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TEMPO DI VIVERE regia di Douglas Sirk

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amterme63     8 / 10  27/05/2012 23:06:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Senz'altro "Tempo di vivere" rappresenta uno dei film migliori fra queli che cercano di rappresentare la guerra per le conseguenze che si porta dietro, piuttosto che per i suoi lati spettacolari o eroici. Questo film mi ha fatto venire in mente "Niente di nuovo dal fronte occidentale", "L'arpa birmana" e "La sottile linea rossa". Altro film con cui è in parte imparentato è "La grande illusione", per il fatto che cerca di rappresentare i "nemici" come persone umane tali e quali a noi.
Il grandissimo valore del film è tutto qui, nel modo con cui si riesce a comunicare lo stato emotivo e spirituale di chi si trova ad affrontare una guerra, sia dalla parte di chi combatte (i soldati), sia da quella di chi subisce (i civili). C'è da dire che la rappresentazione di Sirk è formalmente molto edulcorata; gli attori sono belli, puliti, sbarbati e soprattutto in carne. Manca lo sporco, la miseria, la bruttezza fisica, la sofferenza materiale.
Se dal punto di vista esteriore è tutto addolcito, dal punto di vista psicologico il film è estremamente efficace, rendendo palpabili, facendoci vivere in prima persona tutte le angosce, la precarietà, i conflitti interiori, l'indifferenza forzata, lo schifo etico con cui convivono i soldati. I civili invece devono convivere con la penuria, con il continuo estenuante suonare delle sirene, con i bombardamenti, i morti e poi con la forzata ubbidienza, le delazioni, l'arbitrio, la prepotenza.
Sirk è bravissimo nel comunicarci in maniera diretta, chiara tutti questi stati d'animo. Peccato che in parallelo si svolga una storia di amore che un po' stona con l'insieme, essendo fin troppo romantica e perfetta. Volentieri perdoniamo anche tutte le forzature e le semplificazioni della sceneggiatura. Tutto è compensato da un finale bellissimo, che da solo vale quasi l'intero film


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La novità di questo film è il tentativo di riscattare il "nemico", facendo intendere che la maggioranza del popolo tedesco era succube e subiva le angherie di pochi esaltati, opportunisti e violenti. Il film in qualche maniera cerca di scacciare l'impressione di "banalità del male" che viene dal comportamento in fondo arrendevole del protagonista. La sua ribellione finale, come pure il sacrificio di tanti oppositori e disubbidienti, ci vuole testimoniare che nonostante tutto l'essere umano conserva sempre e comunque i suoi istinti etici "positivi", che ci sono sempre semi che un giorno potrebbero fruttificare.
Il cinema di Sirk è quello della certezza etica. Gli uomini hanno tutti dentro di sé l'istinto altruista e solidale, semplicemente ci devono credere e lo devono mettere in pratica a dispetto di tutte le norme e le restrinzioni sociali.