Sette estranei, ognuno con un passato da seppellire, si incontrano nel fatiscente El Royale, un hotel a Lake Tahoe sul confine tra California e Nevada. Nel corso di una notte, ognuno di loro avrà un'ultima possibilità per redimersi, prima che vada tutto in malora.
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La smania di scimmiottare il Tarantinato prende la mano al buon Goddard, che ho preferito alle prese con case boschive. Il problema del film è il voler risultare a tutti i costi originale e tanto, troppo tarantiniano. Se poi ci si aggiunge una sceneggiatura ricca di incertezze e forzature, non si arriva a niente di particolare. Il film poi è allungato all'infinito da scene anche inutili o inutilmente interminabili; lo sfiancante finale dura tipo 40 minuti ed è messo lì per imitare pallidamente i redde rationem di Tarantino, ma ne esce una sequenza in fin dei conti soporifera e senza vero pathos. Nota positiva Jeff Bridges, che più invecchia più diventa iconico - guardatelo in lingua originale, una recitazione pazzesca. Degne di nota anche le musiche, ma vabbé, non è che ci voglia molto per uno come Giacchino a inventarsi motivetti in stile anni '60, o a Goddard selezionare jazz e blues da quel bacino sconfinato dell'epoca d'oro di quei generi.
Non ho proprio colto perché Darlene tiri la bottigliata in testa a Jeff Bridges. Ha la vista di Wonder Woman, e trapassa il corpo del reverendo per rendersi conto che le sta mettendo qualcosa nel drink? Inoltre non mi è per nulla chiaro quale fosse il motivo della missione in incognito dell'agente FBI.