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Al quarantunesimo film o corto che dir si voglia, Chaplin tira fuori dal cilindro un'altra meraviglia. Se già The Tramp aveva fatto intuire che le cose erano cambiate e che il regista/attore si era avviato verso un percorso non fatto più solo di sterile comicità fine a sé stessa, ebbene questo Work ne è la conferma. Certo che si ride, apprendisti che dovrebbero aggiustarti la casa e invece non solo te la rovinano, ma addirittura te la distruggono non possono non far scattare il meccanismo del divertimento ma c'è molto di più, e sorprendono ancora oggi delle piccole scene piene di significato: è una denuncia neanche troppo velata allo sfruttamento del lavoro (Charlot frustato e carico, sempre, di ogni tipo di cosa, costretto a portare un carretto come un mulo), all'ipocrisia delle classi agiate laddove i borghesi rappresentati, marito e moglie, hanno una vita piena di litigi e con gli amanti dietro la porta. Finisce a rivolverate in un ritmo folle e riuscito, la parte migliore insieme a quella che ti lascia un certo senso di amaro in bocca, ovvero quando Charlot pieno di dignità si nasconde il poco che ha nelle vesti dopo che la moglie borghese nasconde l'argenteria nella cassaforte dopo averlo visto (pregiudizio). C'è di tutto già in questo lavoro di (ormai ci siamo) cento anni fa, e colpisce ancora oggi. Non date retta a chi denigra il cinema muto come vecchio e superato. Certo Chaplin farà di meglio ma fino ad allora questo è il suo punto massimo, un evoluzione impressionante se si pensano alle commedie Keystone quasi sempre uguali l'una alle altre e senza alcun sottotesto poetico.