barbarossa (1965) regia di Akira Kurosawa Giappone 1965
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barbarossa (1965)

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locandina del film BARBAROSSA (1965)

Titolo Originale: AKAHIGE

RegiaAkira Kurosawa

InterpretiKinuyo Tanaka, Chishu Ryu, Yuzo Kayama, Toshiro Mifune

Durata: h 3.05
NazionalitàGiappone 1965
Generedrammatico
Tratto dal libro "Barbarossa" di Shoguro Yamamoto
Al cinema nel Novembre 1965

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Trama del film Barbarossa (1965)

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Voto Visitatori:   7,73 / 10 (15 voti)7,73Grafico
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Voti e commenti su Barbarossa (1965), 15 opinioni inserite

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Filman  @  04/10/2016 18:23:19
   7 / 10
Assistendo alla morsa della crisi sul cinema giapponese e udendo da lontano le sirene degli studios hollywoodiani, Akira Kurosawa, ormai raggiunto l'empireo degli artisti cinematografici più eccelsi, firma AKAHIGE (Red Beard), ennesima epopea del regista, in grado convergere i propri temi e stilemi, partendo dai personaggi, virtuosi o pronti all'insegnamento, fino al contesto decadente. Il solito perfezionismo per le inquadrature e il dettaglio scenico danno senso ad una storia buona nella psicologia dei singoli ma asettica nell'unione del tutto, che circoscrive una catena drammatica non tanto simbolica e creativa quanto più semplicemente naturalistica e cruda, tale da esaltare quelle care virtù più inapparenti e concrete, interne all'esistenzialismo e all'umanesimo tipico di altre opere del regista.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento thohà  @  01/06/2012 15:14:41
   8 / 10
Difficile film, non certo per trama, ma per le implicazioni psicologiche appena sfiorate od approfondite dal Maestro Kurosawa.

Finalmente un medico se ne va da un luogo desolato adibito ad ospedale per poveri e sarà sostituito dal giovane ed arrogante Yasumoto, destinato alla corte del re che si ritrova tra i rifiuti dell'umanità.
Da parte di chi sta per andarsene è puro scoramento e Barbarossa parrebbe un vero tiranno. Però è un ottimo medico, che più di ogni altra cosa tiene ai suoi derelitti pazienti.
Yasumoto, dato il contesto misero e povero, cerca di darsela a gambe come una lepre, ma...

L'altezzoso giovane medico ha molto da imparare, non solo dalla medicina che ha studiato dai migliori istituti dell'epoca, ma in termini umani.
Vedere la morte vera e non descritta dai libri di scienza è un'esperienza spaventosa.
Barbarossa si occupa non solo dei corpi malati, ma anche delle anime ascoltando confessioni orrende e pene del cuore dei suoi pazienti.
C'è anche qualche traccia di humor, nel suo apparente cinismo: "Questo qua l'ho ridotto male. Un medico non dovrebbe farlo. Avrei dovuto andarci più piano.

Guardatelo, malgrado sia lungo più di due ore, ne vale la pena.

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  30/12/2011 14:21:29
   7 / 10
Film molto ambizioso questo di Kurosawa (come molti suoi film) che in quasi tre ore di pellicola ci riempie in maniera eccessiva di retorica e buoni propositi verso i bisognosi...
Lui ha sempre trattato il tema dei "rifiuti della societa'" colpiti da poverta' e malattia ma non ha mai affrontato il tema come l'assoluto protagonista del film...
Inizialmente si procedeva verso una lotta psicologica tra i due medici,il nuovo arrivato e il temibile e opprimente "Barbarossa" ma la situazione viene risolta quasi subito per passare a una rassegna di storie raccontate dai malati...per quanto queste vicende siano toccanti e raccontate con cura,risultano un po' ripetitive e la lentezza dei dialoghi fa sentire il peso della durata...
Questo film segna anche la fine della storica collaborazione tra Mifune e Kurosawa ed è l'ultimo film in bianco e nero del regista...un passaggio che poteva essere celebrato in maniera migliore!

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  19/08/2011 11:58:31
   7 / 10
Barbarossa riflette molto bene le tematiche care al regista giapponese, quella del romanzo di formazione di un giovane e l'importanza della figura guida come riferimento costante. Qui l'ambizioso giovane medico si farà il classico bagno di umiltà di fronte alla disperazione della povertà, ma allo stesso tempo le soddisfazioni profonde che ne derivano fino a diventare, a livello potenziale, lui stesso una figura guida. Non è un film perfetto, presenta delle ridondanze come l'episodio in flashback di Saachi e si è molto discusso sul rapporto pessimo tra Kurosawa stesso e Mifune. Certamente è un ruolo più monolitico che sfaccettato quello di Barbarossa, in cui Kurosawa voleva infondere un qualcosa di più politicamente scorretto.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  04/06/2011 00:17:15
   7½ / 10
Film che significa la fine di tante cose nella carriera di Kurosawa: fine del bianco e nero che dal suo prossimo lavoro farà spazio al colore,soprattutto fine di una delle collaborazioni artistiche più prolifiche e riuscite della storia del cinema ovvero quella con Mifune. Troppe le divergenze tra i due sul personaggio che dà il titolo all'opera,il Barbarossa appunto.
Bisogna anche dire che Kurosawa non aveva tutti i torti poiché Mifune è bravissimo ancora una volta e questo è fuori discussione,ma il suo personaggio non è inquadrato in un'ottica precisa e davvero sembra spesso più un samurai invece che un medico dai principi morali saldi come doveva essere nelle intenzioni del regista. L'attore non riesce ad avere il carisma delle tante interpretazioni passate,abbassando di conseguenza anche il valore del film stesso che è troppo pretenzioso questa volta.

L'umanità miserevole raccontata alla Dostojevskij è un tema prediletto dell'Imperatore Akira,nei bassifondi ci ha già sguazzato con altre vicende che mettevano in risalto il povero e il miserabile in una maniera pedagogica e lontana dal falso moralismo. Non è diverso Barbarossa,a mio avviso sotto questo punto di vista uno dei risultati migliori se andato a comparare con il precedente illustre della filmografia del regista,I Bassifondi. La vicenda dura tre ore che miracolosamente non risultano pesanti bensì troppe volte dispersive poiché,come in un gioco ad incastro,Kurosawa racconta storie dentro storie e se inizialmente è uno spettacolo vedere il meccanismo ad incastro poi comincia a diventare tutto molto ripetitivo ed eccessivamente ricercato. La stessa sceneggiatura non è che in realtà una miriade di episodi autoconclusivi su vari campionari di un'umanità miserevole (ma non per questo che non merita di essere raccontata) inseriti in una cornice in cui il protagonista vero e proprio è il giovane medico di corte e il cambiamento che lentamente avviene in lui grazie anche agli insegnamenti e alla morale di Barbarossa,il Mifune di cui si è già parlato sopra.
Alla sua uscita il film stesso non ebbe un successo paragonabile ai precedenti film e non gli venne perdonato l'impianto all'americana,ovvero la struttura del film con l'happy end annesso; in verità Barbarossa rimane un altro bel tassello nella fimografia di un regista che non ha sbagliato un colpo nella sua lunga carriera anche se poi i vertici toccati sono quelle perle che davvero non si dimenticano (e arriveranno successivamente altri capolavori). Cominciò quindi con questo film quella parabola umana discendente di Kurosawa,in verità non artistica dato che i suoi lavori successivi sono considerati bellissimi, ma che gettandolo nello sconforto lo porterà addirittura a tagliarsi i polsi fallendo il gesto del suicidio.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Tumassa84  @  16/05/2011 08:37:33
   7 / 10
La storia che ci racconta questa volta Kurosawa, vede il cammino di crescita spirituale di un giovane medico, il quale inizialmente pensa solo alla carriera e al successo, e invece alla fine rifiuterà il posto di medico di corte per continuare a curare i poveri e i disperati, condannando anche se stesso alla povertà. In questo modo, egli fa proprio quindi il più alto e profondo spirito della medicina. A guidarlo in questo suo percorso, vi è un combattivo medico più anziano di lui, il Barbarossa, a formare la coppia maestro-discepolo tanto cara al regista. Kurosawa, inoltre, dipinge i malati con la sua unica e immensa umanità, quella dei Bassifondi, di Anatomia di un Rapimento o de L'angelo Ubriaco. Anche se rispetto a questi capolavori, nonostante i numerosi momenti evocativi, sembra mancare qualcosa: facilmente si scade nella didascalia e la lunghezza della pellicola non sempre è giustificata dalla pienezza della sceneggiatura: alcuni degli episodi che si susseguono nel film sono troppo prolissi nonostante la loro funzione narrativa non lo richiederebbe, con tanto di flash-back nel flash-back.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Edgar Allan Poe  @  08/05/2011 16:58:18
   8 / 10
L'otto che do a questo film di Kurosawa è un otto pieno, un otto che penso sia meritato e che se non fosse per vari difetti sarebbe un voto maggiore.
Circondato da polemiche varie, questo "Barbarossa" (che non c'entra niente con il re Federico) parla di un ospedale di poveri, in cui un giorno arriva un giovane medico, giunto lì prima di diventare medico di corte. La regia di Kurosawa è come sempre pressochè impeccabile, la sceneggiatura, tratta da un romanzo, è scorrevole e il film, che dura tre ore, non annoia neanche durante uno dei suoi centottanta minuti. Ma è il personaggio di Barbarossa, a far scatenare le polemiche principali attorno al film: infatti, Toshiro Mifune, che interpreta lo stesso Barbarossa, è stato criticato da Kurosawa per la sua interpretazione, dopo che questo film si è rivelato essere un mezzo flop. Secondo Kurosawa, Mifune avrebbe interpretato Akahige (Barbarossa) come fosse un samurai che posa la spada e indossa il camice da medico. Complice di ciò è tuttavia anche la sceneggiatura, che mostra il dottore che, da solo, spezza gambe e braccia ad un branco di uomini. Personalmente questo tipo di interpretazione mi è piaciuto (Mifune ha vinto anche un premio per essa), nonostante renda il film per certi versi surreale e quindi attaccabile. Un peccato che la collaborazione tra Kurosawa e Mifune sia terminata dopo questo film.
L'otto lo metto soprattutto per l'idea di fondo, quella della solidarietà reciproca che può rendere un pò felici anche posti tristi.

Invia una mail all'autore del commento Suskis  @  04/02/2011 08:25:05
   8 / 10
Le poche pecche che mi sembra abbia questo film sono nella recitazione di Mifune (che sì è bravissimo, ma sembra essere ancora calato nella parte del samurai) e forse qualche sbavatura di retorica. Il film però secondo me è bellissimo: un ennesimo ritratto del giappone e della sua miseria, tramite una serie di personaggi molto intensi e stupendamente fotografati. Il tema è molto interessante secondo me e la storia mi ha interessato fino alla fine.

_Hollow_  @  21/11/2010 03:04:54
   9½ / 10
Perfetta sintesi tra un dramma di stampo esistenzialistico come poteva essere "Ikiru" e uno più materialistico legato alla povertà (di mezzi e di morale) come "I Bassifondi" ... bellissimo collage di vite diverse, povere ma dignitose (talmente ricche di sentimenti da essere preferite infine dal protagonista al servire alla corte imperiale), film mai banale o superficiale.
Anche se darei il 10 per gusto personale, cercando di essere obiettivo tolgo giusto mezzo punto per la recitazione di Mifune, forse fin troppo monumentale,perfetto e infallibile nel ruolo di Barbarossa ... in quanto "saggio" della situazione comunque secondo me la sua compostezza non stona, di umanità ne è comunque circondato (v. il comportamento femminile, del tutto genuino). Barbarossa è un duro perché costretto ad esserlo,per farsi carico dell'altrui debolezza, se non avesse le spalle così larghe e la postura così rigida verrebbe sopraffatto dalle onde di tragedia e miseria che si infrangono quotidianamente sulla sua clinica. Ciononostante, nella sua austerità, non si dimentica mai cosa significhi essere umano, mostrando sempre verso i meritatevoli pazienza, rispetto, compassione.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  29/05/2010 16:43:29
   7 / 10
Qui l’ecclettico Kurosawa ha voluto sperimentare l’unione di uno stile aulico, rarefatto e teatrale (come quello del “Trono di sangue”) con la rappresentazione di un realtà estremamente povera e degradata (tipo quella di “Bassifondi”). L’intento è più che nobile: dare onore, risalto e dignità a una categoria di persone (i Miserabili alla Victor Hugo) in genere negletta o disprezzata. Il risultato non è però perfettamente riuscito. Purtroppo Kurosawa è caduto suo malgrado nella trappola del didattico e dell’edificante, che in genere era riuscito brillantemente ad evitare nei film precedenti.
C’è da dire che l’epoca in cui si svolge la storia del film (l’Ottocento), il soggetto e il punto di vista (critico e militante) spingono quasi a un tale trattamento (si pensi a Hugo stesso, a Dickens). Solo che questo metodo ha efficacia se si ha di fronte un forte riscontro realista.
Nell’Ottocento non si faceva alcuno sforzo, bastava aprire la porta di casa ed ecco che tutta la miseria, la malattia, il vizio e il degrado si presentavano davanti in maniera persino più orribile di quella descritta nella finzione. Nel Novecento del benessere si fa più fatica ad avere un coinvolgimento diretto e l’effetto è quello di una predica o di una lezione morale. Solo se il film avesse avuto un risvolto molto vivo e realistico, da vita in corso d’opera, allora certamente l’effetto sarebbe stato più diretto e meno mediato.
Come detto, tutto è trattato in maniera lenta e quasi enfatica. Ce ne accorgiamo fin dalle prime scene quando Yasumoto entra nell’ospedale diretto dal dittatoriale e laconico dottor Barbarossa. C’è gente molto malata e derelitta eppure regna un silenzio di tomba, non una chiacchiera, non un brusio, non un lamento. Già questo rende l’idea di astrazione più che di realismo.
Toshiro Mifune interpreta Barbarossa come se fosse Sanjuro che abbia abbandonato la katana e abbia indossato il camice da dottore. Che sia lui lo si vede nella scena del bordello, dove da solo stende a terra una decina di bruti, per poi preoccuparsi di curare le ferite e steccare gli arti fratturati (!). L’atteggiamento laconico, riservato non aiuta a definire bene il personaggio. Kurosawa ha scritto che avrebbe preferito un’interpretazione alla Sanada (il medico de “L’angelo ubriaco”) cioè imperfetto e perciò più umano; di conseguenza se l’è presa proprio con Mifune per la non riuscita del film. In realtà è in tutti i personaggi del film che manca qualcosa di imperfetto che li renda più plausibili e credibili. Il sublime e la rarefazione non si adattano evidentemente ai figli della miseria.
Fatto sta che le scene che mi sono piaciute di più sono quelle in cui le lavoranti anziane dell’Ospedale scherzano o prendono in giro un personaggio; sono scenette divertenti e deliziose, le uniche veramente “umane” del film. Comunque c’è da dire che la vicenda insegna tante cose, in fondo non è un film noioso e come al solito è girato in maniera magnifica. Se vi capita fra le mani un’occhiata gliela si può dare tranquillamente (anche se dura quasi 3 ore).
Comunque, ora ho capito perché nessuno voleva più produrre film a Kurosawa.

3 risposte al commento
Ultima risposta 28/04/2011 17.00.10
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Invia una mail all'autore del commento wega  @  22/12/2007 12:57:45
   6 / 10
Non mi ha convinto molto, forse il formato cinescope ne risente per quanto riguarda le inquadrature che tanto mi hanno colpito di Rashomon e i 7 samurai. Per il mio personale gusto manca il territorio naturale, con il quale Kurosawa credo riesca ad esprimere al meglio la propria arte, l'esclusiva presenza di interni scenografati, se pur con cura ed una mancanza di una vera profonda introspezione psicologica (altra grande peculiarità dei film di questo regista che ho visto), non mi fanno amare questo film.

2 risposte al commento
Ultima risposta 31/03/2009 18.24.06
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superfoggiano  @  25/11/2007 21:31:43
   9½ / 10
E' un capolavoro senza ombra di dubbio... BEllissimo ti lascia qualcosa dentro...
Non posso mettere 10 per alcune scene un po' evitabili tipo quella dove barbarossa stende una decina di uomini in un combattimento....
ma a parte cio' è un grandissimo film

Beefheart  @  08/07/2007 01:47:33
   6½ / 10
Ennesimo capolavoro mancato, questa commedia drammatica a sfondo sociale fortemente depotenziata da sovrabbondanti dosi di ridondante retorica. Per fare ciò, il regista ci racconta la storia di un giovane e promettente medico, neo-laureato, che viene chiamato ad esercitare in una modesta struttura di provincia, dove, suo malgrado, è costretto a fare i conti con brutture e sofferenze viste molto da vicino. La sua attenzione si sposterà dall'esclusivo interesse iniziale per la carriera ed il successo personale ad una più nobile ed ammirevole abnegazione professionale. Peccato perchè il soggetto del medico che, lavorando in un lazzaretto al servizio dei poveri, pian piano diventa uomo prendendo coscienza di se e della realtà che lo circonda, è tutt'altro che sterile o banale, eppure gli eventi ed i dialoghi che si susseguono durante le 3 ore di film appassionano alla pari di una lezione di buonismo. Per contro, le sequenze girate all'interno dell'ospedale, tra cucine, camere, corridoi, degenti, personale di servizio, medici e quant'altro potesse completare il ritratto umanitario messo in scena, sono veramente meritevoli. Degna di nota anche l'interpretazione di Toshiro Mifune, questa volta nel ruolo del dottor Barbarossa, primario della struttura ospedaliera, in un concentrato di serietà, dedizione, vocazione, altruismo, generosità e dignità. Insomma, alla fine, tanti (troppi) buoni e nobili sentimenti mi risultano anche poco credibili. Così così.

Gruppo COLLABORATORI bungle77  @  23/03/2006 12:22:19
   9 / 10
Film che sancisce li divorzio tra Kurosawa e Mifune, che in questo film ha preteso troppe libertà nella caratterizzazione del personaggio. il regista rimproverò all'attore di aver puntato troppo sul monumentale nell'interpretazione del suo santo laico.
E' un romanzo di formazione che con Bassifondi e Dodeska Den forma una trilogia sulle miserie umane.
Forse uno dei lavori più pretenziosi di Kurosawa, risulta alle volte un po troppo studiato, riesce cmq con maestria unica a variare il registro narrativo (inserendo addirittura due intermezzi comici).
Sicuramente un must all'interno della filmografia di Kurosawa.

Crimson  @  29/11/2005 11:55:22
   9 / 10
Meraviglioso film di Kurosawa, l'ultimo in bianco e nero, accostabile in parte al successivo (e non capito da tutti) "Dodes-ka den".
Visto che non c'è la trama e nessuno ha ancora commentato il film, mi limito a descriverlo brevemente, per poi farne un vero e proprio commento.
Un giovane medico giunge ad un ospedale gestito da un medico da un nome impronunciabile e per questo chiamato da tutti "barbarossa", per via della sua lunga barba rossiccia (ma no?). Un medico che viene presentato come burbero e strambo, ma che in realtà si rivela ben presto eccezionale, tanto da far cambiare idea al giovane medico, che inizialmente intendeva trasferirsi altrove. Insieme diverranno col tempo una coppia affiatata e salveranno diverse persone con la loro professionalità e umanità.
"Barbarossa" descrive proprio questo, il rapporto medico-paziente come nell'ideale collettivo e della disciplina medica dovrebbe sempre essere, ma che molto spesso non avviene, ossia un legame professionale e al tempo stesso umano. Il medico Barbarossa (troviamo ancora una volta il grandissimo caratterista Toshiro Mifune, qui se non erro alla sua ultima interpretazione in un film di Kurosawa) è tutto questo: un professionista di grandissimo calibro, e una persona di grande lealtà soprattutto. A volte si comporta facendo degli strappi alle regole, e se ne rimprovera moltissimo, tra lo stupore generale perchè la sua azione è di una magnanimità fuori dal comune e non occorrebbe rimproverarsi.
E' un film molto lungo, caratterizzato soprattutto da diverse storie di malati che s'intrecciano nella vita dell'ospedale. Tutte storie molto belle: in particolare mi ha colpito quella della giovane prostituta che viene tratta in salvo dal bordello (a suon di mazzate..Barbarossa si rivela in una scena eccezionale persino un esperto di arti marziali eheh) e viene "riabilitata" dal giovane protagonista.
Un film che non deve spaventare per la sua lunghezza, perchè scorre molto e in modo piacevole, e che và visto secondo me, tra gli altri, soprattutto da chi opera in Sanità.

1 risposta al commento
Ultima risposta 29/11/2005 12.02.14
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