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RITORNO A CASA regia di Manoel de Oliveira

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elio91     8½ / 10  10/01/2013 10:30:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una riflessione sulla vecchiaia e sul mestiere dell'attore data dal grande vecchio del cinema portoghese, un Manoel de Oliveira all'epoca ultranovantenne.
Sorprende in "Ritorno a casa" lo stile sempre lieve ma sfuggente del regista, uno stile che spesso suggerisce più che mostrare ma allude in modo tale da affascinare (penso alla sequenze in cui Piccoli recita ma noi lo "seguiamo" soltanto attraverso le espressioni del regista Malkovich. Oppure nelle fusioni tra teatro e cinema che riescono a non essere l'una l'opposto dell'altra ma vengono insistite in modo tale che a volte si riesce ad essere rapiti proprio da una Tempesta di Shakespeare oltre che dalla superba recitazione di Piccoli, vero fenomeno grazie al quale l'opera convince cosi pienamente.
Oliveira costruisce lentamente una storia partendo da un evento inaspettato ma la porta avanti senza drammi, con le capatine di eventi che il dramma lo sfiorano spesso ma soprattutto la caparbietà del protagonista Piccoli che resta una roccia, un nonno pronto a sorridere al nipotino che oramai ha solo lui, a rifiutare sdegnosamente contratti che tutto sono tranne che "artistici", a continuare nel suo lavoro e nelle sue abitudini come se nulla dopo "l'incidente" sia cambiato.
Sta qui l'abilità del regista, ovvero quella (non inusuale, un trucco che utilizzerà spesso) di ribaltare la situazione in un finale sospeso, distruggendo tutte le certezze fino ad allora costruite in modo certosino e pacato. Basta un "Ritorno a casa" in piena confusione e stanchezza per capire che ci troviamo di fronte a qualcosa di più che una semplice cronistoria di un attore qualunque (o comunque Grande) ma al peso di una vecchiaia e della memoria che all'improvviso si abbatte sull'attore protagonista.
Non mi sembra un caso che questo accada proprio mentre recita un film nel film, tra l'altro un progetto che spesso abbiamo sentito o desiderato vedere filmare ma tanto imponente e aderente nella sua forma romanzata da risultare impossibile: L'Ulisse joyciano. Un'utopia, qualcosa di troppo grande? Ed ecco che Piccoli all'improvviso si piega, crolla, vaga per le strade perdendo il senso di sé stesso e di chi è, se ne fòtte della ridicolaggine che scatena nei passanti che qualche giorno prima gli chiedevano un autografo gentilmente (e lui altrettanto gentilmente ricambiava).
Uno dei migliori lavori di Manoel de Oliveira, aggiungo comunque la solita raccomandazione che trattasi, il suo cinema, di materiale molto personale e semplicista ma mai banale. Molti potrebbero annoiarsi mortalmente. Al contrario a saper ritrovare le atmosfere del grande vecchio, questa volta non nel suo Portogallo ma a Parigi, mi sono lasciato cullare. E ho trovato il suo miglior film che abbia visto fino ad ora.