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Ho l'ingrato compito di aprire le danze su "Beau ha paura", già sicuro che i commenti saranno polarizzatissimi sui due estremi, perché il film di Aster è oggettivamente divisivo come pochi. Visto ieri al cinema e, a caldo, mi verrebbe anche da dargli un 10 pieno, perché qua si viaggia su livelli altissimi. La visione più o meno casuale di Midsommar mi aveva sinceramente impressionato; non ho perso tempo e guardando Hereditary ho capito che quello per Aster era amore e che il suo è un talento purissimo. Ma con Beau ha paura siamo decisamente oltre, un territorio per me ancora inesplorato. Sinceramente non so se siamo di fronte ad una nuova stagione del cinema d'autore americano, ma dopo i lavori di Eggers, dei Daniels e di Aster, ma la sensazione un po' c'è e l'A24 questa cosa l'ha ben capita. Permettetemi un triplo carpiato: questo film ha tantissimo in comune con Everything Everywhere all at once, non fosse altro che entrambi hanno dentro tutto, ma proprio tutto, anche se ovviamente parliamo di prodotti diversissimi tra di loro. Da Omero a Kafka, da Freud ai Cohen, passando perfino per Roman Polanski (qualcuno mi dica se i riferimenti che vedo a Chinatown sono solo nella mia testa), Todd Philips e ovviamente la New Hollywood, io sono uscito dalla sala letteralmente ubriaco, smarrito ed esaltato al tempo stesso. Aster ti butta nel frullatore e perlappunto vieni fuori spappolato, poi sta a te scegliere se come cosa ti piaccia o meno. Io l'ho adorata, ma non è per tutti.