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L'emporio dei destini incrociati. Il terzo film di Wong Kar-wai tracima tutta l'ambizione di un autore ormai plasmato che si vuole misurare con il filone cinematografico cinese per antonomasia. Il genere è il wuxia, ma il regista riduce l'esplosione violenta (ammantata di aura "subliminale" dagli step-framing di Christopher Doyle) ad appendice delle sofferenze sentimentali, del ricordo e del tempo negato. Onore e dignità, sullo sfondo di un non-luogo metafisico e di una narrazione frammentata, tra Kurosawa e Leone, dove il ricorso alla natura morta si giustappone allo spargimento di sangue e la macchina da presa sta sempre attaccata agli attori (tutti magnificamente languidi) per captarne anche i più impercettibili sussulti. La riedizione del 2008 (raro caso di director's cut più breve della versione cinematografica), con una color correction più spinta nei toni caldi, riflette maggiormente l'evanescente arsura delle atmosfere. Un'opera d'arte, forse l'apoteosi stilistica di Wong.
Un wuxia talmente atipico da non sembrare tale. La particolare ambientazione del deserto lo rende ai limiti del metafisico. Gli scontri ci sono ma sono quasi come schegge impazzite ed intellegibili. Intorno a questa locanda desolata, ai confini stessi del mondo, si incrociano gli elementi della terra come i punti cardinali. lo ying e lo yang. I personaggi stessi sono alle prese con delle battaglie, ma quasi sempre contro se stessi ed i loro demoni interiori. Il peso della memoria è un dolore che vorrebbe essere destinato all'oblio, ma ritorna a tormetarli. Un Wong Kar-Wai dal talento cristallino, dotato di una visionarietà straordinaria che unisce il genere al melodramma romantico, tanto da fare di questo un caso unico all'interno dello stesso wuxia movie.
Wuxiapian atipico che mette combattimenti e spettacolarità in secondo piano preferendo lasciar parlare i protagonisti, i loro sguardi e i loro sentimenti. Tema principale lo scorrere del tempo che abbraccia amori, rancori e desideri di vendetta. Bellissima la fotografia e straordinarie le interpretazioni.
Storie di uomini e donne nel deserto: il Kar-wai metropolitano è forse un'altra cosa ma la sua poetica la troviamo tutta anche in questo spazio delimitato dal cielo e dalla sabbia.
Un bellissimo concentrato di immagini e suoni dove il regista,il grande Wong Kar Wai, trasforma il genere wuxiapian con risultati inediti per il genere, grazie a una certa astrazione e portando in primo piano il travolgente gioco delle passioni umane. Un concentrato di più storie con diversi protagonisti che vanno e vengono tra le sabbie del tempo, e s'intrecciano in un unione di significati. Bravissimi tutti gli attori e splendida la fotografia. Visto in versione Redux appena uscita in Italia ma non doppiata.