In una periferia sospesa tra metropoli e natura selvaggia, dove l'unica legge sembra essere quella del più forte, Marcello è un uomo piccolo e mite che divide le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di toelettatura per cani, l'amore per la figlia Sofia, e un ambiguo rapporto di sudditanza con Simoncino, un ex pugile che terrorizza l'intero quartiere. Dopo l'ennesima sopraffazione, deciso a riaffermare la propria dignità, Marcello immaginerà una vendetta dall'esito inaspettato.
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Sicuramente un bel film, però non ci ho visto proprio quel filmone e capolavoro che viene osannato. Piuttosto un film reale al 100 ,% in cui di empatizza col povero protagonista. Ci sono diverse metafore soprattutto alla fine... bellissima la scena in cui dopo averlo ucciso, marcello si immagina di vedere i suoi ex amici a cui vorrebbe fare vedere che lui ce l'ha fatta, che alla fine è stato proprio lui a liberare tutti da quel mostro, dalla bestia che attanagliava tutti nel quartiere. Era il migliore dei modi per riscattarsi con loro, ma soprrattutto con se stesso. E fanatastica la scena finale in cui Marcello, sofferente come un Cristo che porta la propria croce, procede a stento, sfinito verso la resurrrezione.
Però a parte questo visto una volta si dimentica facilmente Un capolavoro è ben altro È un qualcosa che ti fa venire voglia di rivederlo, che ogni volta ti da sensazioni nuove e ci vogliono sfumature diverse. È un qualcosa di irripetibile e sconvolgente. E questo è solo un film come altri.
Forse in effetti c'è troppo clamore attorno a un film che non ha nulla di più rispetto a L'imbalsamatore, per non parlare di Reality. Ma è una sorta di punto d'arrivo: Garrone riduce così all'osso la storia e i dialoghi da entrare in una sorta di metafisica della provincia e dell'abiezione, molto più che nei film sopra menzionati, nella storia di una persona che non riesce ad essere ciò che vuole, che, insomma, come tante altre creature del cinema di Garrone, vuole essere amato da chi proprio non potrà mai farlo. E per questo viene respinto, alienato e portato oltre il baratro, perdendo definitivamente il controllo. Lo schema è sempre quello, ma l'animalità delle relazioni unita a interpretazioni clamorose lo rende l'opera garroniana più coinvolgente e, di conseguenza, devastante. Ma non la più bella. Forse perché lo schema della vittima passiva, debole, senza scampo sin dall'inizio, quindi prona nel subire le frustate di un destino implacabile, annichilisce si, ma alla resa dei conti viene da dire: e quindi? Ancora? Sempre questo schemino facile facile, ma con una messa in scena maestosa (su quello, nulla da dire)? Garrone gioca molto più facile di quel che sembra. Vincere così, per uno col suo talento, è persino sprecato. E quindi devo ammettere di essere rimasto un po' deluso. L'8 non lo metto per questo motivo.
Prima del presente commento, il mio, la media voto dei visitatori era di 9.13, con 19 voti espressi. Una media decisamente alta, anche se non si può esser certi che si manterrà in futuro. Per ora posso dire che non capisco tutto questo entusiasmo per una pellicola si buona, ma in fin dei conti ordinaria. Le prove attoriali di Fonte e Pesce sono state decisamente valide, ma questo non basta per fare un grande film. E' un film senza intensità; crudo, invero più nella forma che nel contenuto, piatto, senza echi emozionali, nel senso che il film si risolve tutto nella storia. E come potrebbero riecheggiare dei 'tipi'? E si, perché tutti (sic) i personaggi di questo film sono stereotipati. La fortuna di questo film è facilmente ascrivibile alla figura del protagonista. Ma non basta.
nuda, triste, cruda, desolante realtà.... Garrone regala una piccola perla, che non ha bisogno della colonna sonora (assente) per farti vedere, respirare, vivere il degrado scelto come sfondo dell'intero film... una lotta tra la solitudine e la violenza dei due bravissimi protagonisti, che non può lasciare indifferenti... (meritatissima palma d'oro per Marcello Fonte) promosso a pieni voti su tutti i fronti
Probabilmente l'opera migliore di Garrone, limpida, asciutta, quasi perfetta. Non stanca mai, neppure un secondo, di grande impatto visivo. Bravissimo Pesce, ma magistrale Fonte (mi ricorda così tanto il Carlo Delle Piane negli Anni '50-'60, fisicamente e in alcune movenze), giustamente premiato a Cannes. Da applausi... forse una colonna sonora ad effetto avrebbe messo la ciliegina sulla torta.
Sicuramente un ottimo film, un film che ti fa riflettere anche nei giorni a seguire Se entri dentro i personaggi e vivi le loro emozioni, le loro paure sicuramente lo apprezzi molto di più Questo ho fatto io e sono uscito dalla sala soddisfatto di aver visto una pellicola confezionata dal maestro Garrone in maniera impeccabile Ottima la fotografia, l'ambientazione e che dire della recitazione dei due personaggi principali? Il timido e vessato Marcello che deve subire le angherie del bullo e violento Simoncino che fa la voce grossa con tutto il vicinato tant'è che provano anche a farlo fuori. Ma è il mite Marcello che avrà l'arduo compito di far tacere per sempre in cattivone di turno L'epilogo del film è aimè noto, seppur romanzato e adattato ad un film, questa pellicola, ai titoli di coda, riesce a lasciarti ancora qualche minuto seduto sulla poltrona a riflettere Malgrado tutto ciò, non mi sento di dare un voto troppo alto, si ok è un gran bel film ma non è un capolavoro un 8 e mezzo però è più che meritato
Garrone si conferma il mio regista italiano preferito. Qui si ripropone con una storia inventata che trae spunto da un terribile fatto di cronaca nera.
Il regista migliora sempre di più, con una fotografia incredibile che rievoca le vecchie pellicole dei neorealisti italiani. Location sempre al meglio, luoghi e angoli della nostra Italia che solo lui riesce a scovare e a rendere visivamente così bene. Cemento, povertà, degrado. Siamo abbandonati a noi stessi. Sicuramente uno dei punti di forza è l'ambientazione.
Purtroppo non riesco a dire lo stesso del resto, non sono d'accordo con il premio vinto a Cannes (che poi hanno dichiarato che hanno voluto accontentare un pò tutti con i premi, bah, e che è una spartizione?) dall'attore che sforna comunque una buona prova ma più che interpretare mi è sembrato essere proprio così nella vita reale: è stato più che altro se stesso. Ho preferito di gran lunga la prova dell'antagonista Simone che mette davvero ansia e sembra sul serio uno di quegli energumeni con cui risulta impossibile ragionare. L'altro punto a sfavore a mio avviso è la storia, troppo scarna, troppo semplice e che mi ha lasciato proprio poco. Va bene lo spaccato ma qui è quasi un duetto tra i due attori che pochissimo racconta della società in cui vivono: poco sappiamo all'inizio e poco sapremo alla fine del film. Cosa ci vuoi dire Garrone? Che la violenza chiama violenza? Che anche il più innocuo dei personaggi può trasformarsi in un feroce assassino a causa della società che lo insidia?
Non lo so, mi è sembrato tutto troppo piatto e gia visto e stravisto come messaggio. Alla fine mi sono ritrovato con la domanda: e quindi? 2 ore di "bullismo" tra i due, quasi unici, protagonisti non mi sono bastate per sentirmi appagato. E non mi ha mai emozionato.
Il definitiva non il suo migliore e nemmeno il mio preferito. Titoli come "Gomorra, l'imbalsamatore, Reality e Primo Amore" per me rimangono superiori in quanto a storia, originalità e coinvolgimento. Come comparto tecnico qui siamo un gradino sopra ma preferisco una regia meno raffinata e una storia più coinvolgente e di spessore.
Bello ma con un messaggio che non mi ha affatto soddisfatto. Da vedere comunque.
Garrone confeziona finalmente la favola che inseguiva da tempo. Il suo Tale of tales era forse un fuoripista necessario per fare, questa volta, centro perfetto. La storia di cronaca a cui è ispirato è solo un pretesto. L'ambientazione è uno spazio dell'anima. Dogman è un film spirituale, una favola tetra da cui tirare fuori un insegnamento, una o più letture delle vicende umane. Marcello, il protagonista (perfetto, eccellente, sicuramente diretto dal regista, un ispirato Garrone burattinaio), è sedotto dalla forza e dall'insaziabile smania di desiderio di Simoncino che rappresenta l'ego-la parte infantile,bloccata nella richiesta coercitiva, nel desiderare violento e fatale. Il percorso di crescita di Marcello è uccidere questo mostro. Simoncino si presta a tante letture: lui è l'ombra dentro di Marcello-noi stessi- infatti sniffa perennemente, gioca, va a *******, compra costosissima moto. Tutto senza potersi permettere niente di tutto questo. Simoncino è la parte di Marcello che lui stesso nutre, preserva, ma che presto gli si ritorce contro, mostruosa e distruttiva disposta ad ammazzarti senza indugio. Una tensione costante lungo tutto il film, la paura che forse ognuno di noi prova a contatto con la nostra piccola o grande ombra interiore. Epilogo magistrale.
Dogman è un film viscerale, che rimane dentro. Inutile stare qui a raccontare la storia. Il film gode di un'interpretazione straordinaria di Marcello Fonte che riesce fin da subito a creare empatia con il pubblico. La fotografia è bellissima. Matteo Garrone ha realizzato un'opera d'arte. Andate al cinema a vederlo.
Prima di questo film penso che pochi conoscessero la vicenda del Canaro, uno dei delitti più efferati di cronaca nera italiana. E per chi la conoscesse, non si deve aspettare di vedere un qualcosa tipo Hostel. Garrone prende spunto da questo fatto cronaca per raccontare una storia ambientanta in un contesto quasi metafisico, cemento e sterrato che sono il paesaggio desolato dominante di Dogman. E' un'ambiente squallido che Garrone delimita in maniera precisa e dal quale quasi mai ne esce fisicamente, come a creare un mondo suburbano a parte che può essere applicato a qualsiasi metropoli. Un piccolo mondo nel quale Marcello si trova a suo agio. Mite, dal carattere quasi ottimista e benvoluto da questa piccola comunità. Benvoluto dalle persone ed amato dai cani al quale dedica tutto il suo tempo. In un certo senso si sente protagonista di questo mondo a parte (reminescenze certamente di Reality), ma c'è letteralmente un cane sciolto dal volto umano con cui non riesce a stabilire un vero contatto. La prima sequenza sotto questo punto di vista spiega un po' il senso del rapporto tra Marcello e Simone, solo che l'uomo, a differenza del cane non è addomesticabile. Più tenta di addomesticarlo, più gradualmente perde la propria dignità, fino a smarrirla del tutto ed essere rifiutato da tutti. Garrone scava in profondità nei recessi della mente di Marcello ed in questo la prova di Marcello Fonte è veramente di livello assoluto, senza dimenticare comunque la contraparte di Eduardo Pesce. Il lavoro di regia e soprattutto della fotografia rendeono l'idea di come la lettura della realtà di Marcello fosse distorta. La breve sequenza dell'arrivo in carcere è un punto di cesura del film, dove ad una prima dai colori più caldi, si passa alle tonalità più fredde e cupe della seconda, in cui lo strumento della vendetta diventa il tentativo di recupero della propria dignità dopo tante umiliazioni, persino pubbliche. Una comunità che svela il suo volto più squallido, pronta ad emerginare il debole, ma come un gregge di pecore, inerme e codardo di fronte al cane sciolto Simone. Una vendetta inutile, priva di redenzione o catarsi e come in una delle tante favole un cavaliere che uccide il mostro ma che non verrà glorificato. L'immagine finale è qualcosa di tragicamente amaro e che colpisce in profondità.
Per caso vediamo sulla locandina e dopo aver consultato la trama, ci buttiamo all'avventura. Consci del cinema e del timbro spaventosamente inquietante di Matteo Garrone, il regista si conferma uno che spacca e che ti lascia sempre qualcosa da portare a casa. La prima scena ti cala subito nella vita quotidiana del protagonista. Nessuna distrazione per oltre 2 ore. Non conoscevo la storia reale del 'canaro', che di per sé ha tutto da essere commentata. La pellicola segue abbastanza fedelmente quanto successo 30 anni fa. Per il 10 ci volevano colonne sonore: peccato.
Nuovo è intenso affresco di Garrone col personaggio outborder Marcello che di fatto focalizza su di sè tutta l'attenzione (premio ultrameritato a Cannes). Perchè alla fine non c'è molto altro... ispirato alla torbida vicenda del Canaro veramente accaduta una trentina di anni fa, Dogman risulta una storia semplice... sostanzialmente monotematica, ma Garrone ha una forza rappresentativa senza eguali attualmente nel cinema italiano... una sorta di Pasolini contemporaneo.... riesce a fare entrare i empatia lo spettatore sia con i personaggi, anche se negativi, sia con l'ambiente, spesso decadente e crepuscolare.... in un oblio realistico senza scampo. Notevole.
Garrone torna alle atmosfere de "L'Imbalsamatore", con questa fiaba noir neorealista, in cui il regista romano dimostra che non c'è bisogno per forza di una storia complicata per fare un bel film, ma a volte la semplicità è la strada giusta, naturalmente solo nelle mani di un grande cineasta. In "Dogman" gli ingredienti sono miscelati bene, a partire dall'ambientazione periferica romana con le sue costruzioni fatiscenti e mettendo la lente d'ingrandimento in questa piccola comunità di negozianti, che devono tirare avanti, a volte anche sporcandosi le mani con giri loschi. E quindi c'è Marcello, uomo fondamentalmente solo, che ricerca rapporti con la figlia, i vicini negozianti e con Simone, bullo di periferia. Ed è nel suo lavoro, ovvero con i cani, che trova la sua vera dimensione. Sin dalle prime sequenze si capisce che "Dogman" è una pellicola clamorosamente riuscita, capace di passare da momenti più teneri a quelli più duri, senza mai perdere la bussola.
Garrone aveva chiamato Benigni per la parte del protagonista. Da una parte rimane la curiosità di capire cosa poteva fare l'attore/regista toscano. Dall'altra si è contenti della scelta di Marcello Fonte, attore non professionista che ha dato un'immensa prova, premiata a Cannes. E forse abbiamo trovato anche un nuovo talento. Da premio sarebbe stata anche l'interpretazione di Edoardo Pesce, capace di un'autentica trasformazione nei panni di Simone. Azzeccati anche i personaggi secondari.
"Dogman" si candida ad essere uno dei migliori film italiani degli ultimi anni. E' così che rinasce il cinema, spostando l'asticella e lasciando mano libera ad un regista dalle grandi doti, come lo è Garrone. Non so se reputarlo capolavoro, perchè forse nella seconda parte non arriva ai magnifici livelli della prima, ma rimane un grande film, capace di dare molte sensazioni allo spettatore, incluso quello di emozionare.
Mi aggrego a chi lo ritiene il miglior Garrone. Possiede tutte le abilità necessarie per superarsi, riemergere ancora più ispirato. Il Canaro di un mondo disperso nel nulla cosmico, il nostro Marcello vedrà la luce in fondo ad un tunnel nerissimo, chi lo aspetterà al di là del varco? Atmosfera ai limiti del post-apocalittico, una periferia romana trasformata in circolo del degrado. Dog-Man, accostamento azzeccato per sottolineare l'imprevedibilità dell'uomo di fronte alle più estreme avversità della vita. Cane Mangia Cane, in una location fotografata senza orpelli delicati e raggianti. Garrone toglie il respiro al protagonista, un'eterna agonia. Noi subiamo tutto quanto. Ne usciremo devastati dalla sala, attorniati da un silenzio glaciale.
Opera di una bellezza sconvolgente, che si concentra su due soli personaggi, due attori di incredibile bravura. Il segreto vincente per poter far breccia su un pubblico che, per la prima volta dopo anni di cinema italiano comico o di generi più ricercati, non sa cosa aspettarsi da una trama sospesa nell'etere, in attesa di essere compresa a fondo. Solo il finale ti sblocca e ti libera da una condizione di prigionia allucinante, per essere ripresa in spazi aperti. Non nella maniera in cui ti aspetti però.
Complimenti a Matteo, e al duo Marcello ed Edoardo...qui avete dato vita ad un Taxi Driver del nuovo millennio.
Torno su questo sito dopo qualche anno apposta per commentare questo film che ho visto ieri sera. Dico solo che era da tanto tempo che un film non mi sconvolgeva in questo modo. Atmosfera cupa resa in modo magistrale, attori che recitano in modo pazzesco, tutti, dal primo all'ultimo. Finale semplicemente memorabile. 10 su 10, dopo anni che non ne davo uno.
Il film si svolge e dipana e hai l'immediata immedesimazione nello scivolare impossibile di Marcello nell'assurdità di un Destino già scritto e che lo attenderà, solo e perso, nella periferia di sempre col conto inimmaginabile dello Sbaglio, Karma giustissimo e perso, follia che rasenta una lucidità improbabile. Un climax pazzesco, attori stratosferici. Fotografia lugubre ed entusiasmante, i 10 secondi della scena finale dell'epilogo nel negozio sono semplicemente memorabili. Finisce. E hai subito l'impressione di aver visto un film epico dove Marcello, dalle periferie romane o di Castel Volturno che siano, assurge a personaggio universale, fuori tempo e luogo, di tutti i tempi e luoghi.
Una periferia fra il cemento colante e il mare subacqueo entrambi pneumatici entrambi alienanti. In non luoghi sferoidali, bluastri, volturati alla decadenza di un quotidiano ammaccato, c'è l'uomo che come un cane predato torna con la preda. E come il cane feroce di E. Bunker il cinema di Garrone lascia 102 minuti con la bava alla bocca.
No, quella di Garrone non è la vera storia del Canaro della Magliana. Non è il racconto di un truce fatto di cronaca nera. È molto di più. Il regista ci trasporta in un luogo ai confini del mondo, una dimensione parallela incastonata tra le montagne e il mare. Non è la Magliana degli anni '80, o almeno non lo è per chi non vi ha vissuto. Per chiunque sia nato e cresciuto in una borgata, probabilmente sí. Perché è così che ti senti. Perduto. Consapevole dell'esistenza di un mondo fuori al di là delle sponde, ma per te irraggiungibile. In questo far west che sopravvive in un delicato equilibrio, Garrone colloca uno dei personaggi più potenti mai apparsi sul grande schermo, al pari del protagonista di Taxi Driver o di altri personaggi del cinema che hanno perpetrato la loro vendetta. Un uomo che ha l'abilità di rendere mansuete le bestie feroci, ma che è costretto ad affrontare una bestia che non conosce pietà. Dogman è la storia di una lotta tra un capitano Acab e la sua moby Dick, tra un vecchio e il suo mare. È la lotta per la sopravvivenza di ogni uomo aggrappato ad una vita che morde e ringhia. No, questa non è la storia del Canaro. Questo Caravaggio del cinema italiano ha voluto raccontarci ancora una volta le profondità degli abissi degli ultimi, di quelli che la società tiene ai margini o considera inferiori. E ha voluto mostrarci come da tutto questo odio possano generarsi mostri.
Garrone fa centro nuovamente. un capolavoro sospeso tra la solitudine di Marcello (emblematico il finale) e la violenza di Simoncino. Film da non perdere
Premetto che dal 1971 al 2008 ho abitato alla Magliana zona dove si è consumato il terrificante delitto del Canaro. Il film di Garrone si avvicina lontanamente dalla realtà. Si questo Dogman è ambientato in un mondo immaginario, in un mondo dove non si può scappare da nessuno e da niente . Per chi vuole andare a vedere un horror violento come la vera storia ci racconta ha sbagliato film, si perché qui non si tratta di violenza e paura ma si va ben oltre . Una fotografia pazzesca e attori impeccabili fanno da cornice a questo capolavoro Italiano . Da vedere , da rivedere si perché qui si parla di un nuovo cinema , un cinema che ti fa accapponare la pelle e ti lascia con molta tristezza . CAPOLAVORO!