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IL FLAUTO MAGICO regia di Kenneth Branagh

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Rudy_Gonzo     4 / 10  03/07/2007 13:09:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Penso di far parte di quella fetta di pubblico che un'operazione del genere possa scontentare nel peggior modo: un cinefilo melomane! Una creatura emersa dai peggiori incubi di chi pianifichi di portare al cinema un'opera lirica, e che farebbe meglio - la creatura - a restarsene a casa. Come in questo caso.
Sento Branagh dire che vuole dare un messaggio di pace e di fratellanza attraverso il Flauto Magico, messaggi che in parte sono contenuti nell'opera, ma che attraverso la sua rilettura si configurano come uno stravolgimento e banalizzazione tale da far pensare che il nostro non abbia capito il lavoro di Mozart in primis e che abbia, in ultimo, la profondità poetica di una canzonetta estiva...
Perchè prendere un lavoro finito, compiuto e consolidato, di un grande artista e piegarlo al proprio intento per cercare di fargli dire qualcosa di molto più ovvio di quanto esso contenga in origine? Chiaro: per farsi belli col lavoro altrui... E per un regista che pensa di essere un autore avendo fatto propria l'idea, vecchia come il '900, di trasporre Shakespeare ovunque tranne che dove detto dal medesimo William, è una cosa che va da sè.
Il Flauto magico (quello di Mozart) gode di una fama certo meritata, ma altrettanto certo filtrata e stravolta dalla popolarità di alcuni suoi passaggi (tra tutte la seconda aria della Regina della Notte), che hanno teso a farlo credere quello che non è: una fiaba accompagnata da molta bella musica. Mentre invece è un racconto fantastico, infarcito di simboli, richiami esoterici, mistica massonica e idealismo illuminista, il tutto attraverso la forma del teatro popolare della Vienna del 1791, che voleva le opere come alternanza di teatro recitato e cantato.
Allora: perchè ambientare in un'epoca storica precisa un racconto fantastico senza inventare una giustificazione plausibile per adattare l'elemento irreale e magico a questa visione? Semplice, basta non avere idee, o meglio, basta essere convinti che la trasposizione sia la risposta a qualsiasi domanda, senza capire che, al contrario, è l'origine di altre mille domande, sulle quali, ovvio, si glissa.
E veniamo alla regia vera e propria, altro tasto dolente, coacervo di banalità e déjà vu, che prova a cercare una chiave visionaria finendo nel pasticcio senza meta, fatto salvo il virtuosismo del piano sequenza iniziale. E che invece di far tesoro della messa in scena in studio, dichiarandone l'espressiva falsità (ricordate la bellezza del Barone di Munchausen di Gilliam?), aggiungendo quindi un piano di lettura all'operazione, ne ignora i limiti cercando la realtà con una fotografia e una luce inadeguati, tra le più brutte viste ultimamente.
Se a spingere un artista sono la vanità e il talento, quando quest'ultimo resta a casa...
Se l'operazione deve essere, poi, quella di avvicinare all'opera il pubblico cinematografico, niente di più sbagliato: quello che si può ottenere è di portare al cinema qualche (normalmente esigentissimo) appassionato d'opera, e farlo tornare a casa con l'amaro in bocca.
Insomma: chi già conosce il Flauto Magico si trova di fronte a qualcos'altro, chi non lo conosce, se ne farà un'idea sbagliata.
Bella e degna di ben altro supporto visivo, la parte musicale (parlo dell'interpretazione, ovviamente), con cantanti-attori bravi e in parte e un'ottima direzione.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  06/07/2007 17:17:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mah non so... è stato un vero Evento alla mostra di Venezia, ultima edizione, ma io non l'ho visto Mi è capitato di vedere una strana rappresentazione teatrale dell'opera (un simil-cartoon à la Trnka) in una mostra d'arte nell'isola Madre del Lago Maggiore, circa un annetto fa Da quel poco pochissimo che ricordo il film di Bergman degli anni settanta mi parve impegnativo ma affascinante. Non so su Bragath, che di certo rispetto tantissimo ma non mi ha mai fatto strappare i capelli Da quello che ho capito il tuo voto non è all'insieme dell'operazione ma alla scelta stilistica dell'autore, o sbaglio?
Rudy_Gonzo  20/07/2007 11:22:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Purtroppo, in questo caso, l'insieme dell'operazione E' la scelta stilistica dell'autore...
Guarda, i film-opera sono sempre stati un filone assolutamente delicato, che ben raramente ha portato a risultati degni di nota. Perchè i tempi dell'opera non sono quelli del cinema, c'è poco da fare. L'opera è un meccanismo essenzialmente teatrale, dove il ritmo e le scelte registiche sono dettate dalla musica e in seconda istanza dal libretto. Per quanto un'opera sia famosa, bella, conosciuta, universale, al cinema stenterà a prendere il volo... Allora, se uno è un vero Autore cinematografico, sarà in grado di far proprio il testo operistico e trasformarlo in qualcosa di suo (vedi Bergman o Losey), dimostrando contemporaneamente il suo talento visivo e il suo amore per la musica. Altrimenti, viene fuori un pasticcio noioso e presuntuoso, come per Branagh.
Altro discorso, prettamente operistico e poco cinematografico, riguarda lo strapotere che nei teatri hanno ormai i registi, il cui nome spesso viene prima di quello del compositore, del direttore o dei cantanti. Strapotere spesso inversamente proporzionale alle loro effettive qualità. Vedi, appunto, il continuare a credere che stravolgere, trasporre, attualizzare, astrarre (in una parola: sbattersene) siano le uniche chiavi per mettere in scena un opera in maniera pregnante e "autoriale". Insomma, non capire di essere essi al servizio di qualcosa e continuare a pensare, arrogantemente, il contrario.
Scusa la logorrea, ma musica e cinema sono i grandi amori della mia vita, quindi, se mi si dà l'opportunità di prendere due piccioni con una fava, chi mi ferma più?