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Un corto delizioso questo, il primo dei quattro dove George Nichols dirigerà Chaplin; Chaplin non apprezzava affatto Nichols come regista (e d'altronde, era una mente "di cinema" che giocava già ad un altro sport) però qui il team Keystone ha l'idea vincente: parliamo di uno dei primi esempi di cinema che riflette su se stesso sebbene in chiave comica e che svela esplicitamente la sua presenza, la sua finzione. "A Film Johnnie" è ambientato negli studi della Keystone e vede la presenza di molti attori del team Keystone semplicemente nei panni di loro stessi: Mabel Normand, "Fatty", Ford Sterling e altri. L'unico oggetto estraneo, che può permettersi di essere tale, esterno al mondo reale, estraneo a tutti loro, è Charlot, protagonista di un universo tutto suo che entra in rotta di collisione con la creazione della finzione cinematografica della quale lui-senza saperlo (Charlot, ovviamente, non Chaplin, lui lo sa) sta già diventando icona, il bello del cinema che guarda se stesso dall'esterno. Il film ha il ritmo indiavolato delle comiche Keystone ma appare più consapevole, ispirato rispetto ad altri precedenti con Chaplin, sarà che giorno dopo giorno Charlot è ormai sempre più definito, sempre più completo, con nuova gestualità, nuove intuizioni che Chaplin gli aggiunge film dopo film, tentativo dopo tentativo. E qui Charlot è protagonista assoluto, creatura smarrita in un mondo, anche in quello che vive nella finzione e nell'artificio (che poi, sarebbe proprio il suo), che non fa altro che continuare a respingerlo; Charlot con le sue azioni crea già un piccolo discorso con al centro il rapporto tra realtà e finzione cinematografica, che lui non sa riconoscere e con la quale cerca di relazionarsi ingenuamente come fosse la realtà concreta. Sia quel che sia, Charlot resta l'incompreso, il respinto, Charlot resta il Caos, l'indeterminato. Un piccolo gioiellino della Keystone, tra l'altro con quelle piccole invenzioni di Chaplin che cominciano a rendere Charlot davvero indimenticabile (lui che si accende la sigaretta tutto fiero sparandole con la pistola) e poi le solite ruzzolate, slapstickate, e mazzate con tanto di rissa tra Charlot e Mabel Normand.
Stesso canovaccio dei primi film con Chaplin, stavolta però ambientato proprio dietro le quinte del mondo del cinema. Charlot mette scompiglio mentre si gira un film, con una ingenuità da buono scambia il finto delle riprese con la realtà e quindi tenta di salvare una donna dalle grinfie di un attore mentre in realtà stanno recitando. La situazione degenera fino a far scoppiare un incendio (!) all'interno dello studios, e si nota in questo frangente una piccola genialata che consiste nel regista che per non perdere gli atti di drammaticità incita a continuare le riprese. Ancora una volta nel finale Charlot ribadisce la sua estraneità da questo mondo (non solo del cinema ma in generale), la ragazza che ha "salvato" ovviamente lo caccia via e lo sguardo stralunato di questo simpatico guastafeste a quasi cento anni dalle riprese continua a generare una certa emozione.
Insomma, uno dei primi esempi anche di autocritica del cinema, mentre Chaplin collabora per la prima volta con George Nichols dopo i film con Lehrman. I due non andranno proprio d'accordo a lungo andare, però la freschezza di questo quinto film rispetto ai precedenti si nota.
il divertimento sta nel vedere Charlot cercare di intervenire sul set del film in corso...salvare la bella anche se questa non corre nessun pericolo... simpaticissimo!