crimini e misfatti regia di Woody Allen USA 1989
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crimini e misfatti (1989)

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locandina del film CRIMINI E MISFATTI

Titolo Originale: CRIMES AND MISDEMEANORS

RegiaWoody Allen

InterpretiWoody Allen, Alan Alda, Mia Farrow, Martin Landau, Claire Bloom, Anjelica Huston, Sam Waterston, Stephanie Roth, Nora Ephron

Durata: h 1.47
NazionalitàUSA 1989
Generecommedia
Al cinema nell'Agosto 1989

•  Altri film di Woody Allen

Trama del film Crimini e misfatti

Uno stimato oculista newyorchese, Judah Rosenthal, ha un problema: la sua amante, Dolores, un'attraente hostess, pretende che egli sveli alla moglie Miriam la relazione che ha con lei. Judah non sa decidersi e si consulta con il rabbino Ben, un suo paziente gravemente malato, che gli consiglia di confessare tutto.

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Voto Visitatori:   8,39 / 10 (93 voti)8,39Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
Migliore sceneggiatura straniera
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO:
Migliore sceneggiatura straniera
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Voti e commenti su Crimini e misfatti, 93 opinioni inserite

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Filman  @  05/05/2022 10:37:53
   8½ / 10
Struggente da una parte e malefico dall'altra, CRIMES AND MISDEMEANORS si divide per raccontare due distinti tormenti amorosi, con l'unico difetto che nessuno dei due raggiunge un apice nel suo campo specifico: da una parte un noir classico negli schemi del suo genere e dall'altra parte un ideale canovaccio di Woody Allen. L'unico punto di contatto è la tensione che le due vicende creano in contemporanea, perché in verità non si toccano mai, assecondando con toni diversi un esperimento che non ha esattamente un senso logico ma che racconta due generi diversi con la stessa spinta e la stessa forza.

Signor Wolf  @  06/03/2022 17:14:34
   8 / 10
Un film estremamente crudo e disturbante, specie per un pubblico americano di 40 anni fa, così dicotomico e moralista.

Il solito gioco di Allen sui contrasti è le contraddizioni qui assume una tonalità parecchio tetra, ma bisogna dargli atto: assolutamente realistica.

SteSkywalker  @  17/04/2020 00:04:45
   8½ / 10
Forse un pò lento, non regala colpi di scena, ma non è questo lo scopo ultimo del film che è una riflessione potente sul male, la morale umana e sulla vita in generale.
A margine, ci sono alcune delle migliori battute della filmografia di Allen
Finale toccante

Romi  @  13/06/2018 10:31:02
   10 / 10
Per me e' il migliore di Woody Allen. Certo viene fuori tutto il suo pessimismo sulla vita, nichilismo direi. Ma la parte finale riserva qualche sorpresa, uno spiraglio di speranza, la felicita' umana sembra impossibile, ma nei confronti di un universo "indifferente" noi troviamo il senso della vita e della gioia nelle cose semplici a dispetto delle nostre scelte non sempre giuste, ma spesso sbagliate.

kafka62  @  09/05/2018 15:38:32
   9 / 10
Schopenhauer sosteneva che la storia dell'umanità è una identica melodia suonata infinite volte. In altre parole, anche se l'uomo è stolidamente convinto di essere al centro dell'universo e che tutto quanto gli accade – gioie e tribolazioni – porta il segno dell'eccezionalità e dell'unicità, in realtà la vita va avanti secondo una logica indifferenziata e immutabile. Giunto all'apice della sua maturità artistica, Woody Allen ha definitivamente fatto sua questa consapevolezza e realizzato con "Crimini e misfatti" un'opera in cui l'illimitato pessimismo che la pervade deriva non tanto dalla tragicità degli avvenimenti narrati quanto dalla constatazione che all'uomo contemporaneo è stato definitivamente sottratto il diritto alla tragedia, non già quindi dalla infausta sorte di Cliff Stern, l'ennesimo schlemiel della sua lunga carriera di cineasta, bensì dalla coscienza che l'infelicità dell'individuo è perfettamente compatibile con la logica naturale delle cose, anzi è la logica stessa delle cose. Tutto questo è espresso con la glaciale ed impassibile obiettività di un entomologo, incrinata di quando in quando solo dallo sbigottimento di chi si ritrova per la prima volta di fronte alla nichilistica rivelazione che, per citare Jung, "non ci sono più dèi a cui si possa ricorrere per invocare aiuto… La nostra vita presente è dominata dalla dea Ragione, che costruisce la nostra maggiore e più tragica illusione". La latitanza di Dio da una parte ed il ridimensionamento del ruolo del destino dall'altra hanno inevitabilmente provocato il crollo degli abituali punti di riferimento, dalla fede religiosa al materialismo storico, lasciando l'uomo completamente in balia di se stesso e delle sue domande senza risposta. Mi torna in mente a questo proposito l'amaro sfogo di Pecorin nel lermontoviano "Un eroe del nostro tempo": "Quale forza di volontà ha infuso negli antichi la certezza che tutto il cielo con i suoi infiniti abitanti li guardasse con un interesse costante se pur muto? Noi, invece, loro miseri posteri, pellegrini sulla terra senza convinzioni e senza fierezza, senza speranza e senza paure, all'infuori di quell'istintiva angoscia che stringe il cuore al pensiero della fine inevitabile, noi non siamo più inclini ai grandi sacrifici né per il bene del genere umano né per la nostra personale felicità, giacché siamo certi che essa è impossibile; e passiamo con indifferenza da un dubbio a un dubbio, come i nostri antenati passavano da un'illusione a un'illusione, e non abbiamo, come essi avevano, né speranze né quel vago benché sincero piacere che l'animo incontra in ogni lotta con l'uomo o col destino".
"Crimini e misfatti" è, come si può intuire da questi pochi accenni, un film imbevuto di filosofia (vi si possono trovar tracce anche del Kierkegaard di "Timore e tremore" o del Kafka de "Il messaggio dell'imperatore", del Pascal della famosa "scommessa" o di Dostojevskij); anzi è esso stesso, prima di ogni altra cosa, un comte philosophique. L'ebraismo mai rimosso del regista viene fatto passare al vaglio di una coscienza che non avevamo mai visto così cinica e pessimistica, tanto da configurare una sorta di disperata saggezza "in negativo" acquisita con le disillusioni degli anni. Così uno dei principi cardine della religione ebraica ("Gli occhi di Dio vedono tutto -–ripete più volte il padre di Judah nei ricordi del figlio -. Non c'è assolutamente nulla che sfugge alla sua vista. Egli vede il virtuoso e vede il malvagio, e il virtuoso sarà ricompensato ma il malvagio sarà punito") verrà clamorosamente e ironicamente smentito nel corso del film. Non solo, ma questa frase è anche la premessa morale da cui Allen parte per operare un suo radicale, sistematico e baffardo rovesciamento in una verità di segno diametralmente opposto.
La vicenda del film è emblematica. Da una parte c'è Judah Rosenthal, ricco e stimato oculista, il quale non solo risolve con le spicce il suo scabroso problema facendo uccidere dal fratello la scomoda e nevrotica amante che lo tormenta, ma addirittura, superati i comprensibili sensi di colpa iniziali, ritorna indisturbato all'irreprensibile e serena vita borghese di prima; dall'altra parte c'è invece Cliff Stern, regista televisivo impegnato ma perennemente senza lavoro, uomo morale fino al midollo (molto simile in questo a un altro personaggio alleniano di qualche anno prima, Danny Rose), il quale, a forza di rifiutare qualsiasi compromesso con la propria coscienza (dalla sottomissione alle becere leggi dello show business all'egoistica leggerezza nei rapporti umani, impersonate ambedue dal cognato Lester), va incontro al più completo fallimento esistenziale. Le due storie procedono parallelamente, come due episodi distinti ed autosufficienti (l'unico tenue elemento che le collega è il fatto che Ben, cognato di Cliff, è anche paziente di Judah), ma risulta chiaro che l'una serve a rafforzare e giustificare l'altra, e viceversa. Allontanandosi dai modelli strutturali delle opere precedenti (cioè tanto dai film imperniati quasi esclusivamente su uno o due personaggi – "Io e Annie", "Zelig", "Un'altra donna", per fare solo alcuni esempi – quanto dalle pellicole corali e "polifoniche" – "Una commedia sexy", "Hannah e le sue sorelle", "Radio days"), Allen converte in una tipologia narrativa estremamente originale ed elaborata l'aspirazione a superare una volta per tutte i limiti di un racconto che, se circoscritto alla sola storia di Judah, ben difficilmente sarebbe potuto andare al di là dell'apologo o, peggio, dell'aneddoto. Per riuscire ad elaborare in modo più sistematico il proprio discorso, il regista sceglie perciò, molto opportunamente, di creare una storia (quella di Cliff), per molti versi complementare, sia nelle tematiche che nei toni, assegnando al montaggio contrappuntistico (basti pensare al ruolo di ironica interpunzione rivestito dai trailers dei vecchi film in bianco e nero) il compito di allacciare nessi, parallelismi e corrispondenze reciproche.
Intorno a Judah e a Cliff si muovono tanti personaggi. Alcuni di esse, a conferma del fatto che "Crimini e misfatti" è un film a tesi, persino didascalico (nell'accezione migliore del termine, naturalmente), sono figure fortemente simboliche, come il rabbino Ben (la cui progressiva cecità ribalta l'affermazione già citata che "gli occhi di Dio vedono tutto") o come il professor Levy (il quale, al di là di una possibile identificazione con Primo Levi, anch'egli morto suicida dopo essere sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti, è l'impietosa ammissione che, per quanto ci si voglia convincere – ed esprimere questa convinzione in una teoria filosofica – che la vita è meravigliosa, l'universo resta freddo, ostile, o al più indifferente). Gli altri personaggi secondari, come Halley, Lester o Jack, sono soprattutto funzionali alla messa a fuoco, come in un dramma shakespeariano o in un romanzo dostojevskijano, delle problematiche etiche dei due protagonisti. Anche se bisogna riconoscere all'Allen sceneggiatore il grande merito di aver conferito loro una profondità psicologica inusitata (persino quando la loro presenza nel film si limita a un paio di scene al massimo), e quindi una incontestabile autosufficienza narrativa, tali personaggi rappresentano nel disegno globale dell'opera altrettante ipostatizzazioni di un concetto astratto: vale a dire, che la virtù, l'onestà e la fede nei propri ideali sono destinate ineluttabilmente a soccombere alla cinica brutalità delle leggi della vita.
Con una fiducia candida e direi quasi adolescenziale, il professor Levy si è costruito un sistema filosofico su misura per lanciare all'umanità un ottimistico appello alla vita. Ma, come dice Lester (non senza qualche ragione) alla sorella, "la vita è un'altra cosa". E difatti, di fronte agli insostenibili conflitti interiori causati dalle disarmonie del mondo, gli spiriti come il professor Levy non riescono a sopravvivere. "Non potrei più vivere se non credessi con tutto il mio cuore in una struttura morale… in una sorta di ente supremo", confessa Ben a Judah. Il suicidio di Levy rappresenta appunto la logica, coerente e direi quasi inevitabile conseguenza di questo ragionamento, nel momento in cui viene definitivamente meno la fede in una regola etica certa e indubitabile che governa l'universo e le azioni degli uomini. I valori trionfanti nel mondo non sono perciò quelli di Cliff, di Ben o di Levy, ma al contrario quelli incarnati da Lester: il successo, il denaro, il sesso; e le doti per accaparrarli non sono né l'intelligenza, né la sensibilità, né la rettitudine morale, bensì una istintiva, egoistica e animalesca vitalità che traduce nell'apparente liberismo dei rapporti sociali nientemeno che la legge della giungla.
All'inizio del film, Judah, sdegnato di fronte alle criminali proposte del fratello, esclama: "Dico, qui si parla di un essere umano! Lei non è un insetto, non la schiacci e amen!"; ma poi, quando giunge il momento della verità, accondiscende senza esitazioni ad eliminare Dolores, rendendosi perfino conto che, tutto sommato, la cosa è meno mostruosa di quello che poteva sembrare a prima vista. Lo stesso Lester, nonostante che nel montaggio "blobbato" del film di Cliff venga accostato irriverentemente a Mussolini prima e a un asino poi, non è un mostro di scelleratezza, ma un essere umano che ha compreso appieno le crude e prosaiche leggi della realtà, adeguandovisi con cinico opportunismo. La scelta di Halley di diventare la fidanzata di Lester anziché di Cliff, pur crudele e dolorosa, non può sorprendere più di tanto, anzi appare, alla luce di quel che si è detto, tanto ineluttabile quanto la legge matematica per cui la somma dei quadrati dei cateti è uguale al quadrato dell'ipotenusa. E questo atteggiamento amorale nei confronti di principi e valori è confermato anche da tutta una serie di notazioni marginali, come quell'invitata al party che cerca di convincere la sorella di Cliff sulla appetibilità di un possibile pretendente ("E' in prigione, è vero, ma niente di terribile. Vendeva informazioni in Borsa. Ha fatto una fortuna! Verrà fuori presto").
La conclusione cui Allen sembra pervenire è che è il mondo ad essere sbagliato, non gli uomini che vi vivono. Judah non è una persona malvagia, ma uccide per salvaguardare la sua vita familiare, e quasi quasi siamo con lui anziché con l'isterica e possessiva Dolores. La genialità del regista consiste nell'aver sospeso il proprio giudizio morale e creato personaggi che, pur essendo figure eminentemente simboliche, non rappresentano dei casi-limite, anzi tutti vi si possono riconoscere senza fatica. Ma non è tutto: Allen non esita infatti ad affrontare di petto, brutalmente, lo scabroso problema del Male, quel Male che Judah, prima di compierlo, si immagina così insopportabile. Il delitto avviene fuori campo, e, come tutto ciò che i nostri occhi non vedono, ci sembra distante e quasi irreale. Ma Allen non ama le scorciatoie e le semplificazioni, e, per sgombrare il campo da ogni possibile equivoco, fa compiere al suo protagonista un'azione perfettamente inutile dal punto di vista narrativo: egli fa andare Judah (e, insieme a lui, noi spettatori) nientemeno che sul luogo del misfatto. Di fronte allo spettacolo di Dolores che giace per terra, inanimata e spenta, Judah è colpito non dall'enormità, dalla gravità di quanto è accaduto, ma solo dal Vuoto, dal Nulla che trapela da quel corpo esanime. Egli cioè percepisce – e in questo consiste la grande intuizione alleniana – da una parte l'assurdità, la gratuità, peggio la normalità del male, dall'altra la mancanza di una qualsivoglia struttura trascendente (religiosa o semplicemente etica) che giustifichi ontologicamente l'importanza assoluta e irrinunciabile della vita umana. "Che orrore, non c'è nulla se non c'è Dio", sosteneva François Mauriac, e, quasi a suggellare questa nichilistica epifania del Nulla, al dostojevskijano Ivan viene fatto dire ne "I fratelli Karamazov" che senza Dio "tutto è permesso". Una volta accettato come presupposto che Dio non c'è (che non esista o invece non intervenga nelle cose terrene è un altro discorso, come vedremo più avanti), anche Allen non può fare a meno di convenire con il grande scrittore russo e giungere alla sconvolgente conclusione che in queste condizioni uccidere un essere umano può apparire poco più importante che schiacciare un insetto.
Woody Allen si porta appresso tutti i retaggi della cultura ebraica in cui è cresciuto. In primo luogo, il concetto di Dio: così come è compendiato dalle parole del professor Levy ("A dispetto dei millenni di sforzi, noi ebrei non siamo riusciti a creare l'immagine di un Dio che fosse veramente mite ed amoroso, questo ha trasceso la nostra capacità d'immaginazione"), tale concetto è quello di un Dio severo ed implacabile, incomprensibile e a tratti ingiusto (capace perfino di chiedere ad Abramo il sacrificio del figlio Isacco al solo scopo di mettere alla prova la sua fede). Quella ebraica non è quindi una fede gioiosa, spontanea, e tantomeno si culla nella gratificante attesa di una vita ultraterrena. In essa è invece centrale il ruolo della colpa. "La colpa – scriveva Kafka ne "La colonia penale" – è sempre fuori discussione", e opere come "La condanna", "Il processo" e la stessa "America" possono essere lette come metaforiche oggettivazioni di un gigantesco, divorante senso di colpa. Molto kafkianamente, Danny Rose ribadiva a sua volta che "il rimorso è importante, è tutto il senso di colpa, altrimenti l'uomo potrebbe fare cose tremende". Il senso di colpa è perciò l'unico meccanismo inibitore extra-sociale (che non sia quindi la paura meramente indotta di infrangere una norma di legge e di incorrere nella relativa punizione) in grado di impedire all'uomo di comportarsi immoralmente. Ma in "Crimini e misfatti", come si è detto, Dio non c'è più: egli forse non è morto, ma – analogamente a colui che nel film è il suo rappresentante in terra, ossia Ben – è un testimone impassibile e impotente delle tragedie dell'umanità, un malinconico deus otiosus, un semplice orpello buono solo per i presepi e le sacre funzioni. E se Dio è assente, ne consegue, logicamente e ineluttabilmente, che l'uomo, lasciato in balia di se stesso e della propria balbettante coscienza, non è più in grado di adottare a fondamento della propria esistenza una condotta improntata ai valori spirituali e trascendenti di una volta.
L'altro polo morale, questa volta laico, di "Crimini e misfatti", è Cliff, il quale, in mancanza di Dio, decide di eleggere la responsabilità individuale a principio di vita. L'uomo insomma sarebbe pienamente responsabile delle sue azioni e delle sue scelte, e, ergendosi a Dio di se stesso, ad artefice del proprio destino, verrebbe contemporaneamente ad assumere proporzioni tragiche. Ma, come abbiamo visto all'inizio di questo saggio, egli non è adeguato alle dimensioni della tragedia, ed il suo atteggiamento, lungi dall'essere tragico, finisce per diventare semplicemente patetico. Affermare come fa lo zio Sol (in quella vera e propria citazione bergmaniana che è la riunione familiare rievocata da Judah) che "da ciò che è originato da una azione malvagia sboccerà un fiore immondo" è talmente ingenuo da apparire quasi anacronistico di fronte agli impietosi esempi offerti dalla storia. E' invece la posizione, cinica e amorale, di zia Mel (per cui "se uno commette un crimine, e la fa franca, e se decide di non farsi affliggere dalla morale, è in un ventre di vacca") ad avere facilmente la meglio, e lo stesso Allen è costretto suo malgrado a darle ragione.
L'esistenza di una "struttura morale", di un "ente supremo" in cui credere (per riprendere ancora una volta le parole di Ben), si rivela quindi una invenzione tutta umana, grazie alla quale l'uomo riesce a darsi "le basi per sapere come vivere". Ma egli ha ormai sostituito a questi valori assoluti altri valori di gran lunga più prosaici: il sesso, la fama e il benessere materiale. E per questi valori Dio – per dirla con Judah – diventa un lusso che non ci si può più permettere, ed il senso di colpa perde la sua funzione originaria, anzi risulta francamente d'impaccio per continuare a vivere. L'uomo torna quindi ad essere homo homini lupus e, con questi presupposti, come kieslowskianamente ammette Levy, vero portavoce di Allen, "l'universo è un luogo assolutamente freddo. Noi investiamo in esso i nostri sentimenti, e in determinate condizioni sentiamo che il gioco non vale la candela". Il mondo, crudelmente ma imperturbabilmente, va avanti per la sua strada, fagocitando coloro che, come Levy, Cliff e Ben, sono incapaci di adeguarsi ad esso, e lasciando lungo la strada i pietosi resti dei loro fallimenti esistenziali.
Rifiutata una concezione religiosa o etica della vita, non c'è più nulla che venga in soccorso. L'amore, che in altre occasioni salvava i personaggi alleniani (basti pensare al Mickey di "Hannah e le sue sorelle" o allo stesso Danny Rose), in "Crimini e misfatti" è sopraffatto dalla soverchieria, dalla meschinità morale e dall'opportunismo. Le parole di Levy poste al termine del film e pronunciate fuori campo mentre assistiamo al ballo di Ben con la figlia ("Gli avvenimenti si snodano così imprevedibilmente, così ingiustamente, che la felicità umana non sembra fosse inclusa nel disegno della Creazione. Siamo solo noi, con la nostra capacità di amare, che diamo significato all'universo indifferente. Eppure la maggior parte degli esseri umani sembrano avere la forza di insistere, e persino di trovare gioia nelle cose semplici, nel loro lavoro, nelle loro famiglie, e nella speranza che le generazioni future possano capire di più"), sembrerebbero invero aprire uno spiraglio alla speranza. Ma, a parte l'impressione che questa altro non sia che l'ennesima, caustica beffa del regista (se si esamina attentamente la sequenza si comprende infatti come ciò che Allen fa dire al filosofo viene ironicamente contraddetto, parola per parola, dalle immagini che simultaneamente scorrono sullo schermo e che sintetizzano la vicenda in un incongruo e straniante montaggio parallelo immagine-sonoro), e anche volendo ammettere l'esistenza di questa speranza, non si può nascondere che essa assomiglia moltissimo a ciò di cui parlava Franz Kafka quando, rispondendo alla domanda di Gustav Janouch se al di fuori di questo mondo che conosciamo c'è ancora speranza, affermava: "Oh certo, molta speranza, infinita speranza, ma non per noi".
Perfino l'arte, che costituirà l'approdo positivo di più di un film del regista (da "Alice" a "Ombre e nebbia"), non fa qui che confermare in negativo la vita. Le immagini di Judah e Dolores che litigano, rinfacciandosi il passato, sono contrappuntate da un eloquente spezzone de "Il signore e la signora Smith" che sembra ripetere in fotocopia la scena precedente; e quando Jack propone a Judah di eliminare la donna, Allen fa ironicamente seguire un analogo trailer (tratto da "Il fuorilegge" di Tuttle), con in più l'ignaro commento di Cliff: "Per fortuna questo succede soltanto nei film". Siamo qui, come spesso avviene nelle opere di Allen, in una dimensione prettamente metacinematografica. Arte e vita si intrecciano e, contro ogni aspettativa, è la vita a copiare l'arte, e non viceversa. Da "Provaci ancora, Sam" (dove Allan Felix trova il modo di essere se stesso ripercorrendo le orme di Bogart) fino a "Misterioso omicidio a Manhattan" (in cui il protagonista, dopo aver vissuto una esperienza identica a quella de "La signora di Shanghai", esclama: "Non dirò più che la vita non imita l'arte!"), nella filmografia di Woody Allen è tutto un susseguirsi di originali commistioni tra cinema ed esistenza reale, le quali vanno al di là della semplice cinefilia (basta ricordare la pirandelliana irruzione nella realtà dei personaggi de "La rosa purpurea del Cairo").
In "Crimini e misfatti" Woody Allen non si lascia sfuggire l'occasione di prendere sarcasticamente le distanze del cinema hollywoodiano. Lo spunto narrativo dal quale il film prende le mosse non si può – è vero – definire una novità, essendo stato sfruttato centinaia di volte da Hollywood, ma mentre Hollywood non ha mai rinunciato all'usuale parabola drammaturgica delitto -> senso di colpa -> pentimento -> espiazione -> redenzione, Allen sorprende tutti, rinunciando al lieto fine consolatorio e moraleggiante. E a Cliff che cerca di dimostrare a Judah perché l'assassino avrebbe convenienza a costituirsi, "perché così la sua storia avrebbe proporzioni tragiche", Judah risponde: "Ma questa è fiction, questo è cinema. Lei vede troppi film, e io sto parlando della realtà. Voglio dire, se vuole un lieto fine vada a vedere un film di Hollywood".
"Crimini e misfatti" si stacca dal classico film hollywoodiano (ma anche dal solito film alleniano) per l'ulteriore motivo che in esso l'elemento comico convive con pari dignità con quello drammatico, e nessuno dei due prevale sull'altro. Certo, non mancano le battute folgoranti che sembrano riesumare lo stand up comedian degli esordi. Eccone un piccolo campionario. Halley (riferendosi a Lester): "Dopotutto è un fenomeno americano"; Cliff (caustico): "Anche le piogge acide lo sono". Oppure: "Il mondo dello spettacolo è peggio di lupo mangia lupo, è lupo che non risponde alle telefonate di altro lupo". O ancora: "L'ultima donna in cui sono stato dentro era la Statua della Libertà". La comicità non ha però in "Crimini e misfatti" una funzione puramente esteriore (tesa esclusivamente a suscitare la risata), ma al contrario riveste un ruolo che potrei definire contrappuntistico. Siccome il film è costruito come un teorema, del teorema Allen si impegna a conservare la freddezza e la rigorosità, preservandolo dallo scottante realismo delle situazioni. Per evitare che il pubblico partecipi in maniera eccessivamente sentimentale alle sorti dei personaggi, Allen utilizza la comicità in funzione straniante, come elemento di distanziazione e di decantazione emotiva. Così una scena "forte" viene sovente ridimensionata da una battuta buffa, in modo che alla fine di essa emergano le implicazioni morali piuttosto che i cascami sentimentalistici e melodrammatici (è un po' il procedimento che utilizza anche Cechov nelle sue commedie). Così facendo Allen realizza un mix di climi narrativi, affrancandosi per la prima volta in maniera totale tanto dalla vecchia e ingombrante comicità del passato quanto dal fantasma di Bergman che i critici più premurosi si affrettavano ogni volta a riesumare per stroncare i tentativi "seri" del regista. I risultati sono eccellenti, al punto che anche l'interpretazione degli attori (Alda e Landau su tutti) ne esce valorizzata. Mi sembra ad esempio che mai come in questo film Allen abbia dimostrato, senza bisogno di ripetere il cliché dello shlemiel sfigato, di essere anche un grande attore. Nella scena della telefonata ad Halley, per esempio, il viso di Cliff passa attraverso una straordinaria gamma di espressioni (dalla fastidiosa inquietudine di non trovare la donna in casa, al sollievo di sentirla rispondere, al doloroso sgomento di scoprire che con lei c'è Lester), mentre in quella in cui egli viene informato, sempre telefonicamente, della morte di Levy, il frivolo cicaleccio con la nipote si spegne in una indimenticabile smorfia di delusione.
La vis comica che trapela, sia pure in forma amarognola, da "Crimini e misfatti" serve anche a rendere il film meno saggistico e dottrinale, anche se, obiettivamente, la parte filosofica appare preponderante rispetto a quella propriamente cinematografica. Non sono però d'accordo con Franco La Polla quando afferma che "Allen si sta allontanando sempre più dal cinema" e che "Crimini e misfatti" "pare quasi una rinuncia alla forma… in favore di un problema etico appassionante e fondamentale, al prezzo di concepire il film come un pulitissimo, addirittura accuratissimo, esercizio di noncuranza". La Polla riconosce – è vero – all'ultimo Allen l'affinamento delle capacità tecniche e l'eleganza della confezione, ma il problema è un altro. "Crimini e misfatti" a mio avviso non sarebbe quello che è, cioè non imporrebbe le sue problematiche con tale intensità e non avrebbe quell'impatto contenutistico che lo rende memorabile, se non fosse girato con quel preciso (e intendo dire precisamente quello, e nessun altro) stile cinematografico.
In primo luogo bisogna rilevare l'assoluta prevalenza dei piani sequenza. La macchina da presa infatti non è quasi mai ferma, ma segue instancabilmente i personaggi in lunghi ed elaborati movimenti privi di stacchi, i quali hanno, secondo il mio parere, come principale effetto quello di radicare maggiormente i personaggi nel loro ambiente. In assenza dei classici campi-controcampi, con lo sfondo spesso indistinto e innecessario che funge quasi da quinta teatrale, i personaggi di "Crimini e misfatti" interagiscono con oggetti, persone, spazi che li circondano, anche a costo di sacrificare le proporzioni e la simmetria dell'inquadratura (come nella scena in cui il viso di Dolores, durante il dialogo con Judah, viene coperto da un armadietto, oppure in quelle inquadrature con più persone in cui alcuni personaggi vengono tagliati o ripresi di spalle). Questi movimenti di macchina contribuiscono anche, grazie alle maggiori informazioni realistiche messe a disposizione dello spettatore, a definire psicologicamente i personaggi senza che il regista sia per forza costretto ad assumere il loro particolare punto di vista. Combinando il massimo di obiettività psicologica con il minimo di compromissione emotiva, Allen realizza una performance tecnica di tutto rispetto, tanto più apprezzabile in quanto il virtuosismo è abilmente dissimulato dietro un approccio fintamente noncurante e dilettantesco (ma a volte la sapienza registica emerge ugualmente, come nella sequenza in cui la camera scivola lentamente dal volto di Judah fino a quello di Dolores morta, accomunando entrambi in un'unica espressione di muto sgomento). Questa tendenza nell'uso della macchina da presa subirà nella filmografia di Allen un'ulteriore evoluzione (per certi versi peggiorativa, tranne che in "Mariti e mogli"), con film in cui un uso mosso e nervoso dell'obiettivo mira a dare l'impressione di una captazione della realtà non mediata da troppi studi a tavolino. Se negli interni la macchina riprende costantemente i personaggi da vicino (ma non in maniera pedissequa, giacché non è neppure il caso che un personaggio entri ed esca più volte dall'inquadratura), negli esterni Allen attribuisce come di consueto un'importanza preponderante a paesaggi, scorci e vedute di New York, attraverso l'uso privilegiato di campi lunghi (con i personaggi che spesso entrano in campo a sequenza iniziata) che valorizzano la fotogenicità (e la lontananza dai cliché abituali) dell'amata metropoli.
Anche la fotografia di Sven Nykvyst gioca un ruolo fondamentale nell'economia stilistica del film, in quanto la raffinatezza dei colori (tendenti, nell'episodio di Judah, al giallo e al seppia) e delle luci è funzionale a descrivere tanto il dècor di personaggi appartenenti alla medio-alta borghesia quanto il clima di corruzione e di disfacimento morale che aleggia intorno a loro. In certi casi, gli effetti visivi sono particolarmente efficaci, come nella onirica scena ambientata di notte nella casa di Judah, con il temporale che imperversa all'esterno e le luci dei lampi che illuminano a giorno le stanze, rivelando a un certo punto la presenza inaspettata di Ben. Il temporale, con la sua forte carica di violenza in atto, ricorre più volte nel film a contrappuntare la drammaticità delle situazioni. Allen non esita infatti a ricorrere a questi espedienti per accentuare la resa simbolica delle scene, attingendo, dove occorre, anche al profilmico. Intendo far riferimento soprattutto alla musica, il cui ruolo nel cinema alleniano è sempre stato molto importante, ma che in "Crimini e misfatti" raggiunge punte di intensità straordinaria con il primo movimento del Quartetto n° 15 op. 161 di Schubert, il quale contrassegna in maniera perfetta le scene drammatiche dell'omicidio dell'amante e del ritorno del protagonista nel medesimo luogo.
Alla complessità stilistico-formale del film si deve aggiungere la complessità dei piani temporali. Allen è spesso ricorso all'utilizzo dei flashback, ma in "Crimini e misfatti" sembra voler sfuggire alla automaticità del classico meccanismo insorgere del ricordo -> immagine del passato. Ad esempio, in una breve scena del primo tempo, vediamo dapprima Judah in automobile e successivamente le immagini del flashback relativo al primo incontro con la Dolores in aereo; sulla conversazione alquanto formale che inizia tra i due si innesta, sovrapponendosi ad essa, un ulteriore ricordo, quello del bacio in un corridoio d'albergo, il quale, collocandosi un po' più avanti nel tempo, opera una confusione temporale dialetticamente molto stimolante. Questa confusione diventa estrema laddove nella stessa scena vengono a coesistere passato e presente (è il caso della riunione della famiglia di Judah, che diventa il pretesto per discutere il problema morale di quest'ultimo) oppure realtà e sogno (come nella sequenza già descritta del temporale). La predilezione alleniana per l'ellissi è infine agevolata dall'alternanza tra la storia di Judah e quella di Cliff, la quale consente di realizzare, oltre a una grande varietà di modulazioni narrative, anche una velocità ed una agilità di racconto altrimenti impossibili. E' stata già riconosciuta l'importanza che in "Crimini e misfatti" ha la struttura narrativa del "doppio binario". La trovata migliore è però quella di far convergere le due storie nel finale, in quella lunga sequenza che, oltre a servire a tirare le somme e a ricavare la morale, è anche di una bellezza straziante. L'inquadratura che riprende Cliff e Judah seduti uno accanto all'altro, il primo ingobbito nel suo frac preso a nolo e con una espressione da cane bastonato, il secondo austeramente compreso nella sua inattaccabile posizione di uomo di successo, è un'immagine che stringe il cuore e che esprime, meglio di qualsiasi ulteriore considerazione astratta, il senso ultimo ed esaustivo di questo piccolo, splendido capolavoro.

pak7  @  09/06/2017 09:03:37
   7 / 10
Non credo sia il miglior Allen, anzi ne sono certo. Una sorta di commedia dalle tinte molto scure che probabilmente non riesce ad essere pienamente un dramma, o almeno si sforza, ma fa fatica.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR rain  @  26/04/2016 19:11:45
   7½ / 10
Nonostante la mancanza di comicità (se si toglie quel sottilissimo velo di ironia nera) c'è praticamente tutto Allen in questo dramma psicologico-esistenziale che dipinge una raffigurazione nichilista e deprimente della vita.
Ammetto che preferisco altro di Allen ma questo non si può certo definire un film minore nella sua filmografia.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  18/03/2015 21:44:37
   6 / 10
Credo il voto la dica tutta sulla mia allergia (che a volte scompare) per i tratti salienti del cinema di Allen, autore senza genio ma in fondo onesto.
Una insopportabile fustigazione borghese contro la borghesia, con battute geniali e una trama che si impantana in tiritere e psicodrammi verbosi.
Decisamente, considerato il miglior film di Allen da molti, gli ho preferito altro.

deliver  @  14/03/2015 14:23:45
   8½ / 10
Uno di quei film che appartiene al periodo d'oro del signor Allen che, ahime', ultimamente sforna solo ridicolaggini.
Crimini e Misfatti resta per me un vero capolavoro. Il regista newyorkese si interroga sulla fondatezza dell'istituire un ordine morale che regga e governi le azioni umane. Abituati come siamo, soprattutto dalle religioni, a credere che ogni gesto depravato ci condurrà a conseguenze spiacevoli e punitive, in questa pellicola, il nostro caro Woody ci pone una sfida: e se l'agire malvagio non venisse scoperto, se un crimine o più crimini non fossero puniti lasciando così i malfattori a piede libero, se nessuna giustizia risarcisse una vita che è stata rovinata o spezzata, come ci comporteremmo ? Avrebbe ancora senso orientare la nostra condotta etica al principio del bene e delle responsabilità ?
Una perla insuperata e provocatoria.
Woody tornerà sull'argomento a distanza di molti anni con Match Point (il suo ultimo grande film, che per me ha chiuso la sua ultraventennale e dignitosa carriera. )

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Ultima risposta 15/03/2015 12.40.23
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BlueBlaster  @  06/08/2014 00:23:41
   5 / 10
Film davvero noioso e retorico.
Praticamente le risate si contano sulle dita di una mano e sono pronunciate solo da Allen in un modo piuttosto scialbo.
E' un film triste, depressivo, filosofico...che racconta una storia stravista infarcendola riflessioni esistenziali che lo rendono pesante e pretenzioso.
Innegabile che sia un concentrato del cinema di Allen ma purtroppo lo è solo in riferimento alle tematiche ed al cinismo.
Voti stratosferici e premi da ogni dove...sinceramente preferisco di gran lunga il regista in opere più leggere ma pur sempre intelligenti.

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Ultima risposta 06/08/2014 00.25.26
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albyhfintegrale  @  01/05/2014 14:41:42
   4 / 10
L'ho trovato piuttosto inconcludente.
Lo segui e pensi che porti da qualche parte, invece arriva alla fine e ti fa dire: boh?!
A parte la maggior drammaticità rispetto ad altri film di Allen, l'ho trovato poco vispo anche nelle solite battute del regista.
Non bello

marcogiannelli  @  30/04/2014 09:41:47
   8 / 10
l'espressione di Allen, la sua storia che finisce nel peggior modo potesse prevedere, le sue battute (e non mi dite che questa è una commedia solo perchè c'è lui)...tutto in un fantastico cinema

7219415  @  27/10/2013 12:19:31
   6½ / 10
Non ho mai sopportato Allen...tuttavia questa commedia drammatica è "guardabile"

topsecret  @  20/10/2013 22:10:47
   6½ / 10
Un Allen meno brillante del solito, a mio parere, marcatamente più pessimista e autore di un'ironia latente, anche se graffiante in alcuni momenti.
Una tragicommedia priva di grande ritmo, forse volutamente lenta per descrivere al meglio le due storie parallele, intrise di rimorsi e rimpianti, che caratterizzano la pellicola.
Il cast è di grande affidamento, regalando una performance sentita e credibile, la regia di Woody sempre intelligente e senza sbavature, per un film che però non mi ha preso del tutto, ridimensionando di molto le mie aspettative.

metal_psyche  @  13/10/2013 12:36:55
   4 / 10
onestamente, non mi è piaciuto...
salvo solo qualche scena e qualche dialogo...ma, nel complesso, un po' noiosetto...
sarà che woody allen non è proprio il mio tipo...
mi piace moltissimo 'match point', ma questo film è un'altra cosa, sebbene lo ricordi in parte...

lukef  @  28/07/2013 14:51:11
   8 / 10
Ennesima commedia di Woody Allen con Mia Farrow; non mi ha entusiasmato come in altri suoi film, diciamo che non ci ho visto il genio, ma comunque molto bella.
Le tematiche sono sempre quelle, l'upper class newyorkese, la figura dell'intellettuale, le donne.. ecc.
Quindi consigliata anche perché interessante e ben diretta ma nulla di nuovo.

Goldust  @  16/07/2013 11:04:28
   8 / 10
Due storie di opposta natura, una tragica e una comica, corrono su binari paralleli per buona parte del film salvo poi fondersi nelle battute finali in un'amara meditazione su vita, amore, morte. I temi non sono banali, la riflessione che ne scaturisce è profonda e verrà ripresa dal regista in futuro con il ben più elegante Match Point. E se in Match Point era la musica classica la destinataria dell'atto d'amore alleniano, in Crimini e Misfatti questo onore spetta al Cinema, veicolo indispensabile per appianare dissidi ed avvicinare persone diverse.
E che non ci si dimentichi dello spiantato documentarista dilettante interpretato dallo stesso Allen, che dispensa esilaranti consigli alla nipote adorata e che ci regala come minimo una mezza dozzina di battute impareggiabilmente beffarde.

Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki  @  17/05/2013 16:54:56
   8 / 10
Ennesima riprova di quanta maestria è insita in Allen nel saper calibrare e coniugare ogni componente in un contesto nero, tra suspance e comicità, mix analogo ma sovraccarico di umorismo risulterà ne 'Misterioso Omicidio a Manhattan', sempre di matrice hitchcockiana.
Intellettuale al punto giusto, meditativo, asciutto, puntuale il riferimento alla letteratura storica, stavolta il tema sono le colpe impunite di dostoevskijana memoria, che riprenderà anche in futuro, quasi lo stesso canovaccio collimerà in 'Match Point'.Presente anche la dicotomia tra falsi intellettualoidi ipertrofici il Lester di Alan Alda e la filosofia più profonda di nicchia del professor Louis Levy, e di come la prima venga assurta a lezione di vita adattata a biopic e il 2° passi pressochè inosservato.

Invia una mail all'autore del commento AcidZack  @  07/02/2013 16:02:19
   8 / 10
"Un estraneo ha defecato su mia sorella" - Impagabile !

Invia una mail all'autore del commento nocturnokarma  @  25/01/2013 22:21:20
   8½ / 10
L'Allen più sociologo ed intellettuale. Una commistione di commedia e tragedia, meno vitale dei primi film, assai meno accomodante degli ultimi 10-15 anni.
Un noir esistenziale e trattenuto.

Un must nella sconfinata filmografia del grande newyorkese.

Trixter  @  30/04/2012 23:21:56
   7½ / 10
Commedia drammatica di Allen dal sapore newyorchese ma dall'ambientazione elegantemente britannica. Spicca una sceneggiatura eccellente, filosofica, disincantata, lievemente pessimista. Strepitosa l'interpretazione del superlativo Landau, convincente anche Alan Alda, sempre una garanzia. Per apprezzare al meglio la pellicola, a mio modo di vedere, è necessario guardarla almeno un paio di volte, tanto sono articolati e profondi certi dialoghi e sarcastici altri.
Davvero una piccola perla, Crimini e MIsfatti merita un voto alto, sicuramente tra le migliori opere di Woody. Antologica la battuta: "l'ultima donna dentro la quale sono entrato è la Statua della Libertà".

JOKER1926  @  16/03/2012 22:24:59
   6½ / 10
La produzione cinematografica di Woody Allen dà, a robuste gittate temporali, la sensazione di partecipare visivamente ad un film che parte da presupposti che alla fine della proiezione non saranno realizzati; insomma con Allen si vive più sul momento, il finale sembra essere buttato lì, come un vecchio utensile nel mercatino delle pulci; tocca poi allo spettatore perpetrare l'acquisto e dunque l' "accettazione" del piano di Allen che, per carità, è di classe e di animo.

Su questa logica è doveroso prendere in considerazione il film del 1989 "Crimini e misfatti" che, partendo da determinati punti, sarà il preludio al formidabile "Match Point. La regia di Altman, nel 1992, con "I protagonisti" cercherà, almeno ad ampio raggio, di congiungere nel suo apparato contenutistico quella commedia nera che si chiude in modo beffardo, lontano dagli standard e dalle consuetudini della serie de " il bene non vince sempre", tutto nel nome del lavoro del 1989.
"Crimini e misfatti" mostra una storia incrociata di più personaggi che vivono nell'alta borghesia. Qui abbiamo un manipolo di anime che vive in un circuito particolare fra delusioni e vari grigiori. Il "povero" Woody Allen interpreta un regista intelligente ma che, durante la sua vita, non è riuscito dopotutto a dare l'impronta definitiva.

Oltre alla prova interpretativa Allen alla camera offre una valente confezione tecnica, si passa dalla fotografia agli scenari. Buoni gli attori e specialmente le musiche che, in specifici momenti, sono l'arma in più giovando sensibilmente nell'egemonia cinematografia di "Crimini e misfatti".
Dall'analisi dunque emergono svariati pregi e rimane intatta e confermata la costante della regia, ovvero quella del voler filosofeggiare e "dialogare" sempre e comunque porta il film ad esser etichettato come pellicola "sofisticata", lavoro cinematografico che si addensa nel concetto di commedia/tragedia carpendo e facendo sue caratteristiche come l'inquietudine e la beffa.

franky83  @  21/10/2011 12:36:06
   7½ / 10
Buon film,ma non è il mio genere

PignaSystem  @  19/07/2011 12:03:18
   8½ / 10
Allen dolceamaro, essenzialmente drammatico, ma con ampi risvolti di commedia o addirittura comici (la scenetta a quattro al ristorante, ma anche la fulminante battuta "L'ultima donna in cui sono entrato è la statua della libertà"). Il discorso è di uno spessore filosofico e religioso ben superiore alla media dei prodotti alleniani visti finora, inevitabile il paragone con il 'silenzio di Dio' bergmaniano; il crimine rimane impunito, il patetico viene accettato come buon gusto, l'arroganza trionfa sul sentimento sincero: è un film a dir poco crudele dove tutto ciò che può andare a finire male, lo fa. Eppure il filo di speranza del finale è chiarissimo: gli uomini continuano ad affannarsi alla ricerca di una giustizia e di un equilibrio pur precario in virtù della possibilità di lasciare un mondo migliore alle generazioni future. Malinconico, esistenziale, cinico, ma soprattutto mai banale.

aiemmdv  @  01/05/2011 19:40:42
   8½ / 10
Allen espone la sua concezione Nichilistica e disincantata della vita con una leggerezza ed una semplicità spettacolare.

kako  @  30/04/2011 15:30:26
   9 / 10
profondissima opera sul senso della vita, sulla solitudine, sull'esistenza o meno di un'entità ultraterrena.. il monologo finale con la sua carica di speranza (inaspettata) ma anche di realismo aggiunge mezzo voto al film. Penso che molti possano riconoscersi nel pessimismo e nella frustrazione di questo eccezionale prodotto

Invia una mail all'autore del commento Andre82  @  17/03/2011 13:18:38
   6 / 10
Nonostante mi piacciano la maggior parte dei film di Woody Allen, non mi ha entusiasmato questo "Crimini e misfatti", da lì il 6.

Oskarsson88  @  20/02/2011 22:22:57
   7½ / 10
non è proprio una commedia, ma direi più un drammatico soft con tanto di humor sottile e filosofia di vita e relazioni. Parte un po' a stento ma in seguito coinvolge nel suo intreccio di personaggi e situazioni. Un film sicuramente più maturo rispetto ai primi tempi di Allen, che fa meno ridere ma comunica sicuramente qualcosa in più. Lievemente pessimistico...

Invia una mail all'autore del commento Jason XI  @  18/02/2011 00:07:14
   10 / 10
L'apice assoluto del cinema di Woody dove convergono praticamente tutte le tematiche care al regista......
Immenso il cast, tra cui spicca un commovente Martin Landau......
film da vedere almeno una volta all'anno per riscoprire cosa vuol dire fare del cinema con intelligenza, amore e genialità.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR jem.  @  16/01/2011 21:21:26
   10 / 10
cris_k  @  15/01/2011 12:41:32
   10 / 10
C'è tutto Allen in questo film, nella sua versione più amara.
La sua visione della vita: l'impossibilità di avere fede religiosa con lo strenuo desiderio di credere in qualcosa; la superficialità del vivere come chiave del benessere e del successo (grandissimo Alan Alda, nella parte di un produttore totalmente votato al mercato ed al successo); la totale arbitrarietà dei sistemi etici, che ognuno si sceglie e che non prevedono incentivi o punizioni, allora perchè essere morali?; la mancanza di un sistema filosofico completo e coerente.
Insomma, un grande film, una grande riflessione, inserita in una narrazione in cui le battute sono in perfetto stile Allen ma non sono state inserite per indurre facili risate:

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER
E soprattutto, un film ben fatto, ben recitato, grande Martin Landau.
Da vedere e rivedere!

STEn  @  29/12/2010 21:00:11
   9 / 10
pressoché perfetto per i miei canoni. regia, trama, profondità dei temi trattati, recitazione

The BluBus  @  06/12/2010 01:08:39
   9 / 10
Woody ai massimi livelli, imperdibile.

Gruppo COLLABORATORI atticus  @  15/11/2010 00:02:54
   9½ / 10
Commedia e tragedia splendidamente fusi nel più puro stile Allen.
In "Crimini e misfatti" c'è tutto il suo cinema: l'ossessione per la cecità e l'amore per i classici, la crisi artistica ed esistenziale, New York e Mia Farrow, la passione fisica e il trasporto intellettuale, il rigore morale ebraico e il pressapochismo sociale contemporaneo, il caso e il destino segnato, il bene e il male.
Una rilettura dostoevskjiana di un delitto 'senza' castigo e una vertiginosa riflessione sulle scelte di vita.
Un film di una ricchezza sconfinata in cui, naturalmente, battute e interpretazioni magistrali si sprecano.
Memorabile e assolutamente imperdibile, la summa di tutto ciò che l'essere umano è secondo Woody Allen.

4 risposte al commento
Ultima risposta 18/07/2013 12.02.48
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Drugo.91  @  06/10/2010 19:26:20
   9 / 10
bellissimo, uno dei migliori Allen da me visionati finora
anche se devo dire che lui mi fa sempre una gran pena in queste parti
alcune battute sono straordinarie,
da vedere!

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  19/07/2010 23:02:27
   9 / 10
Il punto piu' alto della carriera di Allen secondo me...e non solo a quanto leggo!
Del resto ho sempre adorato questo genere di film che mischia commedia e dramma!
In effetti tutta la pellicola è intrisa di pessimismo e il finale non poteva essere piu' amaro ma tutto è condito sapientemente da una sceneggiatura splendida con battute entrate nella leggenda!
"L'ultima volta che sono entrato in una donna è quando ho visitato la statua della Liberta'"
Landau interpreta alla perfezione un personaggio quasi Hitchochiano alle prese con la sua coscenza che lotta contro la sua formazione religiosa!
Splendido

Tautotes  @  21/05/2010 17:47:25
   7½ / 10
Gran bel film, non certo un capolavoro, filosoficamente meno pregnante di altri, ma pur sempre fatto bene. "Dio è un lusso che non mi posso permettere".
Bravo Allen.

wooden  @  30/03/2010 10:50:09
   3 / 10
Attirato dall'altissima media su questo sito, pensavo che la mia indifferenza totale verso Allen fosse dovuta al fatto di conoscere solo annie hall e manhattan.

Mi sbagliavo, ennesimo flop dell'inutilissimo Allen. La coppia che scoppia farcita di dialoghi imbevuti di spicciola filosofia borghese post-cena. Innocuo e insulso.

Se qualcuno vorrà farmi capire cosa c'è di meglio in questo film rispetto a "natale in india" o "tre metri sopra il cielo", sarò lieto.

1 risposta al commento
Ultima risposta 18/02/2011 00.00.56
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Clint Eastwood  @  20/01/2010 14:45:32
   10 / 10
Uno dei migliori di Allen se non addirittura il migliore. Ottimo e grande cast, bravi gli attori (Martin Landau su tutti), personaggi ben caratterizzati, sceneggiatura coi fiochi, musica, regia ... un film non perfetto da 10.

"Gli avvenimenti si snodano così imprevedibilmente, così ingiustamente ... la felicità umana non sembra fosse inclusa nel disegno della creazione. Siamo solo noi, con la nostra capacità di amare, che diamo significato all'universo indifferente. Eppure la maggior parte degli esseri umani sembrano avere la forza di insistere e perfino di trovare gioia nelle cose semplici : nel loro lavoro, nella loro famiglia, e nella speranza che le generazioni future possano capire di più."

ste 10  @  17/11/2009 01:01:03
   9 / 10
Trovo questo film delizioso, c'è tutto Woody Allen, uno dei migliori del fantasmagorico regista

Invia una mail all'autore del commento lunapapa69  @  06/11/2009 21:21:11
   8½ / 10
Gli occhi di un oculista, lo sguardo di un documentarista: nel mezzo la cecità di un rabbino con la "vista lunga" sulla realtà. Forse la migliore opera di Allen con un finale di grande maturità (per contenuto e per capacità narrativa) dove le nevrosi scompaiono e lasciano il posto a un finale riflessivo (quanto basta)che consiglio di prendere come "inzio. NICO

dobel  @  31/10/2009 09:06:27
   9 / 10
Questo è un film bellissimo sulla possibilità di sedere a fianco di un assassino senza nemmeno saperlo. Il "caso che move il sole e l'altre stelle", trova in quest'opera la miglior apologia. Allen, che da anni cerca di trovare il modo per descrivere pienamente la sua teoria che in fondo tutto viene regolato dal caso e che non esiste una legge morale superiore inscritta in ognuno di noi che serva da stella polare per le nostre azioni, riesce perfettamente nel proprio intento in questo piccolo capolavoro purtroppo più eguagliato in futuro. Se un uomo riesce a convivere con i fantasmi del proprio passato e a derogare dalla propria coscienza può vivere felice pur avendo commesso i peggiori crimini. Ciò che 'frega' è il rimorso o la sensazione di poter essere puniti in un al di là di cui non conosciamo i contorni definiti.
La morale di Allen è la rinuncia alla Morale, ossia un'anti-morale che diviene in questo caso oggetto di un'opera d'arte delle migliori. Il contraddittorio viene messo in campo nella figura del rabbino cieco (simbolicamente e materialmente), e nella figura del filosofo che alla fine trova nel suicidio la risposta alle sue domande di significato.
Questa legge superiore esiste oppure no? Esiste se ce la imponiamo, ma possiamo benissimo farne a meno.
Possiamo però farne a meno senza diventare (almeno potenzialmente) 'assassini'? Questa è la vera domanda a cui Allen non ha ancora dato una risposta artistica convincente. Ancora troppe porte aperte... Quale film le chiuderà?...

Gruppo COLLABORATORI fidelio.78  @  26/10/2009 12:50:43
   9 / 10
Eccelso film di Allen, in evidente stato di grazia.
Amaro, disilluso, divertente. Insieme a Manhattan il suo miglior film.
Il richiamo al posto delle fragole e la discussione finale sono due dei momenti più belli del film.

paride_86  @  25/10/2009 02:07:27
   7½ / 10
Commedia dolceamara di Woody Allen, in un momento artistico particolarmente felice del regista, che qui s'interroga più sulla morale che sulle relazioni umane.
L'ottimo cast e i dialoghi brillanti lo rendono una piccola perla.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  09/10/2009 00:35:55
   9½ / 10
Non so esattamente quale sia la forza di questo film superbo, forse il personaggio di Laudau è un alter ego in negativo di Allen, forse esiste una coscienza che va ben oltre l'apologia Dostoevskjiana, resta il fatto che la direzione superba degli attori (non solo L., ma anche una Huston mai così dolce, crudele e disperata), gli eccellenti dialoghi, la crudeltà fatalista dell'epilogo (come certi noir europei di Chabrol) lo rendono uno dei capolavori assoluti di Allen, un'opera irripetibile che tutti devono aver visto almeno una volta

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento Silly  @  03/06/2009 12:42:53
   10 / 10
Il mio preferito di Allen in assoluto. Da brividi la scena finale che chiude il sipario a un vero e proprio capolavoro.

dewolf  @  03/06/2009 00:35:58
   8½ / 10
Senza dubbio uno dei migliori di Allen,ricco di battute e con un finale che lascia pensierosi sull'esito di una delle due vicende.. E' però questa una delle doti più grandi del regista: quella di far riflettere sull'andamento delle cose,buone e brutte che siano! La sua rappresentazione della realtà,

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER insieme ai psicodrammi vissuti dagli attori, portano i film Alleniani ad un livello eccelso e Crimini e Misfatti ne è un esempio! La mia critica è solo riferita ad una parte centrale un po' troppo lenta.

Gruppo REDAZIONE VincentVega1  @  18/05/2009 09:38:23
   7 / 10
Film che punta dritto al punto, senza fronzoli e battutine inutili (come a volte può accadere in qualche altro Allen). Puntigliosa la rappresentazione dei personaggi, ognuno con caratteristiche diverse e cinematograficamente complementari fra loro.
Inoltre l'incontro finale fra Landau e Allen è di grandissimo impatto emotivo, dieci minuti dialetticamente tesi da gustarsi ad orecchie aperte.

BlackNight90  @  14/03/2009 18:51:49
   9½ / 10
Molta tragedia e poca commedia in questo che è senza dubbio uno dei capolavori di Allen. Un film profondo di un regista intelligente, che come pochi riesce a veicolare il cinema per trasmettere la sua visione della vita. E anche se l'elemento tragico prevale rispetto a quello comico, ci sono comunque delle battute memorabili.
In Crimini e misfatti Allen esprime la sua visione della morale e della problematicità del reale attraverso dei personaggi mirabilmente caratterizzati: l'elemento tragico del film risiede soprattutto nel protagonista (che qui non è Allen ma un grandissimo Landau) nel quale ben emergono i due modi possibili d'essere dell'uomo, insomma quelli che Nice avrebbe definito il dionisiaco e l'apollineo, l'irrazionale e il razionale, oltre che alla necessità di credere in un ente metafisico contro la volontà di ascoltare la saggezza e di obbedire alle leggi. A questo si aggiungono il bisogno naturale nell'uomo di una quasiasi forma di consolazione religiosa, e implicitamente l'esigenza di una punizione divina. Allen analizza tutto con il suo approccio critico, quasi scientifico, e giunge alla conclusione che l'unica morale è quella dell'utile, e solo chi sa adattarsi sopravvive (e in questo senso la cena della famiglia ebrea è una scena stupenda e illuminante): il suo cinismo e il suo pessimismo sono ai massimi livelli.
Ma in fondo c'è una speranza in mezzo a tutta quella serie di personaggi negativi ed inetti, ed è rappresentata nel film dalla giovane nipote di Allen, l'unico personaggio davvero positivo: l'innocenza della gioventù forse riuscirà a comprendere e a lavare le colpe dei padri, forse i giovani, se non lo farà D.io, riusciranno a perdonare i loro crimini e misfatti.
Poi nel film il personaggio di Allen tenta inveno di ridare dignità ad un cinema e ad un mondo che sembra la stia perdendo, altro sospiro pessimistico.
Gran film, perfetta sceneggiatura e buona prova attoriale di Allen che con la sua mimica facciale riesce ad esprimere benissimo il fallimento di un uomo (ha proprio la faccia da s****to).
The Dark Side of Mr.Woody Allen.

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Ultima risposta 16/03/2009 18.29.08
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Invia una mail all'autore del commento lorenzo971  @  03/03/2009 18:14:40
   9 / 10
Di certo Woody Allen non si è mai distinto per l'ottimismo, quasi assente solitamente nei suoi film, ma quella scintilla di speranza in una possibilità di scampo da una cosi arida realtà che di tanto in tanto affiora nelle sue pellicole scompare in Crimini e Misfatti. Il suo film piu cupo senza dubbio, nel quale il regista mette in gioco tutti i valori cari all'uomo, e durante lo svolgimento della vicenda ne dimostra, in rebus, il fallimento, ne decreta la piu totale sconfitta. Fallisce prima di tutto il matrimonio, privo di sentimenti e puramente nominale, falliscono i rapporti tra le persone, dalla parentela ( rapporto oculista fratello), all'amicizia; perisce l'amore, non ricambiato, instabile e debole. Sono sconfitti i sogni in una vita migliore, in un successo nel lavoro, in una qualsiasi felicità. Nemmeno la filosofia e l'idealismo (rappresentati dal professore tedesco ) riescono a dare supporto o a consolare in un reale in cui domina il cinismo, che poco a poco, con un moto lento ma inesorabile, trascina tutti i personaggi nella sua orbita : l'ultimo messaggio del filosofo sarà "Sono uscito dalla finestra", scritto poco prima del suicidio. Fallisce in fine la giustizia, sia terrena, sia divina; non c'è una teodicea in cui sperare, Dio, se osserva, resta muto e non punisce. Woody che interpreta un regista senza successo, non ha il ruolo di protagonista, (che spetta invece ad uno stimato oculista, Judah) , ed impersona l'eroe che si scontra con la cruda realta: titano o sprovveduto, armato della morale, dell'idealismo, dei buoni propositi, dell'amore per il prossimo, si avvicina passo dopo passo al baratro, seguendo un cammino dettato dal suo vedere la vita senza cinismo, e quindi in modo distorto e miope rispetto agli altri personaggi, che invece hanno capito bene come trionfare. Il simbolo della sua visione errata sono gli occhiali, che portano solo i personaggi che come lui si estraneano dal nichilismo generale ( come il professore, la ragazza nella parte iniziale, e il rabino, che, con la colpa di credere addirittura in un dio è destinato alla cecità), mentre Judah, che giunge, come è evidente nel dialogo finale, alla vittoria piu assoluta sugli eventi, non solo ci vede bene, ma fa addirittura l'oculista.
Una storia agghiacciante dunque, che ci lascia l'amara consapevolezza che, nonostante i nostri sforzi, le nostre speranze e il nostro amore, l'universo è un luogo totalmente, e irrimediabilmente freddo.

1 risposta al commento
Ultima risposta 22/09/2012 08.41.34
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Neu!  @  23/02/2009 21:23:46
   9½ / 10
uno degli Allen più sottovalutati... un capolavoro, si batte il titolo di miglior Allen con Manhattan (e forse anche con Zelig)

The Monia 84  @  23/02/2009 18:49:11
   10 / 10
Che Woody Allen riesca a girare film comici allo stato puro ed altri più riflessivi e intimisti è un dato di fatto .E i risultati gli hanno dato (quasi)sempre ragione.Ma con "Crimini e Misfatti" siamo di fronte alla summa di tutto il suo cinema.
Un cinema fatto di dialoghi brillanti ,battute memorabili, intellettuali in cris i(artistica, amorosa, esistenziale), attori in stato di grazia e naturalmente New York .Un'opera assolutamente fondamentale per capire l'"universo Allen": c'è la vita, l'amore, la morte, il tormento.

momo  @  27/01/2009 11:47:23
   9½ / 10
Uno dei film che preferisco di Allen, molto cupo e pessimista forse un suo limite è proprio quello di rassegnarsi al male. Una volta scoperto che non c'è punizione che si può vivere comunque, Allen sembra non voler mostrare nessuna alternativa allo squallore ed alla perversione della realtà ed in un certo senso invita ad accettarla razionalmente.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Gatsu  @  06/01/2009 04:46:10
   8 / 10
Mi associo al commento sottostante.

inferiore  @  14/12/2008 06:53:26
   8½ / 10
Woody Allen abbandona la commedia vera e propria per darsi a una commedia-drammatica che non perde di battute geniali in un contesto azzeccato ''Mio padre ha preso da sua zia Mary... Rifiutava la Bibbia perché diceva che il personaggio principale non era assolutamente credibile.''
Tutto il film è lontano dai classici standard del regista, personaggi vacui dentro, con una vita caratterizzata da un pensiero che gli accomuna 'Dìo esiste?'.
L'apoteosi del cinismo secondo Allen, nonchè il suo più film ''nero'', da non perdere!

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lupin 3  @  28/11/2008 15:05:18
   6 / 10
Non male, potrebbe essere migliore.
Di Allen ho preferito di gran lunga IO E ANNIE.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Granf  @  18/11/2008 22:09:27
   8½ / 10
La morte delle utopie in un profondo atto d'amore nei confronti del cinema.

xanter  @  28/09/2008 17:29:46
   8½ / 10
Bellissimo, ci sono tutte le tematiche molto care ad Allen, i rapporti interpersonali, i legami sentimentali e quelli spirituali, spesso trattati con ironia, il tutto miscelato sapientemente in un' ennesima prova di bravura e genialità.

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SANDROO  @  28/09/2008 14:32:56
   3 / 10
NOIOSISSIMO

2 risposte al commento
Ultima risposta 01/04/2009 13.37.22
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elmoro87  @  27/09/2008 13:09:21
   9 / 10
bel film di allen, non ne ho visti molti, ma devo dire che mi hanno impressionato molte cose, prima tra tutte il monologo finale di woody, agghacciante e realistico... solo un grande attore e un grande regista riuniti in un solo uomo possono fare capolavori di questo tipo... intreccio perfetto: separate le due scene senza alcun punto di incontro, ma alla fine si incontrano completamente per caso e fanno sfociare le due storie in una sola, grazie a un semplice quanto sterile dialogo.... SUPREMO!

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento matteo200486  @  12/07/2008 00:57:47
   10 / 10
“Mio padre ha preso da sua zia Mary... Rifiutava la Bibbia perché diceva che il personaggio principale non era assolutamente credibile.“

Grande Opera di Woody Allen che dalla svolta di Interiors vira verso il drammatico abbandonando la pura commedia.
A 10 anni da quel capolavoro di tecnica che fu Manhattan, Allen sviluppa una commedia drammatica (passatemi il termine). Una commedia amara, cinica che mette in scena personaggi disillusi e tremendamente soli.
Cliff, interpretato da Woody, è un fallito conscio del suo irreversibile status e della sua valenza sociale. Consapevole che ciò che veramente conta in una società consumista non è la conoscenza di Joyce o la conoscenza di qualche filosofo ma l'essere ricco, di successo. Cosa che lui non è suo malgrado e mai sarà. Il cinismo di Allen sta proprio qui nel sfatare il mito del sogno americano e rappresentare la cruda realtà delle cose : chi è ricco vive più felicemente di un poveraccio. Anche nei problemi più difficili e complessi: il soldi, il denaro, il potere ti aiutano a superarli.
In Crimini e Misfatti così come in Io e Annie, Amore e Guerra, Mahattan e in molti altri il rapporto con le donne è travagliato e fallimentare. Anche qui denaro e successo giocano un ruolo assolutamente decisivo.
Spietata anche la riflessione sulla religione, su questo fantomatico dio in grado di vedere tutto e tutti, ma che alla fine non punisce, in realtà, nessuno semplicemente perché non esiste. Una riflessione disillusa sul ruolo della religione nell'allontanare da una visione critica, oggettiva e problematica della realtà. Ma probabilmente per alcune coscienze è anche meglio così.
Allen e Landau grandissimi e la scena finale è una pietra solida nella cinematografia mondiale, ottima sceneggiatura come sempre frizzante e sempre grado di fornire spunti interessanti.

“L'ultima volta che sono entrato in una donna è stato quando ho visitato la Statua della Libertà. “

Invia una mail all'autore del commento wega  @  26/05/2008 15:09:22
   10 / 10
C'è un pò di Sjostrom nello sguardo di Allen all'ultima festa nel guardare la sua amata di ritorno dall' Europa, e c'è un pò di "Il posto nelle fragole" quando Landau guarda la cena di nascosto, se in più ci mettiamo il fotografo Nykvsit (e si vede, soprattutto per il colore carne della carne che solo lui è riuscito ad immortalare nel cinema), salta fuori tutta la stima di Woody per Bergman.
Grandissima commedia drammatica di un regista che continua a lanciare messaggi d'amore al cinema, Chaplin, Cantando sotto la pioggia, E.G.Robinson, miscelando, in una sceneggiatura stupenda, una sorta di lunghissimo montaggio alternato, che si concluderà nello stesso luogo quindi, con i due protagonisti a discutere delle loro vite, senza mai ammetterne però le rispettive appartenenze.
E' la storia di un uomo, Judah Rasental, nel campo dell'oculistica, e di un mediocre regista di documentari, interpretato da Allen, che nella vita reale di problemi alla vista ne ha, e non pochi; proprio lui che in realtà ci vede benissimo, a darsi, e darci, uno sguardo dentro.
Nella poetica della tragedia Alleniana non manca il confidente non troppo intimo, in realtà spesso la figura che sa ascoltarci maggiormente, non manca il peccato naturalmente, la presa di coscienza, il rimorso, ed infine, ancora come in "Il posto delle fragole", la sentenza morale.
Di crimini e misfatti ne succedono tutti i giorni, e c'è il rischio che nessuno se ne accorga ormai più.

everyray  @  08/04/2008 17:34:40
   8½ / 10
Nel titolo è racchiuso il senso del film.
Due storie differenti,come se fossero due film diversi,ma che nella scena finale diventano una cosa sola.
Un mix di commedia e tragedia ben amalgamati e diretti in maniera impeccabile!

Paride  @  15/03/2008 22:31:08
   9 / 10
Gran bel film, sicuramente insieme ad io e annie e harry a pezzi il migliore di Woody Allen, ottimo l'abbinamento tra il lato comico e quello drammatico. Unico Woody

Pekisch  @  23/02/2008 09:44:20
   9 / 10
C'è poco da dire. Uno dei film meglio riusciti di Allen, con una trama che piu' volte richiama alla mente i film di Hitchcock (citato anche durante il film), una commedia ricca di battute alla Woody che si alterna a una vicenda dai toni un po' noir, che non annoia per niente, nemmeno a chi vede il film solo per riposarsi dinanzi a una commedia.

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Ultima risposta 12/05/2008 12.15.55
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR kubrickforever  @  05/02/2008 18:27:39
   10 / 10
Uno dei più bei film di Woody Allen. Crimini e Misfatti è il diciannovesivo film del regista americano e segnò un punto di forte scissione con i suoi precedenti lavori. Penetrante fino all'ultimo minuto, Crimini e Misfatti ci permette di assaporare una delle migliori sceneggiature del regista.
Ottima la prova da parte di tutto il cast, su tutti uno straordinario M.Landau.
La colonna sonora, che va dal jazz al classico, è assolutamente meravigliosa.
Woody mette da parte il suo geniale lato comico e si concentra sulla trattazione di un film drammatico, intenso e scioccante che arriva dritto al cuore e alla coscienza dello spettatore.

1 risposta al commento
Ultima risposta 08/02/2008 00.55.19
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Gruppo COLLABORATORI Harpo  @  02/01/2008 21:14:40
   10 / 10
L'ho già detto più d'una volta: insieme a Manhattan e a Zelig, è il capolavoro di Allen. Solo l'epilogo, con Landau e Allen insieme, è uno dei momenti più belli della storia del cinema.

Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  19/11/2007 21:11:56
   9 / 10
"Crimini e misfatti" è un autentico capolavoro, che racchiude in sè disparati significati e temi e che è venato dalla solita amara ironia -qui più che mai elegante e raffinata- "alleniana", costituente il segno distintivo e la cifra stilistica del cinema del regista newyorkese.
Il personaggio interpretato da Allen, uno squattrinato e ignorato regista documentarista, rappresenta la visione disincantata di un mondo dominato da ipocrisie, bassezze, mediocrità, superficialità e ignoranza. Paradigma vivente di tale "weltanschauung" è lo pseudo-regista, nonchè cognato -nella finzione- di Allen, che invece è perfettamente collocato nel sistema hollywoodiano, in quanto portatore della retorica e delle tematiche spicciole destinate al consumo di massa, che tanto aggradano alla grande industria della celluloide.
Nonostante la disillusione, dettata anche da una vita coniugale contrassegnata dalla incomunicabilità e dalla monotonia, l'idealismo di cui è permeato il pensiero di un professore di filosofia, su cui Allen sta lavorando per un documentario, e l'incontro con la Farrow, dotata di una personalità intrigante e profonda, riaccendono la speranza nel bistrattato regista.
Parallelamente si svolge la vicenda drammatica di un medico newyorkese –il cui nome Judah è tutto un programma- il quale, ossesionato dal fondato timore che la sua amante possa mandare in frantumi la sua vita personale e professionale, decide di sbarazzarsene. Il tragico gesto determina inizialmente un lacerante senso di colpa e una profonda crisi di coscienza nel reo, che lo porteranno a rievocare il periodo della infanzia, quando nella sua famiglia si parlava quotidianmente dei temi legati alla religione ebraica (significativo è, a tal proposito, il ritorno nella casa dove viveva da bambino, che ingenera nell'attempato medico un flashback che rimanda a una sequenza di bergmaniana memoria -"il posto delle fragole"), e che troveranno il loro apice nella decisione, poi disattesa, di costituirsi alla polizia. Basterà, tuttavia, il pensiero di dover abbandonare tutti i lussi e tutti i privilegi acquisiti nel corso di una carriera all’insegna dell’arrampicata sociale a far desistere Judah da tale proponimento.
Sul versante opposto, l’abbandono da parte della Farrow che, in spregio alla sua anima colta e idealista, si piegherà alla volgare attrattiva costituita da una vita piatta e agiata, fidanzandosi proprio con quel mediocre regista in precedenza tanto biasimato; e la morte inopinata del professore (che decide di accomiatarsi dal mondo lasciando un sarcastico biglietto con scritto “sono uscito dalla finestra”) determineranno la ricaduta di Allen nella dura e degradante realtà, dove non c’è spazio per gli ideali e i sentimenti puri e dove tutto è mosso da vili esigenze e vili propositi.
L’incontro finale tra il medico e Allen rappresenta la summa delle riflessioni sottese al film: esso costituisce simbolicamente il prevalere del cinismo della società moderna sull’idealismo e sulla nobiltà d’animo, di cui è depositaria una categoria di soggetti che sembra quasi avviarsi alla estinzione.
Su tutti gli infimi personaggi che popolano questa pellicola si eleva la figura della nipotina di Allen: l’unica persona veramente matura, capace di comprendere, e alleviare, le pene di uno zio depresso e irrimediabilmente pessimista.

Bathory  @  02/11/2007 23:25:19
   9½ / 10
Secondo me il capolavoro di Allen..ricordo che lo vidi per puro caso scovando una VHS nascosta e impolverata.. SORPRESA ASSOLUTA..
La commedia agrodolce (molto più agro) per eccellenza..Personaggi semplicemente perfetti, con la coppia Allen-Farrow in grandissimo spolvero e in simbiosi più che mai e un Landau sopra le righe.
Finale parecchio triste ma forse è proprio questo che rende il film un piccolo capolavoro..

addicted  @  30/10/2007 15:11:46
   9 / 10
Insieme a "Zelig", è il capolavoro di Woody Allen.
Da non perdere.
Allen ha trattato un soggetto simile in "Match point", che è pure un gran bel film.
Ma "Crimini e misfatti" è meglio.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR foxycleo  @  28/09/2007 14:01:51
   10 / 10
Adoro Allen e "Crimini e Misfatti" è uno di quei film imperdibili. Qui vengono affrontate tematiche serie ed importanti sempre però con il solito tocco leggero e la brillantezza dei dialoghi che lo hanno reso un noto cineasta.
"Crimini e Misfatti" affronta l'importante tematica della moralità che trascende nella fede per passare al successo professionale.
Da antologia la scena in cui Allen duetta con lo straordinario Landau.

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento goat  @  29/08/2007 21:41:27
   10 / 10
mirabile capolavoro alleniano, una profonda e disillusa indagine sulla bassezza dell'animo umano. strutturato quasi come 2 diversi film, commedia e tragedia, a sottolineare la dicotomia tra idealismo e materialismo.
fotografia del fidato (e compianto) collaboratore di bergman sven nykvist, per una pellicola in cui allen tocca diversi dei temi cari al maestro svedese.
"lo sguardo di D.io è sempre su di noi".
no, non sempre.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  22/07/2007 14:35:46
   8½ / 10
Veramente un ottimo film di Allen. Lucido e spietato, un vicolo cieco senza via d'uscita e senza possibilità di tornare indietro. Un Allen amaro e pessimista da vedere. A mio parere uno dei suoi migliori film.

Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  03/05/2007 13:38:17
   9½ / 10
superbo. meraviglioso. uno dei migliori del regista. questo è il vero Woody Allen.
Egli accantona il suo geniale lato comico che entra in funzione dello scopo del film e non ne è protagonista per preferire quello esistenzialista in un film interessantissimo e dallo svolgimento estremamente intelligente.
con l'abilità in suo possesso orchestra i suoi personaggi con grazia e dettaglio, studia la sceneggiatura a puntino affinchè non subisca alcuna lacuna narrativa e contenutistica, assapora lo svolgersi dell'intreccio con maestria inserendo la sua passione per il cinema e la musica (stupenda colonna sonora classica/jazz e parecchie citazioni visive di film del passato) senza sbavare nel suo narcisismo solito (si pensi a Manhattan che è un'apologia di se stesso), anzi questo è sicuramente il suo film meno narcisista e il personaggio da lui interpretato (e per adesso ho notato la migliore delle sue partecipazioni cinematografiche) invece che suscitare ilarità provoca molta amarezza e compassione, nonostante egli cerchi di sdrammatizzare con qualche battuta deliziosa la drammaticità dell'insieme ("l'ultima donna in cui sono entrato è la statua della Libertà"). il film tratta (come farà in seguito e indovinate in che film) il Male nella società e potrebbe essere interessante accostare al film l'ultima strofa della poesia di Pascoli "X Agosto": "...E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male!"
è proprio questa la visione che Allen dà del mondo e del suo rapporto col Male dando vita a un personaggio molto significativo per la nostra epoca, Jude che vive una relazione con Dio molto latente, ossessionata, turbata per la dimensione divina dell'onniscenza che non permette all'Uomo di compiere i suoi Crimini e Misfatti nella totale serenità. accanto a Jude sviluppa anche due soggetti ovvero quello di Clifford e quello di Lester che portano in seno una critica del regista riguardo al mondo dello spettacolo (prima o poi tutti i grandi registi lo fanno), ossia la spregiudicatezza e il fallimento. da un lato c'è Allen, povero in canna che cerca di sfondare con idee obsolete e con personaggi ambigui e sbagliati, dall'altro c'è Alda biasimevole persona manipolatrice della legge hollywoodiana, ma doppiogiochista falso e probabilmente (la scena finale è superba) assassino e imbroglione.

Gruppo COLLABORATORI Victor  @  29/04/2007 13:58:51
   9½ / 10
Un Allen in grandissima forma, in grado di unire abilmente la sua comicità surreale e psicanalitica, con un thriller dell'anima, realizzando un film sentito che viaggia su due binari apparentemente opposti, ma che finiscono con il trovare un punto di incontro proprio nel finale, si potrebbe pensare ad un'ipotetica risposta del regista a quella che è la domanda posta in "Melinda e Melinda", se non fosse per divergenze temporali...
Eccellente il cast, su tutti Anjelica Houston e Martin Landau.
Il regista ne riprende il tema in "Match Point", con risultati altrettanto soddisfacenti.

1 risposta al commento
Ultima risposta 29/11/2007 01.35.22
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Kegle  @  02/02/2007 18:37:02
   9 / 10
Uno dei migliori Allen in assoluto e senza dubbio il migliore non commedia.
Fim di riflessione sui temi della vita e della società, il bene ed il male, i buoni perdono e i cattivi vincono, come nella realtà.

marco86  @  21/01/2007 11:35:12
   9 / 10
Stupenda commedia riflessiva firmata da woody allen;senza dubbio uno dei suoi migliori film.
La sua visione pessimistica qui tocca il vertice massimo:alla fine,sopravvive chi riesce ad adattarsi all’ambiente vivendo e agendo come se Dio non esistesse e come se nessuna forma di morale (tranne l’utilitarismo) esistesse.emblematica in tal senso la figura dell’oculista e la sua metamorfosi etica.emblematica anche sul versante opposto la figura di allen:lui non riesce ad integrarsi in questo mondo e continua a vivere nella sua realtà,fatta di sentimenti e sogni che nel mondo moderno sembrano non trovare spazio.o forse lo trovano nella figura della donna di cui si innamora,ma anche questa è un’illusione destinata a portare sofferenza anziché lenirla come promesso.
E il personaggio perfettamente antitetico a quello di allen è ovviamente il produttore televisivo,esattamente l’opposto.e considerato il finale,è facile dedurne la visione pessimistica che il Nostro ha del mondo.anzi,delle persone.forse allen è come l’athos dei tre moschettieri:ottimista quando si parla di cose,pessimista quando si parla di persone.una piccola ventata di fiducia nel prossimo l’aveva trovata nel bellissimo finale di Manhattan,ma in crimini e misfatti sembra sparita del tutto.voglio infine sottolineare la figura del filosofo e la sua fine all’apparenza inspiegabile ma perfettamente comprensibile:chi predica un mondo ideale resta solo,e decidere di andarsene rappresenta,paradossalmente,un inno alla vita.

giax-tommy  @  09/01/2007 15:10:07
   10 / 10
forse uno dei miei preferiti di allen
i discorsi sono come al solito esaurienti,sono come un saggio opinonistico cinematografico,dal primo all'ultimo fotogramma si nota come già tutto sia stato scritto,allen ci conduce con la manina,verso ciò che egli pensa della vita.
quanto importante è l'amore rispetto al successo???
bella domanda
bhè per lui,che vive ancora nel mondo dei sogni,l'amore è anni luce più importante
ma per il resto del mondo non sembra sia così
sembra molto più facile arrendersi al denaro,che lottare per l'amore
è più facile diventare assassini,che restare uomini
lasciamo stare ste cose
passiamo alla sua prova come attore,che a me sembra una delle migliori
dove riesce ad abbandonare il suo personaggio clownesco,e subentra quello drammatico,e più che mai sentimentale
grande grande grande...folgorante la battuta su joice

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Satyr  @  11/12/2006 01:53:26
   9 / 10
Crimini e Misfatti rappresenta uno dei proggetti piu'ambiziosi di Allen nella sua filmografia:il regista raggiunge il perfetto equilibrio tra tragedia e commedia,riflettendo sui grandi temi dell'umanita'con una naturale sensibilita',senza scivolare mai nel didascalico....parlare di Dio,di filosofia,di bene e male,di etica e di senso della vita,equivale a muoversi in una campo minato,ma Allen ankora una volta dimostra tutta la sua esperienza tirando fuori un capolavoro mai banale,mai stucchevole e soprattutto mai retorico....bellissimo.

tshiamo  @  21/08/2006 10:03:41
   8 / 10
senza dubbi alla woody.

vediamo..

è una storia in cui i personaggi decidono se appartenere al mondo o se il loro sguardo è personale rispetto al conformismo vincente: lo spiegherà pulitamente un oculista, alla fine. e chi porta gli occhiali ha un modo suo di guardare le cose, e chi cambia sguardo si leverà gli occhiali.

è una storia in cui il regista fa un film su un altro regista che disprezza e finisce che capisce proprio questa cosa.

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