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COME TU MI VUOI regia di Volfango De Biasi

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eraserhead     1 / 10  21/11/2007 23:56:18Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un campionario di stereotipi. Non si sforzano nemmeno più di trovare attori bellocci che siano bellocci.
Invia una mail all'autore del commento glucutes@libero  26/08/2009 16:43:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
GIADA NON VUOLE LA GIOSTRINA – di MATILDE PERRIERA
Giada Ferretti, Cristiana Capotondi, studentessa universitaria intelligente ma “schifata da tutti come se avesse la lebbra”; si dedica all'apprendimento delle Scienze della Comunicazione a Roma, ha un curriculum da lode, esiste solo per le sue teorie sui media, scrive con rabbia sui taccuini che nasconde gelosamente. Brufoli, coda di cavallo, occhiali grandi e spessi, abbigliamento dimesso: l’archetipo della secchiona trasandata, contraria a ogni aprioristica forma di mercificazione e di conformazione alla “gioventù bruciata” incapace di “chiedersi cosa hai dentro”. Riccardo Croce, Nicolas Vaporidis, studente svogliato, spaccone, “abituato a stare sulla giostrina”, in conflitto con il padre deciso a tagliargli i fondi perchè deluso dai fallimenti accademici del figlio. Netto il contrasto tra la “sostanza” di lei, “homo sapiens”, impiegata part-time in una trattoria per mantenersi agli studi, e “l’apparenza” di lui, “homo ridens”, spregiudicato “succhiasoldi” che raggiunge il “venti” a stento. Le strade dei due si intrecciano quando Riccardo, per tacitare il genitore e garantirsi la vacanza a Ibiza, chiede a Giada di impartirgli lezioni private. Gli amici gli consigliano di sedurre la ragazza in modo da ottenere le ripetizioni gratuitamente. Le ore passate sui libri li avvicinano. Giada si innamora di Riccardo e, per conquistarlo, si affida allo stilista John Richmond, mettendo in moto uno dei temi centrali della trama in cui l’abbigliamento si trasfigura in protagonista implicito. Le “nuove abitudini vestimentarie” (Marcella Sardo, Moda – identità e comunicazione) trasformano il brutto anatroccolo in teenegers alla moda, ammirata e apprezzata, cigno dalle ali bianche librate nell’aria. La metamorfosi fisica, però, non basta, anche Riccardo deve mettere in discussione i propri valori e maturare insieme a lei una fresca filosofia di vita. Dall’amore reciproco scaturisce una morale profonda: la “nuova” Giada, al di là dei successi, deve recuperare il suo io più profondo ed essere amata per quella che è realmente, mentre il “nuovo” Riccardo, abbandonata, “grazie a lei”, la condotta dissipata, si accorge di amare la Cristiana “di prima”, quella che c’è all’interno. Volfango De Biasi, insomma, ha dato vita a un film di notevole spessore socio-antropologico perchè fa risalire in superficie l’identico patrimonio cromosomico degli adolescenti del XXI secolo, coinvolge il pubblico di giovanissimi e aiuta gli storici a disegnare la nuova Italia in cui, purtroppo, “non si comunica più con la parola ma con l’immagine”. Il tempo della storia, certo, non può coincidere con il tempo del discorso; impossibile, in 107 minuti, elaborare modelli propositivi in un’età in cui “la comunicazione sociale funziona a piramide e al vertice siede chi non fa nulla”. Basilare il messaggio che il regista, pur con le macroscopiche ellissi e l’esteriore entertainment, trasmette; la progressione in climax di emozioni che lo esplicitano, infatti, se, da un lato sottolinea la demistificante etica che antepone l’apparire all’essere “in un mondo abbastanza crudele, anche peggio di come appare nella pellicola” (De Biasi), dall’altro, vuole risalire la china, riallacciare i rapporti umani e far risplendere la luce che alberga in ogni animo.

Invia una mail all'autore del commento glucutes@libero  26/08/2009 16:43:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
GIADA NON VUOLE LA GIOSTRINA – di MATILDE PERRIERA
Giada Ferretti, Cristiana Capotondi, studentessa universitaria intelligente ma “schifata da tutti come se avesse la lebbra”; si dedica all'apprendimento delle Scienze della Comunicazione a Roma, ha un curriculum da lode, esiste solo per le sue teorie sui media, scrive con rabbia sui taccuini che nasconde gelosamente. Brufoli, coda di cavallo, occhiali grandi e spessi, abbigliamento dimesso: l’archetipo della secchiona trasandata, contraria a ogni aprioristica forma di mercificazione e di conformazione alla “gioventù bruciata” incapace di “chiedersi cosa hai dentro”. Riccardo Croce, Nicolas Vaporidis, studente svogliato, spaccone, “abituato a stare sulla giostrina”, in conflitto con il padre deciso a tagliargli i fondi perchè deluso dai fallimenti accademici del figlio. Netto il contrasto tra la “sostanza” di lei, “homo sapiens”, impiegata part-time in una trattoria per mantenersi agli studi, e “l’apparenza” di lui, “homo ridens”, spregiudicato “succhiasoldi” che raggiunge il “venti” a stento. Le strade dei due si intrecciano quando Riccardo, per tacitare il genitore e garantirsi la vacanza a Ibiza, chiede a Giada di impartirgli lezioni private. Gli amici gli consigliano di sedurre la ragazza in modo da ottenere le ripetizioni gratuitamente. Le ore passate sui libri li avvicinano. Giada si innamora di Riccardo e, per conquistarlo, si affida allo stilista John Richmond, mettendo in moto uno dei temi centrali della trama in cui l’abbigliamento si trasfigura in protagonista implicito. Le “nuove abitudini vestimentarie” (Marcella Sardo, Moda – identità e comunicazione) trasformano il brutto anatroccolo in teenegers alla moda, ammirata e apprezzata, cigno dalle ali bianche librate nell’aria. La metamorfosi fisica, però, non basta, anche Riccardo deve mettere in discussione i propri valori e maturare insieme a lei una fresca filosofia di vita. Dall’amore reciproco scaturisce una morale profonda: la “nuova” Giada, al di là dei successi, deve recuperare il suo io più profondo ed essere amata per quella che è realmente, mentre il “nuovo” Riccardo, abbandonata, “grazie a lei”, la condotta dissipata, si accorge di amare la Cristiana “di prima”, quella che c’è all’interno. Volfango De Biasi, insomma, ha dato vita a un film di notevole spessore socio-antropologico perchè fa risalire in superficie l’identico patrimonio cromosomico degli adolescenti del XXI secolo, coinvolge il pubblico di giovanissimi e aiuta gli storici a disegnare la nuova Italia in cui, purtroppo, “non si comunica più con la parola ma con l’immagine”. Il tempo della storia, certo, non può coincidere con il tempo del discorso; impossibile, in 107 minuti, elaborare modelli propositivi in un’età in cui “la comunicazione sociale funziona a piramide e al vertice siede chi non fa nulla”. Basilare il messaggio che il regista, pur con le macroscopiche ellissi e l’esteriore entertainment, trasmette; la progressione in climax di emozioni che lo esplicitano, infatti, se, da un lato sottolinea la demistificante etica che antepone l’apparire all’essere “in un mondo abbastanza crudele, anche peggio di come appare nella pellicola” (De Biasi), dall’altro, vuole risalire la china, riallacciare i rapporti umani e far risplendere la luce che alberga in ogni animo.

Invia una mail all'autore del commento glucutes@libero  26/08/2009 16:42:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
GIADA NON VUOLE LA GIOSTRINA – di MATILDE PERRIERA
Giada Ferretti, Cristiana Capotondi, studentessa universitaria intelligente ma “schifata da tutti come se avesse la lebbra”; si dedica all'apprendimento delle Scienze della Comunicazione a Roma, ha un curriculum da lode, esiste solo per le sue teorie sui media, scrive con rabbia sui taccuini che nasconde gelosamente. Brufoli, coda di cavallo, occhiali grandi e spessi, abbigliamento dimesso: l’archetipo della secchiona trasandata, contraria a ogni aprioristica forma di mercificazione e di conformazione alla “gioventù bruciata” incapace di “chiedersi cosa hai dentro”. Riccardo Croce, Nicolas Vaporidis, studente svogliato, spaccone, “abituato a stare sulla giostrina”, in conflitto con il padre deciso a tagliargli i fondi perchè deluso dai fallimenti accademici del figlio. Netto il contrasto tra la “sostanza” di lei, “homo sapiens”, impiegata part-time in una trattoria per mantenersi agli studi, e “l’apparenza” di lui, “homo ridens”, spregiudicato “succhiasoldi” che raggiunge il “venti” a stento. Le strade dei due si intrecciano quando Riccardo, per tacitare il genitore e garantirsi la vacanza a Ibiza, chiede a Giada di impartirgli lezioni private. Gli amici gli consigliano di sedurre la ragazza in modo da ottenere le ripetizioni gratuitamente. Le ore passate sui libri li avvicinano. Giada si innamora di Riccardo e, per conquistarlo, si affida allo stilista John Richmond, mettendo in moto uno dei temi centrali della trama in cui l’abbigliamento si trasfigura in protagonista implicito. Le “nuove abitudini vestimentarie” (Marcella Sardo, Moda – identità e comunicazione) trasformano il brutto anatroccolo in teenegers alla moda, ammirata e apprezzata, cigno dalle ali bianche librate nell’aria. La metamorfosi fisica, però, non basta, anche Riccardo deve mettere in discussione i propri valori e maturare insieme a lei una fresca filosofia di vita. Dall’amore reciproco scaturisce una morale profonda: la “nuova” Giada, al di là dei successi, deve recuperare il suo io più profondo ed essere amata per quella che è realmente, mentre il “nuovo” Riccardo, abbandonata, “grazie a lei”, la condotta dissipata, si accorge di amare la Cristiana “di prima”, quella che c’è all’interno. Volfango De Biasi, insomma, ha dato vita a un film di notevole spessore socio-antropologico perchè fa risalire in superficie l’identico patrimonio cromosomico degli adolescenti del XXI secolo, coinvolge il pubblico di giovanissimi e aiuta gli storici a disegnare la nuova Italia in cui, purtroppo, “non si comunica più con la parola ma con l’immagine”. Il tempo della storia, certo, non può coincidere con il tempo del discorso; impossibile, in 107 minuti, elaborare modelli propositivi in un’età in cui “la comunicazione sociale funziona a piramide e al vertice siede chi non fa nulla”. Basilare il messaggio che il regista, pur con le macroscopiche ellissi e l’esteriore entertainment, trasmette; la progressione in climax di emozioni che lo esplicitano, infatti, se, da un lato sottolinea la demistificante etica che antepone l’apparire all’essere “in un mondo abbastanza crudele, anche peggio di come appare nella pellicola” (De Biasi), dall’altro, vuole risalire la china, riallacciare i rapporti umani e far risplendere la luce che alberga in ogni animo.