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Era considerato un gruppo di sbandati della parte sud di Santa Monica, quella povera e degradata della città californiana. Questo gruppo rivoluzionò fin dalle fondamenta il fenomeno dello skate, riportandolo in auge con uno stile aggressivo e arrabbiato, mutuandolo dalla loro passione del surf che applicarono sul solido della terra con lo skateboard. I protagonisti di quell'epopea raccontati con passione dallo stesso regista, Stacy Peralta, uno degli Z-Boys originali, con una quantità incredibile di materiale di repertorio, la maggiorparte in super 8 e montato benissimo che offre un ritmo serrato alla galleria di protagonisti di quell'epoca.
BELLO A me più che ad un documentario pareva un film vero e proprio! Bellisima la scena con l'astronauta! (se qui c'è chi conosce in un minimo lo skate e i suoi campioni sa di cosa parlo) Il grande Johnny Knoxville ha tenuto alto il suo onore di attore! E poi la storia era bellissima e abbastanza verosimile.
Ragazzi che ****ta sto documentario: premetto che l'ho visto in lingua originale che forse è meglio, ma comunque per chi, come me, ha la passione per il surf e da piccolo ha passato le giornate in skate questo è davvero imperdibile. Certo la storia io la sapevo già grazie a riviste e libri e altro ancora, ma qui è racchiusa tutta la storia degli albori ed ha un'aura di mitico, sarà forse anche per la qualità dei filmati... Certamente non può interessare a tutti anzi, se non interessa annoia e parecchio, x cui il voto è da dividere in questo modo: 7 per chi è appassionato 5 per chi non ha interesse nello skate e affini
E' un vero e proprio documentario, anche piuttosto lungo. Per vedere la storia "romanzata" andate a verede Lords of Dogtown che Stacy Peralta ha girato basandosi sulla vera storia della nascita dello skate moderno. Altro film che mi sento di consigliare anche se si trova quasi solo in inglese è GATOR, la verta storia anche qui fatta a documentario di questo skater leggendario che ha dominato lo skate negli anni 80. Skateboarding is not a crime!
Dogtown non è solo un documentario che narra (esalta) le gesta di una dozzina di ragazzini californiani che nei primi anni '70 spendeva le proprie giornate bruciando nella passione (ossessione) del surf prima, dello skateboard poi. Dogtown è un inno al talento, alla ferma intenzione di ridefinire i limiti delle 'cose' che stai facendo. Magari non sono 'cose' importanti, ma importante è l'atteggiamento che quei buoni a (quasi) nulla sfoderarono. La parola "atteggiamento" è frequente quanto i "fuck" e le congiunzioni. Questo film è un'incisiva dimostrazione di quanto conti l'atteggiamento e di cosa possa produrre. L'astrarsi dal resto del mondo concentrandosi su se stessi e sulle proprie capacità, dimostrando prima (forse solo) a se stessi di cosa si è capaci. Da questo punto di vista, che l'oggetto della ricerca sia lo skating o la pace nel mondo è un fatto del tutto secondario. Come viene spiegato nel documentario, in quei tempi andare su uno skateboard non era certamente un'attività in voga, era piuttosto un'occupazione infantile o da s****ti, paragonabile a jojo e hula-hop. Il sospetto che gli innovatori siano persone che se ne infischiano di cosa sia 's****to' e cosa non lo sia è forte, di certo la bassa e diffusa opinione sullo skating passò del tutto inosservata agli strafatti occhi di questo branco di ragazzini irrispettosi e sfacciati che con estrema naturalezza trasformarono l'innocuo gingillio di scolaretti innocenti in un'attività 'degna' dell'attenzione dei media e delle multinazionali dell'abbigliamento sportivo. Quel branco di irrispettosi e sfacciati teppistelli smise gli stracci degli emarginati e vestì quelli da star giovanili. Atteggiamento, non tenacia. Talento, non competizione. Skating con gusto, non per ottusa autoimposizione. Skating per sviluppare un proprio stile, un proprio modo di stare al mondo, non per essere più bravo di quell'altro per di più osservando rigide e altrui regole. Vieni qui a misurare chi ha lo stile migliore, se ci riesci! Non ci riuscirai, potrai solo prendere atto che alcuni hanno uno stile, altri nemmeno quello. Ribelli con una causa: disegnarsi i vestiti addosso, non farserli cucire da altri o indossare quelli preconfezionati. C'è sicuramente autocompiacimento tra i protagonisti di questa storia, ma chi non lo sarebbe dopo aver stravolto la propria vita smettendo gli stracci dello zerbinotto di periferia per vestire quelli da star con un proprio pubblico, seppur di nicchia, che ti idolatra? Specie se tutto questo non è avvenuto con un colpo di bacchetta magica, bensì grazie alla tua creatività? Che botta di adrenalina hai quando applaudono un tuo bel colpo? Certo, una riflessione un po' più critica su come si siano lasciati intruppare, fagocitare e sputacchiare dall'industria che seppero attrarre a sè, non avrebbe fatto male. Ma già così è abbastanza. Una tavoletta su 4 ruote per alcuni, una questione di atteggiamento per altri.
bello il montaggio e la scelta delle musiche, interessante ma forse un pò troppo lungo, se nn sei un appassionato è meglio evitarlo riskieresti di annoiarti
MOlto stile Peralta, grande mente e manager dei fantastici tempi quando la BOnes Brigade skateava per il mondo e i loro filmati promozionali erano piccoli film: se vogliamo paragonare la rivoluzione linguistica di Peralta nel documentario (ancor prima di questo Riding the Giant o i vari Future Primitive, Band This...) sta come Thriller di MIchael Jackson ai videoclip (chiedo scusa per eventuali nomi scritti sbagliati, ma l´importante é che si capisca). UN bel ritratto dello skate, che puó tuttavia coinvolgere anche chi di questo sport non se ne frega nulla, perché ancor prima dello skate é un documentario generazionale... e chi come me nel fin ire degli anni novanta skateava duro "contro il muro" (chi si ricorda Zambito? I Nelzi, Max Bonasson, Edo Tagliavini...), salgono alla pöelle a piú riprese le oche e gli occhietti si inumidiscono! Comunque, é un documnetario non un film (che peró esce adesso LORD OF DOGTOWN, ispirato dal documentario), quindi, chi lo va a vedere sappia almeno cosa sta andando a vedere
Un fantastico "film documentario" sulla nascita ed evoluzione dello SK8. Aleggia lungo tutta la durata del film un'atmosfera di "rivoluzione" e l'idea che chi vive di questa passione è in qualche modo baciato dalla fortuna....e in parte credo sia vero, almeno in quel contesto durante quegli anni. Un film che chi non ama lo sk8 forse non apprezzerà.