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QUARTO POTERE regia di Orson Welles

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antoniuccio     9 / 10  17/02/2006 17:38:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Finalmente ho potuto vederlo "approfittando" della mia convalescenza in casa.

Come al solito, quando un film viene segnalato come capolavoro, mi finisce spesso nella delusione.
Dopo essere stato deluso da "L'infernale Quinlan" che ancora non voto per accurata riflessione, ho però compreso il "soggetto" Welles: un personaggio fuori dalle righe che intendeva il cinema nel suo personalissimo modo.
Un modo fatto di tecnica registica, di simboli, di enigmi, in cui anche la posizione della macchina da presa è una forma di recitazione. Un modo in cui si recita anche senza parlare, poiché anche una profondità di campo può sostituirsi a molte parole.
Tutto questo "simbolismo" spinto al massimo livello nei suoi film, finisce per distrarre molto dalla storia in sè, che può anche essere abbastanza inconcludente o peggio, povera. In Quinlan si arriva al termine del film con una domanda del tipo"E allora?".
Qui, al termine del film, almeno secondo la mia impressione, resta un senso di insoddisfazione per il fatto che la grandiosità del complesso (tecnica, riprese, sfondi, ampiezza delle riprese, ecc.ecc.) ha celato una storia che sotto sotto, anche se attualissima (come lo sono del resto anche tutti i film di Totò e di Hitch) non è poi dello stesso livello dell'"apparecchiatura".
In poche parole, in Welles si apprezza tutto il lavoro di confezione, ma in generale non è che a soggetto si sia a livelli di eccellenza.
Il film lo apprezzo solo per la confezione, per l'appunto, e per il fatto che è del 41 e tutti ovviamente tentano con successo o senza d emularlo, ma proprio per il mio senso di insoddisfazione evito di mettere 10.

Questo è il mio parere personale, ma non voglio togliere nulla comunque a un film che è giusto citare tra i capolavori. Del resto, quasi tutti i grandi capolavori dell'epoca, avevano molti elementi per essere tali, ma sotto sotto una storia alquanto trascurabile (uno su tutti Via col vento).
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  19/08/2006 13:17:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Eh insomma scrivi sempre meglio, lo sai?
Non condivido il fatto che sia una storia poco interessante, in quanto è indirettamente ispirata alla vicenda del magnate William Randolph Hearst e alla consorte, Marion Davies, che grazie a questo matrimonio sperava di sfondare nel cinema: la Davies, discreta attrice brillante, ha partecipato a una cinquantina di film, sotto il controllo severo e limitante del famosissimo marito (niente baci sul set, niente scene di seduzione, niente di niente) e non è mai riuscita a diventare una star.
Alla fine del film, cio' che resta è soprattutto l'enorme vuoto affettivo di un personaggio che ha incrementato un impero pazzesco, ma come si sa i soldi non fanno la felicità e in questo caso, forse, dell'"Uomo" si sa pochissimo