cowboys (2021)

Breve ma intenso.

Un tema complesso per un film che non riesce pienamente ad esprimersi ma che non è nemmeno da bocciare.

L'impatto iniziale è ingannevole: il prequel di "Brokeback Mountain"? Basta concedere a "Cowboys" appena qualch'altro minuto per ravvedersi e capire che ci si trova dinanzi a uno dei sempre più sporadici cas'in cui il cinema indie è ancor'un valore aggiunto, un "crowd-pleaser movie" che l'Academy non potrà mai premiare proprio poiché ostracizza questo sistem'anticonformista ch'invece è decisivo per infondere credibilità e onesta delicatezz'alla commovente cris'identitaria dei 3 appartenenti a un nucleo familiare d'una sperduta comunità ai confini col Canada. Anna Kerrigan non indugia sugl'eventi e narra concisamente una storia mondata d'orpelli e perciò stesso intrisa d'un irresistibile candore.

Il personaggio di Sasha Knight è caratterizzato in maniera irritante, soprattutto in corso d'opera, dove assume dei comportamenti altamente fastidiosi. Non che quello della Bell sia più simpatico, ma credo che la cosa sia voluta proprio per mettere in evidenza il contrasto che si crea tra i coniugi, ma soprattutto quello con la figlia transgender.
E l'argomento identità sessuale in età adolescenziale viene usato più come un pretesto che come fulcro, affrontato quasi in tono dimesso, solo per accentuare l'ignoranza o semplicemente la non accettazione di un genitore messo improvvisamente di fronte a questa realtà.
La recitazione è discreta, la regia è sufficiente, grazie anche a una fotografia apprezzabile, ma la sceneggiatura appare un po' manchevole di dovizia e di cura nei dettagli di una storia, certamente interessante, che però poteva offrire qualcosa di più ficcante e più incisivo.
Vedibile.