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IL NASCONDIGLIO regia di Pupi Avati

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7 / 10  17/11/2007 00:22:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Se solo Pupi Avati avesse giocato ancora più di sottrazione (rendendo per esempio talvolta irriconoscibili le voci infantili), il film sarebbe stato un piccolo capolavoro di horror gotico e non solo il buon film che effettivamente rimane.
Bisogna riconoscere al regista emiliano il coraggio di rischiare, sempre e comunque, anche quando, convinto dalla superproduzione a creare un Must partorisce uno sprecato ibrido (è il caso di Bix, forse il più costoso progetto cinematografico della sua carriera).
L'Avati artigianale, quello delle derive gotiche e horror, ha realizzato cult come "La casa delle finestre che ridono" o l'ottimo "Magnificat", ingiustamente passato quasi inosservato.
Lo script de "Il nascondiglio" è intrigante assai, ma con qualche riserva: come può essere credibile una schizofrenica-manager (è nata una nuova moda?) che, uscita dall'ospedale psichiatrico, ottiene in breve tempo patente e permesso di aprire un ristorante italiano?
Con tutto il rispetto per chi soffre di disturbi mentali, mi sembra che la realtà sia un pochino diversa.
Qualche dubbio permane anche sulla co-produzione italia-Usa: se lo stile del regista è riconoscibile, la necessità di spodestare il mercato d'oltreoceano rischia di far perdere contatto con la credibilità dello stile Avatiano. Invece...


invece il film è una piacevolissima sorprese, malgrado queste riserve, ed è azzeccata la scelta dei comprimari: da una maliarda come Rita Tushingham, ormai a proprio agio in questi ruoli diabolici, a un redivivo Treat Williams, senza contare una Sidney Rome talmente avvizzita da sembrare la sosia di Ingrid Thulin (fateci caso).
Molto efficace anche lo svolgimento di una storia che si svolge tra passato (anni cinquanta) e presente, offrendo via via diverse chiavi di lettura, e la notevole capacità del regista di procurare veri e propri brividi di terrore partendo da elementi reattivi (vettori) come le grate che portano a dei passaggi superiori.
In bilico tra Tobe Hooper e "Il visionario" di Schiller il film riesce ad essere credibile nella sua capacità di mettere a dura prova l'emotività dello spettatore, perpetrando per questo una serie di "rivelazioni" che rendono il clima malsano anche senza eccessivi spargimenti di sangue (cosa che dovrebbe imparare a fare Dario Argento).