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QUARTO POTERE regia di Orson Welles

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     10 / 10  20/05/2007 00:15:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Obiettivamente e tardivamente, trovo irrilevante commentare quello che è probabilmente il film più famoso della storia del cinema, ed è un giudizio confermato anche dalle liste sui più grandi capolavori del cinema di tutti i tempi, dove solitamente risulta ai primissimi posti della classifica.
Se non è mai stato tra i miei 10 favoriti, è soprattutto per la scarsa empatia emozionale e umana che ha avuto su di me un personaggio come Kane, figura epica resa sullo schermo con un'apologia che è allo stesso aspra requisitoria e imperiale.
Un cinema massimalista che irrompe sul tradizionalismo Americano mettendo a repentaglio gli studios che, davanti al nuovo Eric Von Stronheim, ovvero il giovane Welles, speravano di essersi finalmente liberati dalla massiccia e impetuosa presenza del geniale e megalomane regista di origine austriaca, ormai passato alla recitazione per il resto della carriera.
Un venticinquenne mette a repentaglio Hollywood, umiliando tutta una lunga serie di professionisti consumati ed esordendo con uno dei più magistrali esempi di cinematografia assoluta: immenso in certi virtuosismi tecnici, il film è colossale, sembra appunto un'omaggio a tutti i grandi cineasti del Muto a partire da Murnau, per passare a Von Stronheim, al primo Lubitsch, ad Einsenstein, a Griffith e tanti altri ancora.
Un Geniale Utopista (non per nulla tra i suoi esordi figura una libera trasposizione di "Cuore di tenebra" di Conrad)
Non bastasse, osa sfidare l'estabilishment portando alla rovina la figura di William Randolph Hearst, magnate della Stampa, marito e "protettore" di un'attrice di scarsa fortuna, Marion Davies: questa storia vi ricorda forse qualcuno???
Nel suo espressivo barocchismo, "Quarto potere" diventa un'enorme parabola di una grande Utopia sociale, davanti a cui l'epilogo (o l'inizio) mette alla berlina l'insondabile processo ai destini del Mito, soppresso da una condizione di solitudine che diverrà testamento spirituale e umano di una paura (il demone della solitudine) sempre celata e repressa.
In questo senso, è probabilmente il primo vero esempio di horror sociale