diamond connection regia di Sergio Bergonzelli Svizzera 1982
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diamond connection (1982)

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Titolo Originale: DIAMOND CONNECTION

RegiaSergio Bergonzelli

InterpretiWilliam Berger, Gordon Mitchell, Barbara Bouchet

Durata: -
NazionalitàSvizzera 1982
Genereerotico
Al cinema nel Luglio 1982

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Trama del film Diamond connection

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Voti e commenti su Diamond connection, 1 opinioni inserite

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moonlightrosso  @  24/06/2020 17:36:06
   10 / 10
Nei più reconditi e polverosi scaffali degli storici videonoleggio (spazzati via dai giganteschi Blockbusters prima, e poi definitivamente dalle pay-tv, da streaming e da chi più ne ha più ne metta), era solito imbattersi in titoli sconosciuti quanto accattivanti, rinvigoriti dalla presenza di qualche attore di richiamo, ancorchè un po' in disarmo.
E' questo il caso di "Diamond Connection", curiosa ed insolita co-produzione italo-svizzera, in cui due illustri sconosciuti, tali Daniel Saunier e Nathalie Strappazzon (un nome una garanzia), hanno avuto la brillante idea di finanziare al nostro Sergio Bergonzelli uno sgangherato quanto allucinante copione avventuroso, da ambientarsi in parte a Ginevra e in parte in Turchia, terra quest'ultima già teatro di altri suoi "capolavori" come "La Mondana Nuda" e "Daniela Minislip".
Questa loro non fortunatissima e credo unica esperienza di produzione cinematografica ci narra di un incidente di volo in cui un aereo di provenienza kuwaitiana precipita nel Bosforo con un carico di diamanti. La ricerca dei preziosi scatenerà una sanguinosa guerra tra bande rivali senza esclusione di colpi; una formata da uomini senza scrupoli animati da sete di denaro e di potere, come recitano le frasi di sconcertante puerilità che precedono i titoli di testa, secondo un tipico stilema della cinematografia bergonzelliana, e l'altra da non meglio identificati patrioti (di quale Paese?) che si battono per un ideale (quale?) per liberarsi da un tiranno (chi?). Il film si conchiude con una spiazzante inversione di ruoli nel senso che coloro che sembravano i buoni sono in realtà i cattivi e coloro che apparivano come i "villains" (tra i quali troneggia il re incontrastato degli Z movies italiani e non solo Gordon Mitchell) sono in realtà gli improbabili patrioti.
Se addentrarsi ulteriormente in una trama tanto confusa quanto sconclusionata è impresa ardua, se non impossibile, parimenti arduo è scrivere una recensione su "Diamond Connection", in quanto non si sa davvero da che parte cominciare.
Il regista televisivo Corrado Colombo che ha avuto occasione di assistere il Bergonzelli nella sua ultima fatica "Malizia oggi" del 1990, ce lo descrive come un personaggio che si dava parecchie arie credendo di essere una sorta di Stanley Kubrick di casa nostra (vedasi l'extra "Nelle pieghe di Bergonzelli" nel dvd della Cecchi Gori Group "Nelle pieghe della carne").
Come il grande regista inglese, anche il Bergonzelli ha potuto infatti spaziare nei più svariati generi cinematografici imprimendo sempre in ogni film realizzato un suo personale e inconfondibile marchio di fabbrica.
Se i films di Kubrick si accomunano e si caratterizzano per un gusto quasi ossessivo per le inquadrature, studiate nei minimi dettagli, in cui attori ed oggetti si posizionano plasticamente in una simmetria dalla perfezione quasi divina, il tratto dominante delle pellicole del Bergonzelli si riconosce in un senso di squallore estetico di rara intensità, di "vorrei ma non posso", o meglio di "vorrei ma non sono in grado di fare".
Se con Stanley Kubrick ogni elemento filmico si fonde in un unico connubio atto a veicolare e ad esaltare ogni emozione dello spettatore, la goffaggine, la sciatteria e l'assoluta mancanza di professionalità, quali "topoi" ricorrenti nella cinematografia bergonzelliana, si fondono anch'essi in un "unicum" idoneo a suscitare, come non mai, noia, laddove si sarebbe voluto interessare o eccitare; irritazione, laddove si sarebbe voluto divertire; pena, laddove si sarebbe voluto far ridere o sorridere ma in compenso tanta crassa ilarità, laddove si sarebbe voluto spaventare o impressionare.
Non potendo dedicare un intero volume per enumerare tutte le incongruenze ed i momenti di comicità involontaria presenti nel film, ci limiteremo ad enuclearne alcuni tra i più eclatanti ed indimenticabili.
Dato che il buongiorno si vede dal mattino, si inizia con il penoso modellino utilizzato per simulare l'incidente aereo, mutuato dal precedente bergonzelliano "Cristiana Monaca Indemoniata" datato 1972. Proseguendo nella visione ci deliziamo con una delirante rissa in discoteca accelerata alla maniera delle comiche di Ridolini con tanto di scopate in testa per i malcapitati; che dire poi: dell'inseguimento in auto con errori marchiani di montaggio (curato dallo stesso regista) in cui una delle due vetture si schianta, si ribalta ed in un momento immediatamente successivo riprende la corsa; dell'"esperto" di diamanti che si porta dietro l'inutile fidanzata (saranno uccisi tutti e due. Che peccato!), per dar vita a siparietti ora sentimentali, ora pseudo-brillanti, ora drammatici da far cadere le braccia; del recupero dei diamanti nel relitto aereo precipitato in mare nascosti nel doppio fondo di una valigia (valli a trovare!!); ciononostante uno dei nostri eroi emerge dopo pochi attimi dall'acqua presentandosi con un cofanetto tipo "Barbie Sposa", pieno di cocci di bottiglia "multicolor" (ma i diamanti non dovrebbero essere trasparenti??) recuperati da chissà quale discarica; dell'uomo bendato che scopre la faccia sfigurata dal truccatore con un po' di creme solari e maionese (un truccabimbi alla festa di compleanno di un seienne avrebbe fatto di meglio); del commissario (interpretato da William Berger) che invita a lasciar perdere l'indagine sui diamanti perchè ormai sono lontani e non interessano più a nessuno (eh???!!); della falsa dottoressa, ma che in realtà si rivelerà essere una rivoluzionaria, (interpretata da Barbara Bouchet), che declama frasi di agghiacciante banalità della serie "La libertà è un bene irrinunciabile!" (grazie Sergio! Meno male che ci sei tu a ricordarcelo!); di uno dei nostri protagonisti, che, trainato in aria da un elicottero, si mette a sparare all'impazzata agitandosi e scalciando nel vuoto come un asino in preda al delirio; del movimento rivoluzionario tutto da ridere.
Se gente come William Berger e Gordon Mitchell era pronta per la pagnotta a recitare anche l'elenco del telefono, il motivo per il quale Barbara Bouchet sia stata coinvolta in un simile pastrocchio davvero ci sfugge; d'accordo che la sua bellezza non è mai andata di pari passo con la bravura, ma resta pur sempre un'attrice che ha avuto modo di frequentare il "gotha" del cinema di genere italiano con qualche non insignificante puntata nel cinema d'autore (memorabili restano le sue nudità in "Per le antiche scale" di Mauro Bolognini (1975)). A fatica infatti riesce a dissimulare disagio e sbigottimento davanti ad una trama di raro delirio e ad un cast tra i più improbabili e improponibili che mente cinematografica ricordi.
In definitiva un film assolutamente da non perdere a patto che lo si voglia guardare con gli occhi del trashofilo più accanito. Se si vuol seguire questo consiglio ci sarà veramente da sbellicarsi dalle risate!

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