Partendo da una classe di cinematografia che disquisisce sui valori effettivi dei sequel, Craven mette le mani avanti facendo passare il messaggio che " i sequel stessi sono quasi sempre peggio dei propri prototipi". Su queste basi risulta difficile criticare l'operato del regista, meno abile per la verità nel nascondere agli spettatori l'identità degli assassini ( il bel Mickey ad un certo punto scompare improvvisamente dai radar, la finta giornalista è sempre in mezzo ai piedi) ma attento nel riproporre il cocktail vincente di risate e spaventi già sperimentato nel capitolo precedente, corretto appena con qualche piccolo accorgimento ( questa volta ci sono anche vittime afro-americane ). Come nel primo la scena migliore è quella del prologo, ma anche quella del ferimento di Linus nel dedalo degli studi Radio fa il suo effetto. Troppe comunque due ore per un horror.