cane di paglia regia di Sam Peckinpah USA 1971
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cane di paglia (1971)

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locandina del film CANE DI PAGLIA

Titolo Originale: STRAW DOGS

RegiaSam Peckinpah

InterpretiDavid Warner, Dustin Hoffman, Susan George, T.P. McKenna

Durata: h 1.58
NazionalitàUSA 1971
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1971

•  Altri film di Sam Peckinpah

Trama del film Cane di paglia

Intellettuale americano abita nella campagna inglese con la moglie che viene violentata da giovinastri del luogo. Ma quando vogliono entrargli in casa, si difende con tutti i mezzi. Lupo contro lupi, più astuto dei lupi.

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Voto Visitatori:   8,09 / 10 (130 voti)8,09Grafico
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Voti e commenti su Cane di paglia, 130 opinioni inserite

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Sir_Montero  @  03/02/2013 20:45:58
   9½ / 10
PRESENTI DIVERSI SPOILER!

Dissacrante e quanto mai cinico ritratto della natura umana.
Diversi anni dopo la prima visione, mi ritrovo oggi nuovamente scosso e affascinato da quest'opera che, senza troppi indugi, potremmo definire di carattere antropologico.

Il film comincia con dei bambini, dai tratti grotteschi e poco rassicuranti, che giocano in un grigio cimitero, come se il regista volesse comunicarci immediatamente, sin dalle prime scene, un'idea di sottile e implicita violenza, e la percezione di una tensione palpabile ma indefinibile che ci accompagnerà per l'intero corso della pellicola.
Il protagonista è David, un impacciato e calmo professore di matematica, che decide di trasferirsi in un paesino di campagna con la moglie, una superficiale e immatura giovane donna, per dedicarsi anima e corpo ad un lavoro di dottorato. L'arrivo del professore causerà curiosità e malcelato astio negli abitanti del luogo, contraddistinti da una grettezza infima e da una rozzezza tipica di uomini che vivono quasi al di fuori dei confini della civiltà.
Nel corso della storia, le "attenzioni" nei confronti della donna da parte di questi bruti (che lavorano alle riparazioni della casa) aumenteranno costantemente, fino a raggiungere livelli di invadenza poco rasserenanti, mentre il rapporto tra i due coniugi comincia ad incrinarsi a causa della pressante leggerezza della moglie, costantemente alla ricerca di attenzioni e svaghi che il marito, occupato dalle sue formule, non può e non riesce a darle.
Peckinpah è bravissimo nel rappresentare vividamente la psicologia dei personaggi: David è un intellettuale mite, poco incline agli scontri (verbali e non), più che temerli li rifugge; Amy, la moglie, è invece tratteggiata come una ragazza molto maliziosa e "leggera, costantemente critica nei confronti del marito che comincia a giudicare"diverso", esattamente come egli appare agli occhi dei villani; i bruti, invece, non hanno caratteristiche peculiari e individualizzate, essi sono accomunati dalla "bestialità" sottocutanea, dalla violenza che ogni loro gesto esprime, dal loro istinto di branco.
Detto questo, la storia prosegue e, dopo una lunga serie di vessazioni psicologiche, la violenza esplode e i due capobranco violentano la donna, che tace e non racconta al marito.
Qualche sera dopo, a causa di un fortuito incidente, il matematico porta a casa sua lo scemo del villaggio, ricercato dai villani per un'accusa di molestia sessuale. E' la rottura definitiva.
La casa-tana viene accerchiata dai campagnoli che tentano in tutti modi di entrare. In David avviene la cosiddetta rottura interiore, si trasforma nel profondo, diviene lupo tra lupi, più feroce dei lupi. Dopo aver messo a tacere la moglie isterica e terrorizzata, adopera il suo ingegno e il suo genio razionalistico ai fini di una difesa iperviolenta della propria proprietà.
Ad uno ad uno li stermina, in un frenetico climax di sopraffina violenza brutale. E' la catarsi definitiva, egli è finalmente divenuto ciò che è sempre stato ma non ha mai saputo di essere:
"Non conosco la via giusta",
"Nemmeno io".

La proprietà privata rappresenta tutto ciò che è intimo, proprio, familiare. Violarne minacciosamente i confini, significa generare una furia ancestrale nel padrone, che per quanto mite possa sembrare, non riuscirà, nè tantomeno vorrà, frenarne la distruttività.
Questo, come altri film di Peckinpah, ci ricorda ciò che alberga essenzialmente nell'uomo, ciò che essenzialmente egli è: una bestia addomesticata, ammansita, domata, nel cui cuore alberga, e nel cui sangue pulsa, dormiente l'istinto atavico della forza e della sopravvivenza che tutto calpesta, se necessario.

In questo commento non mi sono soffermato sulle caratteristiche dell'aspetto tecnico, che tralatro ritengo molto ben valide: dalla fotografia cupa e sgranata, al montaggio frenetico e febbricitante, alla magistrale prova di un diabolico Hoffman.

Quel che resta impresso nella mia mente, oltre alle furenti scene finali e alla sottile e crescente tensione della storia, è il sorriso di uomo compiaciuto che, nel fondo oscuro della sua animalità, ha finalmente ritrovato se stesso: "...li ho ammazzati tutti io..."

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