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LO SCAFANDRO E LA FARFALLA regia di Julian Schnabel

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amterme63     7 / 10  17/11/2008 19:48:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'evenienza di vivere in una maniera limitante è qualcosa che colpisce duro nell'animo di chiunque. Si riesce a vivere completamente paralizzati? Vale la pena? Cosa pensano, cosa sentono quelli colpiti da disgrazie, fatalità? Come diventa la vita di chi gli sta accanto?
Questo film ci fa capire che una persona esiste finché esiste un cervello pensante. Il problema è la comunicazione e la necessità dell'aiuto altrui per espletare anche le funzioni più normali e banali. Queste sono gli aspetti prosaici e materiali messi bene in evidenza da questo film. L'animo di chi subisce un handicap estremo rimane però una landa sconosciuta, quasi inesplorata e purtroppo neanche questo film riesce a fare piena luce, a dare una visione profonda e sentita.
Eppure il materiale c'è ed è di prima mano. La sceneggiatura si basa su di un libro dettato da chi ha vissuto un'esperienza simile (JP Bauby). Il regista però ha privilegiato il lato tecnico e superficiale della testimonianza, entrando solo ogni tanto nell'animo e nei sentimenti del protagonista e in rari casi è riuscito a trasmettere il forte pathos di profondi dolori e tristi gioie che trapelano dalla storia di Bauby. Tecnicamente il film è veramente ben fatto ma forse il lato tecnico spesso diventa quasi fine a se stesso, rivelando quasi un approccio "freddo" e distaccato del regista rispetto alla materia che ha trattato. Rimane in ogni caso un film bello, che colpisce.
Fin dalle prime immagini ci si accorge che il regista tratta il caso come un oggetto di studio, piuttosto che come un'esperienza da vivere. La cinepresa si identifica con l'unico occhio funzionante del protagonista (Bauby) e quindi balla, zooma, si fissa su quello che potrebbe essere ciò che percepisce in quel momento Bauby. Ciò che si muove dentro la sua testa ci viene espresso da una voce fuori campo, quasi un monologo interiore. Molte scene ci fanno vedere il lento abituarsi ad una nuova situazione limitante. L'interiorità è rappresentata più che altro da alcune scene simboliche (il protagonista chiuso in uno scafandro, un banchisa che si sgretola, personaggi immaginari dell'800, flashback di vita vissuta, ecc ..) . Nel computo del film però 3/4 sono occupati da scene di descrizione del rapporto fra Bauby e il mondo esterno e solo 1/4 scava nella sua interiorità. Bauby incontra sua moglie, i figli ma molto si svolge quasi come se fosse una routine e spesso la voce interiore quasi tace in queste occasioni. L'imbarazzo e il dolore degli altri è rappresentato in maniera riflessa, da come viene "percepito" da Bauby. Per fortuna ci sono delle eccezioni. Le scene che mi hanno colpito sono quelle che coinvolgono l'anziano padre (Max von Sidow!), la sua telefonata: l'unica scena dove il regista riesce a toccare il cuore delle persone.
Una scena chiave e forse il nucleo ideale del film è quando a un certo punto Bauby "decide" di voler continuare a vivere. Purtroppo il passaggio dallo scoramento totale a una nuova volontà è lasciato un po' in ombra. Si sa solo che si rende conto che la vita è multiforme e varissima e la si può vivere anche e solo con la propria immaginazione, sostituendo il concreto e reale con il fantastico e virtuale. Qui sta la grande testimonianza e il messaggio migliore lasciatoci da Bauby.
Invia una mail all'autore del commento wega  22/02/2010 19:29:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciao Luca, ho bisogno di chiederti una cosa che forse pretende troppo dalla tua memoria. Hai parlato di monologo interiore, ecco, il primo, o le prime parole dei protagonisti, se ci sono, sapresti dirmi più o meno a quanto tempo dall' inizio? Perché è la terza versione che reperisco convinto che avessero tutte un problema alla traccia audio. Essendo 3 file diversi, o è s****, o è il film fatto così. Solo che saltando qua e là fino alla fine non ho sentito altro che brusio indistinto. Spero di esser riuscito a farmi capire..beh, grazie intanto.
amterme63  22/02/2010 19:44:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Salve Marco. Sarei felice di aiutarti ma purtroppo ho un vago ricordo di questo film. Rammento che c'era un scena in cui i dottori parlavano del malato che secondo loro non percepiva niente, che era un vegetale e invece lui sentiva, capiva ma non sapeva come fare per "avvertire" i dottori. Lì mi sembra ci fosse una specie di voce fuori campo che "interloquiva" con i dottori ma che loro non sentivano. E' una scena precedente al riconoscimento da parte di una infermiera (mi sembra) che Bauby non era un essere insensibile ma che comprendeva come una persona normale.
Spero di averti aiutato.
Ciao.
Invia una mail all'autore del commento wega  25/02/2010 19:24:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie Luca, allora è difettato anche questo file. Ma come ***** è possibile, dovrei vincerci dei soldi!
Blutarski  11/12/2008 19:17:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Riporto ciò che ho scritto a Toroseduto, che mi sembra una buona obiezione al tuo ragionamento:
E se fosse volontaria questa negazione del pathos? Io concordo in parte su questo punto, però penso che ciò sia dovuto alla necessità di accostarsi a questa storia (che è certamente drammatica) in un modo diverso dal solito, forse meno banale e scontato. Credo che ciò produca nello spettatore una maggiore immedesimazione e quindi comprensione di quel tipo di esistenza, invece di farlo chiudere a riccio come si fa incosciamente davanti al dolore...
amterme63  11/12/2008 22:09:18Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Penso che la vita di queste persone sia molto molto interiore, anzi forse totalmente interiore, fatta quasi solo di sentimenti, emozioni e fantasie, visto che la dimensione fisica e materiale è praticamente inesistente. Di questo aspetto prevalente non c'è molta traccia in questo film. Può darsi come dici tu che sia volontario questo tipo di approccio, che spinge a vedere in maniera esterna e quasi distaccata quello che succede al protagonista. Peccato però perdere il 90% di quello che esiste per una persona del genere. Non dico di voler commuovere, ma semplicemente di far conoscere meglio. Solo che probabilmente è impossibile con mezzi narrativi "normali" penetrare questo mondo. Il regista ci ha provato ogni tanto con gli stacchi fantastici dello scafandro o delle fantasie ottocentesche. Sono solo momenti, forse quelli più veritieri del film. Rimane comunque un argomento e un mondo dei più difficili da rappresentare e se il regista ha deciso di fare così, avrà avuto, come dici tu, le sue ragioni. Di più forse non era in grado di fare.
Blutarski  12/12/2008 17:21:18Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
In effetti sono due modi diversi di guardare il film, chissà forse la lettura del libro può chierire meglio questo punto, devo recuperarlo al più presto..
Marco Iafrate  18/11/2008 17:00:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Molto bella, Luca, la tua riflessione sull'impenetrabilità del pensiero e dell'animo umano in certe circostanze, io non riesco ad immaginare cosa può provare chi si trova in quella condizione, è un mondo oscuro che mi ha sempre inquietato, voglio vedermelo questo film!
amterme63  19/11/2008 08:32:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Vale la pena Marco. Io forse sono stato troppo severo con questo film e me ne sono un po' pentito. E' pur sempre una grande testimonianza che in ogni caso colpisce e fa riflettere.