Un attore (Michael Keaton), celebre per aver prestato il volto a un iconico supereroe, sta allestendo una commedia da portare in scena a Broadway. Nei giorni precedenti alla prima, si ritroverŕ perň a fare i conti con il proprio ego, tentando di recuperare i rapporti con la sua famiglia, la carriera e, in un'ultima analisi, anche se stesso.
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VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO: Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO CÉSAR: Miglior film straniero
VINCITORE DI 2 PREMI GOLDEN GLOBE: Miglior attore in un film commedia o musicale (Michael Keaton), Miglior sceneggiatura (Alejandro González Ińárritu, Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris, Armando Bo)
Ho una sgradevole sensazione: Inarritu non riuscirebbe a fare un brutto film neanche per sbaglio. A questo punto, dopo Amores perros, Babel e soprattutto Biutiful si getta a capofitto in questa tragicommedia mostruosa: a volte così ridicola da disturbare, eppure risate amarissime non mancano. E lo fa con un pianosequenza (mascherato) di quasi due ore che non risulta un vuoto esercizio di stile ma ci immerge nel ritmo a tratti allucinato, sempre sul filo dell'angoscia e della nevrastenia, di questa storia di una celebrità che tenta di riscattarsi. Si satirizza su Hollywood, sul cinema di ieri e di oggi, in specie quello di supereroi, e Inarritu sceglie un cast di valore con qualche chicca: prima di tutto un Keaton in grande spolvero, davvero fantastico, che dopo Batman sparì dal "cinema che conta" (espressione che non significa nulla, ma prendiamola per buona); Edward Norton, che interpretò Hulk; l'occhiolosa (parola che invento sul momento) Emma Stone/Gwen Stacy; non credo sia una casualità che proprio tra questi tre personaggi venga a crearsi un legame particolare: tra padre-figlia e amante/surrogato del padre-figlia. Per il resto, è grande cinema che quest'anno ha però pane per i suoi denti. Molte somiglianze anche con un'altra critica allo spettacolo o star system che dir si voglia di questi ultimi anni, specie sul finale: ed è "Il cigno nero" di Aronofsky. In conclusione: Inarritu è uno degli autori in vita più interessanti per non dire capaci del panorama mondiale, sperimentale, coraggioso e duttile. Birdman è un altro colpo da maestro.