Un racconto memorabile ambientato nella Los Angeles degli anni '20, una storia di ambizioni smisurate e di eccessi oltraggiosi, che ripercorre l'ascesa e la caduta di molteplici personaggi in un'epoca di sfrenata decadenza e depravazione nella sfavillante Hollywood.
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Non riesco a capire dove stia andando il cinema in questo momento. Critica e pubblico totalmente allo sbando: filmetti come "Tog Gun: Maverick" e "M3gan" esaltati a destra e a manca, incassi stellari, invece pellicole come "Babylon" floppano e che, al netto dei difetti, sfoggiano momenti di grande cinema, scenografie da urlo e una messa in scena della Hollywood degli anni '20 e '30 da capogiro, con un budget sugli 80 milioni che in realtà sembrano più di 200. Personalmente io questo tipo di film li vedrei di continuo, purtroppo adesso la gente sta in fissa con i blockbuster Marvel e simili, e per questo tipo di prodotti come quello di Chazelle c'è sempre meno spazio, vedi anche il flop al botteghino.
Chazelle butta un sacco di carne al fuoco, non riesce sempre a gestire il grosso materiale a disposizione, prende spunto da "Hollywood Babylon" di Anger e gira un film esagerato, caotico e dirompente. Una coinvolgente cavalcata del passaggio dal muto al sonoro, in cui i personaggi si destreggiano tra feste e set cinematografici. Il regista americano tiene le redini, anche se ogni tanto oltrepassa i limiti (il segmento con Tobey Magire), forse aggiunge cose che potevano benissimo tralasciate (il personaggio del trombettista) perchè ne carne ne pesce (ha un minutaggio non sufficiente per un approfondimento, troppo lungo per una presentazione). Ma la messa in scena è da urlo e la caratterizzazione dei tre personaggi principali (Jack Conrad, Nellie LaRoy e Manny Torres) al contrario di quello che si dice in giro, è molto buona, nonostante siano degli ingranaggi del racconto generale e del periodo che Chazelle vuole mostrarci. Ascesa e caduta per Nellie, fragorosa discesa per Conrad dopo un essere stati al top, il percorso di Manny forse è quello più particolare e originale. Performance del cast superlative. E poi c'è la questione durata, le tre ore non pesano affatto. Menzione speciale per la colonna sonora, alti livelli.
"Babylon" a mio avviso è insieme a "Whiplash" il miglior film di Chazelle (potrebbe diventare un cult sul lungo termine ed invece "La La Land" a suo tempo lo avevo ipervalutato, rivisto perde qualcosa). Sinceramente poi non ho capito questo astio della critica. Non hanno solamente affossato un film, ma probabilmente hanno disintegrato un tipo di cinema che sta andando a scomparire. Invece questi esaltano "Marvel & affini" senza alcun senso, forse l'unico motivo è che i dollari delle grosse case di produzione fanno gola. A proposito, "Babylon" anche se in modo secondario, parla anche di questo: in una sequenza Manny dice -non sono abituato ad avere a che fare con i gangster- Il Conte risponde -non sono peggio delle persone del cinema per cui lavori-
E' un film caotico e selvaggio, specialmente nella prima parte, che può ubricare o confondere ma non nego un certo fascino magnetico della messa in scena. Dopotutto se questo film si intitola Babylon un motivo ci sarà. Per regia, fotografia, scenografia e costumi nulla è un film molto curato nei dettagli e tutto l'inizio della festa è un piccolo gioiello. Tuttavia la magniloquenzia visiva non è all'altezza dei contenuti e specialmente dei personaggi. Su quest'ultimi nulla da dire alle performance attoriali, ma non hanno profondità da poter enfatizzare con caratteri che si rivelano ripetitivi e da dialoghi altrettanto ripetitivi e banali. In tre ore e passa di film ci sono momenti da ricordare: oltre alla festa iniziale, la "gita" nei bassifondi infernali di Los Angeles con un McGuire dallo sguardo malsano come pochi, la scena della colorazione del trombettista nero, perchè poco...nero. In tal senso il personaggio dello stesso Palmer mi è sembrato un corpo quasi a sè stante nel film, se non con lo scopo di dare un senso a tutta la sequenza del party con la gente che conta in cui il suo personaggio, insieme a quello della Robbie e di Calva vogliono ottenere una legittimità dall'alta società. Non è un brutto film, però pur avendo degli indubbi pregi (tecnici), ci sono anche molti difetti (personaggi soprattutto). E' uno di quei film che possono definirsi divisivi.
Lo scoppio della crisi virale nel marzo 2020 ha spinto i filmmaker più lungimiranti a sfruttare la chiusura delle sale, le più o meno discutibili politiche sanitarie atte al contenimento dei contagi e la rapida ascesa dell'intrattenimento on demand come spunti per riflettere lo stato dell'industria hollywoodiana a cent'anni dalla sua fondazione. Damien Chazelle si unisce alla cricca, dimostrando di amare incondizionatamente l'arte a cui si è consacrato, al contrario dei rozzi e ipocriti meccanismi del sistema industriale su cui essa si regge. Il discorso metatestuale prende vita con lo stile barocco del regista di La La Land (in questa occasione proiettato verso l'immaginario del grande cinema americano a cavallo tra Anni Venti e Cinquanta), traducendosi in un mosaico irriverente e post-moderno che a più riprese sembra voler fornire una risposta complementare all'ultimo Tarantino. Tralasciando la ben visibile abilità nella gestione di ogni componente registica e nella ricostruzione scenica, di gran pregio sono tutte quelle sequenze dedicate al processo creativo dei film, ben incastonate in una storiografia visuale sulla transizione muto-sonoro, con tutte le evoluzioni tecnologiche derivate. Equamente straordinaria è l'atmosfera da baccanale noir che ammanta le vicende: più che Babilonia, Hollywood pare un Olimpo popolato da divinità del tabloid in preda ai capricci e ai vizi più sfrenati, disincantate vittime della propria brama d'immortalità. Purtroppo Chazelle regista non esplicita la stessa raffinatezza con la penna. La sua sceneggiatura velleitaria perde ben presto il senso della misura nell'accumulo di sottotrame, sottotesti e personaggi labili; fin troppo spesso si ha la sensazione che il film non sappia quale direzione prendere e che i protagonisti compiano un percorso evolutivo di cui viene mostrato solo lo stato iniziale e quello finale, suscitando non indifferenti dubbi. Maldestri inoltre i tentativi di dare profondità tramite dialoghi didascalici, mentre tutte le soluzioni visive atte a scioccare (il vomito, la *****, lo sperma) alla lunga imbarbariscono l'operazione, risultando superflue. Incolpevole il cast, che chiaramente si trova intrappolato in ruoli tagliati con l'accetta. Tra Brad Pitt col pilota automatico e un Jovan Adepo che pare passato per caso sul set, spicca la mimesi di Margot Robbie nei panni della menade Nellie LaRoy, facilmente tra le icone del nuovo decennio. Tobey Maguire è l'insospettabile sorpresa del film, non fosse per la natura filler della sua storyline. La sequenza finale con immagini di Avatar, Matrix e altri titoli seminali è quanto di più ricattatorio e spudorato potesse offrire un film come Babylon, esempio di cinema commerciale che, pur mirando all'atto d'accusa contro l'industria che minaccia l'arte, finisce per adagiarsi tra gli allori della stessa industria.
Signori, questo è un GRANDE film. Certo, difficile potesse avere successo visto il casino che c'è dentro: un film promosso come se fosse una storia d'amore tra un'attrice tra (Margot Robbie) ed un maturo attore (Brad Pitt) e che poi invece è tutt'altro e inizia letteralmente con
Un'orbita in cui una tizia fa la pipì su un tizio enorme, nudo, che gliene chiede ancora
capisco possa essere giusto un filo spiazzante.
Però se si accetta di stare al gioco si esce dalla sala ultra soddisfatti, ebbri di adrenalina, musica, colori, passione e pure una buona dose di grand guignol
Certo non mancano i difetti: nonostante il ritmo sia sempre sostenuto e non ci si annoi mai, con una trentina di minuti in meno il film sarebbe potuto essere un sontuoso capolavoro: c'è troppa carne al fuoco ed alcuni personaggi secondari sono troppo sciapi per colpire nel segno (tutta la sottotrama di Sidney Palmer, per quanto importante a livello di significato, è troop slegata dal resto è spezza troppo il ritmo). O forse è solo che Margot Robbie è così brava che tu vuoi solo sapere che ne sarà di lei, e te ne freghi del resto: assurdo non sia stata candidata all'oscar.
Come assurdo è che non sia stato candidato Chazelle: la regia di Babylon è INCREDIBILE, e la scena della festa iniziale, con le sue carrellate furiose ed i suoi piani sequenza infiniti, è da storia del cinema. O lo sarebbe stata se il film non avesse incassato così poco. Ah, per non parlare della scena
Del suicidio di Jack Conrad, tutta girata a camera fissa, fuori dalla porta della stanza, quasi a non voler disturbare la solitudine e la tragedia di un personaggio fragile dietro la patina di baldanza.
Ah poi musiche meravigliose, scenografie sontuose… Babylon è tutto ciò che un film dovrebbe essere, e lo è in modo roboante, fracassone, chiassoso, cotazionista all'estremo (c'è n'è anche per nuovo cinema paradiso) ma onesto. E andatelo a vedere, dai, se vi piace il cinema: non ne resterete delusi. Forse.
Cominciamo dai punti di vista, Babylon è un film sicuramente imperfetto nella sua enorme, variegata, caotica ed esagerata messa in scena. E un film che non guarda in faccia a nessuno, che ti defeca letteralmente addosso, senza contare alcool,droghe,sesso promiscuo, perversioni e vomito. Ma lo fa non perchè voglia piacere, ma perchè DEVE essere così. Risulta troppo lungo, forse troppo verboso ma rispetto ad Amsterdam i dialoghi funzionano MEGLIO, non ci sono praticamente tempi morti ed è stato un flop. Il pubblico americano, ma non solo oramai è praticamente succube di sette categorie cinematografiche: film per bambini, film per bimbiminkia,franchise,remake,sequel,requel e streaming. Quasi ovvio che un film in cui un elefante caca addosso alla gente o un tizio mangia ratti vivi sarebbe stato semplicemente ignorato, sapete i valori sono ALTRI, un Maverick per esempio. Babylon ha un cast della madonnina che non fa una piega per quanto sia PERFETTO sotto tutti i punti di vista. Parliamo di Margot, ma ne vogliamo parlare? Ok io sono di parte perchè sto ancora cercando il modo di chiederle in inglese(scolastico) se posso andare in California, insomma avrà bisogno di un altro assistente, sono un eccellente autista, giardiniere, commesso eccetera. Margot è un accidenti di uragano, ma non perchè VOGLIA farsi notare, perchè è semplicemente una delle CINQUE attrici americane più in parte della sua generazione. Perfino quando il film non gira, ha una trama banale, lei dà sempre il massimo, vedasi Amsterdam. Comunque Margot Robbie merita come minimo la nomination, e come massimo di vincerlo il primo Oscar della sua carriera. Perchè fa la differenza, l'altro che la fa è sicuramente Brad Pitt, signori, Brad Pitt, cioè Brad Pitt non ha mai vinto uno stramaledetto Oscar. Ora non è che gli Oscar siano le tavole della legge, ma ogni tanto, dico OGNI TANTO rispecchiano la cartina di tornasole della cultura cinematografica di massa. Toppando clamorosamente subito dopo. Con questo e apro parentesi dico che un film sui cannibali debba avere DIVERSE NOMINATION, chiusa parentesi. Comunque Brad oramai è come un vino pregiato, invecchiando migliora, ancora, ancora e ancora. Qui altro che c'era una volta ad Hollywod. Chazelle si mangia il compito scolastico di Tontolino con tutto il cucuzzaro. Anche lì c'era Margot, ma il regista americano più sopravvalutato della sua generazione era interessato soltanto a mostrarne i piedi.... Insomma questi due attori danno prova di un talento enorme, soprattutto non si INCONTRANO PRATICAMENTE MAI nel film, fateci caso. Perchè rappresentano i due mondi estremi, la ragazza che VUOLE essere una star, tanto da essere capace di piangere a comando, e l'uomo che ha attraversato il cinema dalle sue origini, creandone la fama, ma perdendo infine la battaglia con se stesso, così come Nellie Le Roy scomparirà tra le strade buie di una Los Angeles notturna. A fare da train d'union c'è Manny, un Diego Calva esordiente in un film americano, con una discreta gavetta in quello messicano. Parte tutto da lui, è il testimone di QUASI tutto, da tuttofare ad assistente, da assistente a produttore, fino alla fine. Perchè Hollywood non perdona, e Chazelle l'ha capito benissimo e una nomination non tanto per la regia, ma per la sceneggiatura, scenografie e fotografia la merita.