In una periferia sospesa tra metropoli e natura selvaggia, dove l'unica legge sembra essere quella del più forte, Marcello è un uomo piccolo e mite che divide le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di toelettatura per cani, l'amore per la figlia Sofia, e un ambiguo rapporto di sudditanza con Simoncino, un ex pugile che terrorizza l'intero quartiere. Dopo l'ennesima sopraffazione, deciso a riaffermare la propria dignità, Marcello immaginerà una vendetta dall'esito inaspettato.
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Matteo Garrone torna in quei posti desolati che fecero da sfondo al suo primo grande successo, ovvero " L' imbalsamatore"; siamo nuovamente in quella periferia malsana e fatiscente in cui il colpo d' occhio regala visioni da incubo post atomico. È questo il respingente luogo in cui si muove il mite Marcello, professione toelettatore di cani, amati alla follia insieme alla figlia, con la quale sogna immersioni in fondali marini esotici, accontentandosi per lo più di veloci escursioni nel mare antistante dove raggiungere un mondo fatto di pace e silenzi indiscutibilmente affini al suo mansueto essere. Dedito allo spaccio di piccoli quantitativi di cocaina si mette in relazione con l'energumeno Simone, questi, prepotente e dedito alla violenza, si erge come antitesi perfetta del protagonista (interpretato magistralmente da Marcello Fonte). Un contrasto caratteriale e fisico, colto da Garrone attraverso il continuo confronto tra l'imponenza di uno e la pochezza dell' altro. In "Dogman" viene sviscerato il rapporto tra questi due personaggi, dapprima bilaterale poi a senso unico, soprattutto giudicato negativamente da un ambiente popolare descritto alla perfezione, determinante per l'evoluzione del malessere di Marcello, pronto a trasformarsi da vittima designata in carnefice. La storia del Canaro da cui si prende spunto è solo un' ispirazione, magari poco vaga ma di sicuro infedele ai fatti che sconvolsero l'opinione pubblica sul finire degli anni '80. A Garrone non interessa ricostruire quella vicenda, semmai crearne una parallela, quasi surreale (si veda la scena con il richiamo disperato durante la partita di calcetto a fattaccio compiuto) in cui alla violenza e al dettaglio morboso si sostituisce l'analisi di un rapporto di subordinazione congenito, in cui però alla fine le leggi naturali vengono sovvertite in un beffardo delirio di follia privo di qualsiasi riscatto.