default (2018)

Un ibrido tra il dramma da commedia, il documentario ed il film d'inchiesta con il quale Soderbergh entra all'interno del fallace sistema economico fiscale americano - e non solo - per raccontarcene le storture e le ambiguità, sempre comunque con il sorriso sulle labbra. Da questo punto di vista Banderas ed Oldman sono due grilli parlanti colpevoli e perfetti per la parte, ed una Streep eccezionale ( in un doppi ruolo ) come testa d'ariete per fare saltare la baracca d'inganni ed ipocrisia che regge il sistema; però nel complesso c'è troppo spettacolo per credere veramente al grave messaggio di fondo contenuto nello script e anche troppe storie estemporanee di poveracci o furbetti da seguire, tutti alla fine puntualmente fregati dalla caduta del castello. Insomma, lo stile va bene, ma questo deve sempre essere al servizio della storia, non il contrario, soprattutto in pellicole di chiaro intento sociale come questa. Qui a visione terminata non si sa se ridere o piangere.

Un ottimo cast, molta ambizione, ma se la sceneggiatura è scarsa il film non funziona.
Bersaglio mancato.
Peccato perché l'incipit mi era piaciuto molto.

La bravura di Soderbergh è innegabile anche se il film si perde ogni tanto per strada.

Parte bene, poi diventa un centrifugato di burocrazia... Da evitare

Citando Shakespeare..."tanti buoni attori per nulla..."
Non incide...
Noioso

Steven Soderbergh è un regista che da 15 anni non azzecca più un film che uno.
Dopo alcune pellicole godibili alla fine degli anni novanta e grandi film come Traffic ed Erin Brokovic, davvero non è riuscito a lasciare più il segno.
Il cinema di Soderbergh di certo non può essere tacciato di banalità nello stesso tempo la continua ricerca dell'innovazione, dello sperimentalismo e la destrutturazione della narrazione spesso portano i suoi film ad essere totalmente inconcludenti.
Inoltre la scrittura nei suo film è sempre stato il punto debole, con sceneggiature complesse, articolate in un racconto confuso.
Pertanto non si capisce per quale motivo scegliere un soggetto sulla carta molto interessante, metterlo in scena con grande maestria e poi perdersi in sottotrame inutili e in didascalici interventi fuori camera dei due protagonisti.

Attori amici che si prestano in pellicole senza spessore, un cast sprecato con cammei di Sharon Stone non risollevano una pellicola debole che perde di vista il racconto cinematografico per un taglio documentaristico dove alla fine però non si dice e capisce nulla, se non che nel mondo ci sono società offshore nei paradisi fiscali che nascono criminali... ma va?

La glacialità soderberghiana può essere ustionante quant'un inferno di fuoco o infruttuosa quant'un'area sterilizzata, e una sol'immagine dall'ultima puntata dell'apocalittico "The Knick" (2015) è più ricca d'emozioni di questo funambolico pamphlet di politica finanziaria. Ricorda la deriva d'Abel Ferrara, retrocessosi dalla vena filosofico-teologica a quella dell'impegno civile a carattere pasoliniano. In breve: consigliato esclusivamente agl'amanti di "Petrolio" e dei suoi "derivati".

Mauro Lanari

The Laundromat inizia con una tragedia, un incidente durante una gita al lago che ha provocato dei morti ed ai familiari pochi soldi di risarcimento dall'assicurazione. E' lo spunto che permette di penetrare all'interno di tutto un sistema di elusione fiscale che permette ai ricchi di pagare poco o nulla di tasse, truffando al tempo stesso i riaprmiatori che si ritrovano con un pugno di mosche. Il tutto raccontato in prima persona dalla coppia di avvocati, Mossack e Fonseca, da cui è nata la mega inchiesta dei Panama Papers. Un sostemache il Soderbergh spiega bene, con teminologie semplici senza entrare in complicati accademismi di economia. E' un film dichiaratamente politico, dotato di un sarcasmo tagliente, che mostra un sistema capitalistico che ha smarrito da tempo immemore il senso morale, diventando una tragica farsa dei nostri giorni. Cast di primissima scelta (grandiosa la Streep, ma anche la coppia Oldaman-Banderas). Un film capace anche di far ridere, ma sono risate dal retrogusto amarognolo, capaci anche di far riflettere.