In una baraccopoli romana vive una famiglia di immigrati pugliesi composta dal vecchio e tirannico padre, Giacinto, dalla moglie, dieci figli e uno stuolo di parenti. Scopo principale di questi è impadronirsi del milione che Giacinto ha ottenuto per la perdita di un occhio.
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Commedia italiana portata all'eccesso; storia di una famiglia di 20 persone nelle fatiscenti condizioni di vita di una baraccopoli della provincia romana. Un grottesco mix di vita di strada Pasoliniana e un più scanzonato e dissacrante approccio alla realtà sociale riconducibile a un Monicelli o a un Sergio Citti. In questo modo il raffinato Scola scende terra terra e scolpisce un ritratto famigliare di rara, insostenibile crudezza, un carosello di moto e bambini, polvere e galline, un armonioso caos, il folklore di una comunità a un passo da Roma eppure così distante. Tra i topi che infestano casa e chi vi risiede stipato come tali e si riproduce come tali, la differenza è sottile, è pura lotta alla sopravvivenza, a "guadanbià la stozza" legalmente o no basta che frutti e quindi anche le 37mila lire di pensione della nonna diventano fonte di sciacallaggio davanti gli occhi dell'impiegata in una delle scene migliori del film. Figuriamoci poi il MILIONE ottenuto dal padre-padrone come risarcimento per la perdita di un occhio cosa può scatenare. È la Roma putt..a di quegli anni, la Roma accattona, la Roma "che ce l'hai 500 lire?" del "Oste, mezzo litro e du bicchieri!", chi meglio di Nino Manfredi poteva dare volto al protagonista? Pugliese a dire il vero nel film, ma sottile e figlio di una buona donna, valori (se cosi si può dire) universalmente validi a certe latitudini; guercio, vestito tutto una pezza e rabbioso nel difendere il MILIONE, come un cane difenderebbe l'osso da simili indesiderati. Il resto è affidato alla buona volontà di Dio, e mentre i bambini, quelli che forse avranno un futuro migliore dalla loro, vengono rinchiusi in prigioni fatte da reti di letto, i grandi si abbandonano all'adulterio, alla violenza coniugale, all'incesto fino all'omicidio premeditato. Mi direte che io sto vaneggiando chiamando questa una commedia. Assolutamente, lo è, d'altronde la commedia all'italiana prende spunto e si rinvigorisce nel tragico, nel marciume. E qui di marcio ce n'è e tanto. Si è vero, ci sono brutture umane da far vergognare le scimmie di esserci parenti, ma trarre il comico da una tragedia esistenziale di borgata è arte sopraffina, è come cercare pepite da un corso d'acqua melmoso, ne trovi qua e là dove meno te l'aspetti. Ettore Scola conosce l'Italia antropologicamente parlando come pochi, ricordalo sempre. AVE Ettore Scola.
Possibile che non avessi ancora votato "Brutti, sporchi e cattivi"?! E' un film verso il quale ho sempre avuto sentimenti contrastanti: da un lato l'ho sempre apprezzato per la propria dirompente forza di rottura, dall'altro non mi sono mai tolto di dosso quella fastidiosa sensazione di tema poco sentito, affidato ad un attore (forse) alla sua migliore interpretazione. Insomma, un gran film, e però, e però.
Bestia! Mi ha fatto troppo. troppo schifo!!! Mai visto un Manfredi così ributtante. Mi viene voglia di vomitare tutte le volte che ci penso. Non voglio entrare in discussioni filosofiche, del perché e come mai, e di chi è la colpa, etc. Bisogna guardarlo per capire a che razza di degrado si può arrivare e non credo che sia poi tanto esagerato o esasperato. L'ignoranza, la povertà, la bruttezza rappresentati nel modo più crudo, osceno e ributtante.
Quando, avvelenato, si è messo la pompa della bici giù per la gola credevo di lasciarci le penne. Sono troppo delicata di stomaco. Chissa se vedessi Sodoma e Gomorra...
Un film che rimane dentro. La regia di Scola è sublime; quei primi piani e le zoomate sugli occhi dei bambini, sono IL cinema. Al centro del film, la famiglia, come tutti i film di Scola. Una famiglia molto allargata. Dove o si è prostitute, o ladri, o bambini, o vecchi. Una famiglia patriarcale, un patriarca cattivo e crudele (Manfredi), ma anche l'unico con un po' di sale in zucca. I tanti familiari completano un puzzle inverecondo, spietato: sesso animalesco, fatto dovunque e con chiunque, quasi uno sfogo animale, appunto. Il resto è tutta cattiveria, opportunismo ed egoismo.
Ma alla fine del film, la ragazza con gli stivali gialli, l'unica fino a quel momento "pura" e "normale", rimane incinta. Non c'è speranza per nessuno di loro: tutti sono destinati a diventare brutti, sporchi e cattivi.
Ma sono loro ad essere così sporchi e cattivi, o è la società che li ha costretti ad esserlo? E possono persone così ciniche e spietate conoscere l'amore, la bontà?
Sotto il profilo tecnico, il film è un esempio di come si debba fare un film: ogni piccolo dettaglio non è mai lasciato al caso. Sia sotto l'aspetto della scenografia, minuziosamente costruita, sia sotto l'aspetto psicologico dei personaggi.
Stupenda la scena di quando Manfredi si salva dall'avvelenamento: è ignorante, ma l'istinto, o forse qualche precedente esperienza nella sua vita gretta ma intensa, gli fa prendere la bici ed andare verso il mare, invece che all'ospedale. Lì prende la pompa della bici e si spruzza direttamente in gola l'acqua salata del mare, per provocarsi il vomito. Praticamente si fa un auto lavanda gastrica.
Manfredi, a mio parere il miglior attore italiano degli anni d'oro del cinema italiano, da un'interpretazione magistrale. L'unico appunto lo si può fare per il suo dialetto pugliese, non certo dei migliori.
Film molto ricco di significati, anche nascosti, da capire, da scovare, e dal finale inaspettato, come solo ottimi attori e sceneggiatori possono fare.
Proprio nell'unico momento della sua vita, quando Manfredi si commuove per la poesia del bambino a lui dedicata, e proprio quando pensa che, in fondo, volersi bene non è così male, quando ha trovato una donna che gli vuole bene, si compie l'attentato alla sua vita. A significare che nella vita, a volte, la punizione arriva nel momento meno opportuno. Il finale è stupendo: Giacinto vende tutto ad un'altra famiglia di pugliesi per sbattere fuori i suoi parenti-serpenti, ma alla fine, si ritrova peggio di prima. Ora ha una famiglia ancor più allargata; altri contendenti al suo gruzzolo, che non userà mai. Un uomo troppo indurito dalla povertà, per poter godersi un po' di benessere.