Bohemian Rhapsody, il film diretto da Bryan Singer e Dexter Fletcher, è una coinvolgente celebrazione dei Queen, della loro musica e del loro leggendario frontman Freddie Mercury (Rami Malek), che sfidò gli stereotipi e infranse le convenzioni, diventando uno degli artisti più amati al mondo. Il film ricostruisce la meteorica ascesa della band attraverso le sue iconiche canzoni e il suo sound rivoluzionario, la sua crisi quasi fatale, man mano che lo stile di vita vita di Mercury andava fuori controllo, e la sua trionfante reunion alla vigilia del Live Aid, quando Mercury, afflitto da una gravissima malattia, condusse la band in una delle performance più grandiose della storia del rock. Facendo questo, il film cementa l'eredità di una band che è sempre stata più di una famiglia e che continua ancora oggi a ispirare gli outsider, i sognatori e gli appassionati di musica.
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Un solo unico momento magico, il formicaio-karaoke del Live a Wembley, non riscatta un film scritto male, recitato peggio - le bizze tra i membri del gruppo sono imbarazzanti - e con una fastidiosissima morale di redenzione umana sul personaggio-Mercury che neanche il peggior Zeffirelli potrebbe dipingere. Ammetto di non aver mai amato la magniloquenza dei Queen, per me rock e lirica dovrebbero stare lontani mille miglia, ammetto di non aver mai capito il personaggio di Mercury, salvo sdoganarlo quando scriveva fantastici funky come "Another one bites the dust", l'attore fa quello che può ma eccede in gigionismi, le bizze dei membri della band fanno il resto e i dialoghi sono veramente penosi, penosi... E se non fosse per Wembley e forse il rullo compressore per un funk di sole note ("We Will rock You") potrebbe seriamente concorrere alla Palma di più brutto film dell'anno. E i fan di Queen approvano questa immagine "peccaminosa" e lasciva del loro beniamino? Vogliamo dirla tutta? Il film è falso e pieno di menzogne, di inesattezze. Negli anni 70" i brani di 7' esistevano eccome, vedi alla voce Progressive Rock, se Mercury suscitava stupore figuriamoci Bowie, le Sweet e il movimento Glam, di cui il film non parla MAI neanche fosse mai esistito, la bisessualità era una moda o uno stile di vita molto frequente e Roger Taylor in fatto di promiscuita' sessuale non era da meno. Ma quello che indigna (e non me ne fotte un ***** che sia campione d'incassi) è la tremenda superficialita' della storia, l'agiografia prudente retorica e moralista di un front-man unico al mondo, ma anche artisticamente (non moralmente) vittima della sua sproporzionata vanità. Pollice verso per questa falsità acclamata a quanto vedo da spettatori pigri che incensano piu' un Mito che l'uomo che l'ha per tanti anni "abitato"