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THE COMPANY regia di Robert Altman

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6 / 10  05/06/2005 14:16:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Da ammiratore incondizionato di Altman, ho cercato spesso di comprendere anche i suoi passi falsi, equilibrati da una certa vena ehm analitica sociale - tipo "terapia di gruppo", "pret-a-porter" o "dottor T e le donne". Con "the company" ci riesco solo in parte. Che A. sia ancora capace di guizzi di genio è fuori discussione (v. Short cuts o il sarcastico Gosford Park, ingiustamente bistrattato su questo sito), ma è anche inaccettabile che possa realizzare opere su commissione. The Company ovvero la forza dellì'affiliazione artistica: a tutti gli effetti un'opera di propaganda per divulgare il talento creativo della Joffrey Ballet di Chicago. Lo stile di Altman c'è sempre: un po' accademico, se vogliamo, ma capace anche di farmi vincere la mia reticenza e il generale disprezzo per la danza con coreografie di indiscusso valore Mi sorprendo comunque che a nessuno la prima di Ry sulle note del Lago dei cigni, in un'atmosfera surreale di un'imminente temporale abbia suscitato alcunchè. Il resto è il trionfo del "below the stage", attraverso i clichè e i canoni estetici del sacrificio che da Billy Elliott all'ultimo insopportabile Kaige passano dritti nei salotti dei reality di Maria de Filippi. Poca cosa, in fondo, se messo in relazione con un romanzo di Sinclair Lewis, "bethel arriva a Sladesbury" e ai sogni teatrali della sua protagonista. Il guaio è che in questo schema (ancora una volta) corale e piuttosto ecumenico Altman ci convive almeno come metafora (vaga) del potere aggregativo di un sistema. Ma non è Micheal Powell e si vede: a tratti ci si annoia, nello spiccato snobismo della Nobile Arte e di un fin troppo conciliante ambiente. La danza come teatro di vita... dove ho già sentito questa storia? Con le parole di McDowell "l'unica luce di sè che un uomo puo' lasciare su questa terra è la sua luce". Abbagliato dai riflettori o dalle coreografie (un trionfo del kitsch la rappresentazione finale neanche Stayin' alive era arrivato a tanto) lascio l'indubbia classe alla sua integrità artistica con i dubbi che già operazioni à la Moulin Rouge o Chicago (meglio il secondo) non sono mai riuscite a entusiasmarmi questione di effetto etico, e di una troppo larvata supremazia estetica