Una suora del XVII secolo in Italia soffre di inquietanti visioni religiose ed erotiche. È assistita da una compagna e la relazione tra le due donne si trasforma in una romantica storia d'amore.
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Quella di Paul Verhoeven è la solita storia del regista europeo che dopo essersi distinto in patria per buoni film, subito risponde al richiamo delle chimere Hollywoodiane e corre in America dove realizza qualche pellicola commerciale e dimenticabile (tranne il cult Robocop). Per fortuna da qualche anno l'olandese è tornato nel vecchio continente a dirigere film più seri ed impegnati. Avendo letto la trama non vedevo l'ora di visionare questo "Benedetta" (e volevo commentarlo per primo ma The Gaunt mi ha battuto...che rabbia!) e l'attesa non è stata delusa: basato su una storia vera, già bella intrigante e stimolante di suo, si parte subito con molto poco velate critiche alla chiesa del periodo che predicava la povertà ma riceveva fior di quattrini per accogliere le novizie e soprattutto la retrograda visione che la fede e l'amore per Gesù dovevano per forza essere dolore, mortificazione e sofferenza anziché gioia. Senza dilungarsi per niente sul concetto di suore costrette al convento senza alcuna vocazione, si arriva dritti al morboso rapporto tra Benedetta e Bartolomea, così profondo dal non capire più chi sia la vera tentatrice e la vittima. Con scene di violenza e di sesso estremamente realistiche ed esplicite (caratteristica tipica di Verhoeven) si sviluppa la storia in un costante clima di misticismo e peccato, di divinità e di materialismo, in un turbinio di figure ambigue. Benedetta era una santa od una millantatrice? Arriviamo al punto che non vogliamo più saperlo piuttosto abbandonarci a seguire la storia delle protagoniste che pare vogliano farci capire quanto possa essere bello il peccato...come se amare fosse peccato; d'altronde religione e sesso hanno sempre costo un connubio molto interessante. Uno splendido film blasfemo quanto basta che riunisce il diavolo e l'acqua santa, il sacro ed il profano e che mi permette un'uscita poco signorile: le suore lesbiche hanno sempre funzionato...e Verhoeven lo ha capito decisamente bene! Straordinarie le interpreti e le scenografie.