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Violentissimo, ruvido, crudo, tecnicamente perfetto. Bravissimo Phoenix (che ad ogni film diventa più bravo) dalla forma fisica appesantita apposta per l'occasione. Resta però troppo penalizzato dall'atmosfera di giù visto: la struttura della trama, tranne qualche slancio di inventiva
Film che si era fatto un pò notare a Cannes quasi tre anni fa, che qualcuno paragona a Drive, anche se non c'entra assolutamente nulla... Comunque la regista esce dall'anonimato grazie all'interpretazione di Phoenix che qui sembra già in preparazione del ruolo che lo consacrerà l'anno dopo, Il Joker. L'uomo che interpreta è uno sbandato, ex-militare, afflitto dallo stress post-traumatico, non sappiamo niente di lui. Vive con la madre anziana e malata, e intanto svolge l'incarico di sicario. La violenza è rapida, senza fronzoli, mai gratuita, spesso avviene fuori camera, come quando spara ai due intrusi nel suo appartamento. Il film a tratti rallenta, gira intorno a Phoenix, lo squadra, ne evidenzia i limiti, poi l'uomo si ritrova a salvare l'ennesima ragazzina vittima di rapimento e stupro, ma le cose non vanno mai come dovrebbero
il padre della ragazzina, un senatore americano si suicida, forse perchè ha scoperto che dietro il rapimento della figlia e non solo c'è il governatore dello stato, forse addirittura l'ha fatto uccidere. Ma l'uomo si muove, uccide, e alla fine scopre che anche la ragazzina ha ucciso il suo aguzzino.
Un Drive più soffocato. Atmosfera, dialoghi quasi inesistenti, colonna sonora ricordano il gioiello di Refn. E credo che lo omaggino pure (scena finale al distributore con primo piano dell'orologio). La musica è davvero la cosa più bella, specialmente quando fa rumore piuttosto che suonare canzoni vintage.
Un grosso cane randagio si aggira per le strade torbide che portano a edifici vittoriani degenerati. Il suo mestiere è la caccia, le sue prede i responsabili dei traffici di baby prostitute, con incesto e pesante coinvolgimento di politica e polizia. Forse si è un po' esagerato nel modellarlo a colpi grezzi di martello. Infanzia, guerra, FBI: un'esistenza all'insegna della violenza e dei traumi che sarebbe stata devastante considerando anche solo uno degli scenari proposti in flashback. Ne esce una mente piena di demoni e ricordi, difficile anche da curare. Di marcio, comunque, non c'è solo la mente del protagonista.
La grande particolarità del film è che tende a sottrarsi più che a invischiarsi. La regia e lo splendido montaggio girano intorno alla violenza, te la fanno intuire, non è mai esposta gratuitamente. E anche Jo è quasi un protagonista in secondo piano. Bello, se si fosse indugiato un po' meno sulla barba tribolata di Phoenix, sarebbe stato anche meglio.
Film a difficile digeribilita' a cui certo non si puo' negare un certo fascino stilistico. Una regia che decide di escludere qualsiasi spettacolarizzazione, perfino nel finale dove le telecamere inquadrano solo il passaggio, gia' avvenuto, del sanguinario protagonista mentre esegue la sua vendetta. Affascinante ma non certo perfetto.
Il paragone con TAXI DRIVER è un po' azzardato ma non completamente campato in aria, visto che alcune dinamiche e alcune caratteristiche dei personaggi sono simili. Ma A BEAUTIFUL DAY non ha quella scarica di adrenalina che gli faccia fare il salto di qualità. Il tanfo di marcio si sente sia nella psicologia disturbata del personaggio di un bravo Phoenix e sia nel racconto di una storia però un tantino enfatica per come si presenta, ma non mi ha coinvolto più di tanto e, complice un ritmo non sempre elevatissimo, non mi ha preso in modo particolare. La sufficienza però se la merita tutta.
Film difficile con uno straordinario, affaticato e disorientato Joaquin Phoenix, che pervade il film. La regia è ambiziosa, ma il tutto manca di pathos. Un film più che sufficiente, che avrebbe potuto essere decisamente grandioso.
Thriller sui generis nei meandri della mente di Phoenix, dilaniato da un'infanzia brutale che si è ripercossa sulla sua vita: ma se musiche, regia, fotografia e montaggio, cioè il comparto tecnico, funzionano e danno suggestività alla pellicola, la stessa finisce per avvitarsi su se stessa nella ripetizione e nel gioco tra la realtà e la mente di Phoenix, fino a diventare confusionaria e soprattutto lesiva dello svolgimento stesso del film, che appare poggiato su un trama che si assottiglia momento dopo momento. Diciamo che c'era il materiale per produrre qualcosa di più riuscito.
L'ho visto ieri sera con mio madre. Mi è piaciuto, non poco, e anche a mia madre è piaciuto. Sono di parte perché amo Phoenix e tutto ciò che fa, ma questo film ti prende poco a poco, entrandoti sotto pelle. E' un film violento, non tanto nelle immagini, quanto nella storia, che riguarda uomini potenti che tengono sotto schiavitù povere innocenti. Un film crudo, di riscatto, di vendetta, ma anche un film compassionevole, che mostra come sia difficile sfuggire al male.
Bellissimi i primi dieci minuti da video-clip, poi il film si rivela per quello che è: un eroe disturbato e coraggioso che tenta di fare giustizia delle brutture del mondo (in questo caso, la Pedofilia), con un percorso di sanazione\ossessione della propria infanzia. Nulla di nuovo e nulla di straordinario, dopo tutto, ma il ritmo è assicurato e Joaquine Phoenix straordinario.
E' un film non facile da seguire perchè la Ramsey lo asciuga quasi totalmente da qualsiasi esplicazione narrativa. E' una storia che viene raccontata a grandi linee, più da intuire che da spiegare. E' il percorso di un individuo devastato in tutto e per tutto. Flashback di guerra e di infanzia che lo hanno trasformato in un disturbato mentale dalla brutalità sanguinaria ma capace di essere protettivo verso un'innocenza violata che nel suo schema deve essere preservata dalle brutture ad ogni costo. E' un film che pur occhieggiando un po' a Taxi Driver ci fa osservare la persona, sfocando i contorni della storia in cui è coinvolta. Faticoso, ma visivamente affascinante in ogni suo dettaglio e con Phoenix in grandissimo spolvero.
Perchè montano il film dando comparazioni con Taxi Driver alzando troppo l'asticella ed inevitabilmente portando il voto e la critica verso il baratro?1 Un film carino, buona la regia, però manca quel ritmo e quella profondità che avrebbe creato più coinvolgimento. Bravo Phoenix
Sicuramente non si tratta di un film che il pubblico mainstream potrebbe apprezzare più di tanto: diciamo che in fin dei conti è lo stile che prevale sulla sostanza di una trama vista e rivista mille volte. Ciò che rende sostanzialmente unico questo film è il suo protagonista e il modo in cui questo personaggio evolve nel finale: più che di un eroe, stiamo parlando di un antieroe, che non salva la vittima dai suoi carnefici ma che viene piuttosto salvato da essa contro i fantasmi della propria mente. Ottimo film, da non perdere ( ma non aspettatevi un film alla Taken, John Wick o Atomic Blonde...)
Bravissimo Joaquin Phoenix nel raccontare i traumi di un personaggio straziante e complesso, tuttavia la regia, in parte onirica e frammentaria, penalizza il film rendendolo privo di pathos. Nel complesso un buon film, ma poteva essere di gran lunga un prodotto migliore.
Forse una donna riesce a descrivere la solitudine meglio di un uomo. Poi se è pure brava sotto il profilo artistico allora non può che uscirne un film dal grande impatto stilistico ed emotivo.
Da sottolineare immediatamente la grandiosa performance di Joaquin Phoenix: la sua figura totalizzante, dolente e dolorosa, trasandata, quasi robotica ma agile e spietata all'occorrenza, riempie un film in cui Lynne Ramsay fornisce una visione non scontata di giustizia e umanità unite al disagio, in quello che è uno spaccato urbano da noir in cui a dominare non sono atmosfere raffinate e rarefatta ma acuminate e mortali frecce pulp. La prostituzione minorile va a braccetto con la politica come in uno dei più classici esempi di insopportabile marciume, solo il grande senso morale di un uomo richiamato al proprio dovere nella (bellissima) scena del lago può fare la differenza. La storia frammentata, priva di alcuni tasselli, si adegua alla memoria deficitaria del protagonista rimasto incastrato in paurosi ricordi infantili e in squarci di una guerra troppo crudele per essere vera. La scelta di spiegare poco potrebbe risultare respingente, a Ramsay però interessa scandagliare la psiche più che eccellere nella narrazione, analizzare l'orrore in cui l'azione è semplice catarsi di un bisogno distorto qui applicato a favor di bene. I punti di contatto con "Taxi Driver" ci stanno, come la presenza del martello fa molto "Old boy", tutto resta però meno eclatante e più caotico come in una dimensione in cui realtà, allucinazione e ricordo si mescolano fornendo un quadro mentale sicuramente a rischio e tendente alla brutalità, ma impregnato anche di profonda delicatezza esibita col giusto livello di imbarazzo nel rapporto con la madre e con la giovane vittima. Ramsay tratta la violenza in modo personale e vario; lasciandola fuori campo, mostrandola anestetizzata attraverso telecamere di sorveglianza o facendola esplodere quando meno ce lo si aspetta, soprattutto eleggendola a filo conduttore di una pellicola in cui l'ostinata (e per lo più convincente) ricerca estetica si sposa con un racconto guidato dagli istinti danneggiati del protagonista, istinti che diventano note nella strepitosa e dissonante colonna sonora. Dopo il fantastico " … E allora parliamo di Kevin" e il misconosciuto ma altrettanto valido "Ratcatcher" un altra dimostrazione di grande talento da parte della regista scozzese.
visivamente perfetto, algido, gelido ma purtroppo da un punto di vista narrativo è terribile. Molto lento, sembra un esperimento cinematografico volto a cercare il capolavoro ma senza riuscirvi minimamente. Minuziose le inquadrature, studiati i particolari, gli effetti di luce. Captati i silenzi. Ma non ci siamo per poterlo definire di buon livello. troppo lento quasi al limite del sonno.
Onirico, metropolitano, violento. "You Were Never Really Here" dividerà non poco. Difficile fare un'analisi per un film del genere. Ci ho visto echi di "Taxi Driver", "Drive" di Refn e Cronenberg, ma la Ramsay ci mette la personalità, discostandosi parecchio dalle pellicole medie di un genere abusato com'è quello di criminalità e vendetta. I dialoghi sono ridotti all'osso, la violenza brutale (spesso fuori campo), l'atmosfera coadiuvata dalle musiche di Greenwood sono sicuramente di grande fascino, ma allo stesso tempo, manca qualcosa per farlo entrare tra i film da annoverare in questo genere. Rimane un senso di incompiutezza, dovuto ad una seconda parte che esprime meno di quello che manteneva. Tuttavia, ci sono diverse scene che rimangono impresse
Tipo quella in cui Joe rimane accanto al sicario morente e gli stringe la mano e cantano assieme una canzone, oppure il finto suicidio finale
Magnifico Joaquin Phoenix nella parte di Joe, ex soldato, ora un po' disturbato con tendenze suicide e dedito a lavori sporchi a pagamento. Ruolo perfettamente nelle sue corde.
"You Were Never Really Here" è un discreto prodotto, con dei lampi e qualche recriminazione su quello che poteva essere un grande film e fondamentalmente non lo è. Peccato.