citta' portuale regia di Ingmar Bergman Svezia 1948
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citta' portuale (1948)

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locandina del film CITTA' PORTUALE

Titolo Originale: HAMNSTAD

RegiaIngmar Bergman

InterpretiNine-Christine Jönsson, Bengt Eklund, Mimi Nelson, Berta Hall

Durata: h 1.40
NazionalitàSvezia 1948
Generedrammatico
Al cinema nell'Aprile 1948

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Trama del film Citta' portuale

Sullo sfondo di un porto ripreso dal vero si assiste alla scena di una ragazza (Berit) che, uscita da una casa correzionale e dopo innumerevoli peripezie di carattere familiare e sociale, tenta il suicidio gettandosi in mare ma che viene salvata da un giovane marinaio (Gösta) del quale si innamora, iniziando così una nuova vita.

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Voto Visitatori:   6,42 / 10 (6 voti)6,42Grafico
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Voti e commenti su Citta' portuale, 6 opinioni inserite

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Filman  @  19/08/2020 16:30:56
   6 / 10
Pieno di primi piani e dialoghi, HAMNSTAD (Città Portuale) fa di tutto per essere un film teatrale, ma il risultato in questo senso non è particolarmente memorabile nonostante dei bravi attori.
La storia d'amore che Ingmanr Bergman dirige con geometria e austerità è autentica e triste, di stampo sociale ed umano, dura e mai compiacente, ma nonostante ciò fatica a parlare di altro all'infuori di sé.
La parte finale, tutta dedicata all'allora assente diritto all'aborto, è un colpo di reni che vuole rendere la visione più interessante.

DarkRareMirko  @  02/08/2020 16:19:55
   7 / 10
Uno dei primi Bergman, per lo più girato in esterni e di forte matrice neorealista.

Bene gli interpreti, presenti svariati temi cari al regista, ma quest'ultimo lo si ricorda per altro.

E' comunque un buon risultato filmico tra limitazione produttiva imposta e libertà creativa personale dell'artista.

Invia una mail all'autore del commento Elly=)  @  04/12/2011 13:22:26
   6½ / 10
Dal ricco materiale di Olle Lansberg, Bergman realizza un film che trova forte influenza neorealista, in particolare visione e stile appartenenti a Rossellini, dove la maggior parte delle scene è girata in esterni. Il porto fa contemporaneamente da sfondo e da primo piano, sottolineando i tratti neorealisti e lasciando in disparte quelli svedesi, anche se lo stile di Bergman persiste in maniera profonda.

In principio sembra che il protagonista sia Gosta ma ben presto capiremo che il film è centrato soprattutto su Berit. Il suo profilo psicologico viene svelato a piccoli passi, a mano a mano che il film prende vita. E' una ragazza che è stata al riformatorio, ha dovuto crescere da sola e in fretta, il fatto del suicidio mancato viene in qualche modo giustificato e l'idea della sua figura cambia flashback dopo flashback.

Il film presenta vari legami con altre pellicole del regista stesso.
LA CITTA' NELLA NEBBIA fu di forte ispirazione per una pellicola successiva: PRIGIONE che scrisse insieme alla moglie di allora.
La frase famosa "Perchè alcuni hanno tutto e altri non hanno niente?" e la stessa che ritroveremo nel film MONICA E IL DESIDERIO, enunciata sempre da una giovane protagonista vogliosa di libertà e presa dalla scoperta del primo amore.
Due storie, due protagoniste, le difficoltà della vita, le conseguenze di amare qualcuno, andare contro una determinata società, tutto questo ambientato nei malinconici paesaggi marittimi nel Paese d'origine del regista:la Svezia.

La fine, inaspettata, porta un soffio di falsa speranza e di tristezza.

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Crimson  @  24/03/2011 15:42:27
   6 / 10
Mi ha stupito apprendere che Bergman in un'intervista degli anni '90 ha dichiarato di non conservare alcun ricordo del film e di considerarla "robaccia".
Città portuale è un melodrammone anche piuttosto insicuro riguardo alcune scelte narrative, convenzionale e anche derivativo, ma resta pur sempre un film del 1948 che tratta il tema dell'aborto, peraltro con una discreta efficacia.
Ricorre dunque il tema della procreazione persino nella primissima fase della produzione del regista svedese. Unitamente a ciò, si ripresenta una situazione forse fin troppo abusata da parte dell'acerbo Bergman, ovvero mettere in gioco una coppia il cui amore è ostacolato da rigide regole sociali e di pari passo morali.
Questo film però si concentra precipuamente sul contesto famigliare di origine della protagonista, e in un certo senso favorisce una visione accurata delle cause di alcune scelte che l'hanno costretta a giungere ad una situazione di estrema fragilità emotiva. Si apre con il suo tentativo di suicidio e ripercorre, anche mediante l'ausilio di flashback, un passato doloroso tra un padre inetto e assente e una madre che esercita (anche al tempo presente in cui hanno luogo gli eventi narrati nel film) un controllo patologico, morboso.
Di gran lunga meno approfondito e ricco di sbalzi umorali traballanti, non sempre credibili, il ritratto del protagonista maschile. Esageratissima la reazione alcolica "per vanità" alla confidenza di una vita ai limiti della prostituzione. Alcune scene (come la zuffa) sfiorano un ridicolo che va al di là del taglio grottesco che Bergman probabilmente voleva attribuire.
La parte finale del film si suddivide con poca destrezza nel mantenere un equilibrio tra le tematiche fino a quel punto abbozzate: mentre resta vivo il rapporto tra le due ex compagne di riformatorio, e l'epilogo della gravidanza indesiderata segna un rituale socio-culturale che ci lascia sgomenti, non ci lascia altrettanto coinvolti il ricongiungimento affettivo tra i due spasimanti.
Ancora una volta il finale positivo intende secondo me rafforzare la convinzione nello spettatore che attraverso gli eventi i due protagonisti abbiano maturato un senso di responsabilità e di consapevolezza.
Il peggior difetto nel film non l'ho trovato in alcune sbrigative soluzioni narrative o nella convenzione di alcune sequenze, ma in un'ambientazione forzatamente affrancata ad una storia che si spaccia per neorealista, ma che cerca piuttosto di sviscerare una dimensione più intimista, da cui per fortuna Bergman ripartirà come principale centro d'indagine delle sue opere successive.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  13/08/2010 16:39:32
   6½ / 10
Una discreta opera di un ancora immaturo Ingmar Bergman. Risente molto del gusto neorealista che si stava diffondendo dall'Italia a tutto il mondo. Neorealista è però solo la veste esterna come ad esempio l'ambientazione popolare (vedi le prime immagini di un quartiere povero di una città portuale), i protagonisti poi provengono dai ceti più bassi e sono colti nei loro lavori umili e nei loro divertimenti, non ci si vergogna infine di usare come protagonisti delle persone (di buon cuore e fondamentalmente oneste) che l'ambiente difficile spinge a percorrere brutte strade e brutte compagnie.
La veste neorealista non serve però a Bergman per denunciare la perversione dei meccanismi economici e sociali; i temi di cui si occupa sono quelli del difficile rapporto familiare (fra marito e moglie e fra genitori e figli), la severità immotivata dell'educazione e della tutela legale, la difficoltà di armonizzare i rapporti amorosi e instaurare una chiara e completa confidenza e comunicazione reciproca in una giovane coppia.
In teoria il protagonista del film è un uomo, un marinaio schivo e introverso, del cui passato però non sapremo mai niente e in generale della sua personalità. La vera protagonista è la ragazza, di cui viene fatto conoscere tutto il suo passato (grazie a flashback) e ogni sfumatura e risvolto del suo difficile e complicato carattere.
La questione dell'emancipazione femminile è il vero tema del film: si toccano argomenti scottanti per l'epoca come l'aborto e la libertà sessuale (l'uomo s'incupisce a sapere che la sua ragazza ha avuto altri uomini prima di lui, senza domandarsi se anche lui ha avuto altre donne prima di lei).
Bergman ci fa seguire abbastanza bene i dolori, i sentimenti, gli alti e bassi della "protagonista" femminile. Ci si immedesima molto facilmente. La sceneggiatura soffre però di diverse forzature drammatiche e di troppe casualità determinanti. Qua e là si cominciano a vedere le soluzioni tecniche originali (tipo l'uso frequente di specchi) che renderanno molto più espressivi i film futuri. Qui ci si limita a raccontare una storia bella e toccante, forse un po' convenzionale, senza arrivare a toccare e ad approfondire i fondamentali temi universali dell'amore e dell'esistenza, quei temi che renderanno i film futuri di Bergman così coinvolgenti e attuali.
Questo film magari può essere interessante per conoscere un po' di Svezia tardi anni '40.

Beefheart  @  19/04/2008 10:08:53
   6½ / 10
Un melodramma abbastanza duro che insiste su alcuni temi cari al regista come la morte (qui solo sfiorata), il rapporto conflittuale genitore-figlio e le difficoltà di comunicazione e comprensione nel rapporto di coppia. La storia è piuttosto semplice e lineare, l'interpretazione è all'altezza e la fotografia discreta. Peccato per il finale decisamente banale. Nel complesso direi che se ancora non si arriva a toccare i picchi di intensità che caratterizzeranno la successiva filmografia di Bergman, già se ne intravedono le potenzialità. Non è imperdibile ma nemmeno da buttare.

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