Lo scopo di Picabia/Satie/Clair è stato pienamente raggiunto: dissacrare e divertire. Ho visto questo pezzo con molto interesse e non mi ha per nulla annoiato. Conserva intatto il suo fascino anche dopo 80 e passa anni.

Gruppo COLLABORATORI Marco Iafrate  @  26/05/2007 16:28:49
   7½ / 10
Film di avanguardia realizzato un pò per gioco, un pò per scommessa da Renè Clair è un insieme di immagini e di sequenze frantumate senza un filo logico apparente, soprattutto nella prima parte che ci mostra una ballerina ripresa da sotto che volteggia, palloncini con faccioni contenti che poi si afflosciano, due uomini che giocano a scacchi, una barchetta di carta che "naviga" sopra i tetti delle case, cacciatori che sparano a palloncini tenuti in equilibrio da getti d'acqua e cosi' via.
Nella seconda parte, più lineare, si assiste ad un funerale con un carro funebre tirato da un cammello ed un discreto numero di persone che gli corre dietro in un crescendo sempre più caotico.
Cortometraggio che va "guardato" se non altro per il fascino di immagini di quasi un secolo fa, e per quello che ha rappresentato per il cinema sperimentale.

Gruppo STAFF, Moderatore Invia una mail all'autore del commento stefano76  @  13/10/2006 21:35:49
   8 / 10
Questo cortometraggio rappresenta un tassello fondamentale nella storia delle avanguardie cinematografiche. Ufficialmente è considerato il manifesto del dadaismo cinematografico, anticipatore del di poco successivo surrealismo, che di fatto proponeva una visione del cinema che rompeva completamente con i canoni classifici vigenti fino a quel momento. Un cinema fatto di immagini, dissolvenze e sequenze prive di logica e significato che, di fatto, non raccontavano niente.

Entr'acte, in tal senso, è chiaramente un esperimento, un cortometraggio assolutamente sperimentale che mette in scena sequenze e immagini praticamente a casaccio (una scacchiera, una ballerina barbuta, un cacciatore ucciso da un altro uomo col fucile, un corte funebre che scappa inseguito dalla gente, un prestigiatore che fa sparire tutti compreso se stesso), ma lo fa con una grande potenza visiva, per quei tempi estremamente visionaria. Basti vedere la splendida sequenza del corteo funebre e del successivo inseguimento, un capolavoro di regia, montaggio e sincrono musicale.

Una chicca da vedere, fosse solo per pura curiosità.

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