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LA MALEDIZIONE DELLO SCORPIONE DI GIADA regia di Woody Allen

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kafka62     6½ / 10  25/02/2018 18:16:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Woody Allen sembra avere abdicato ormai da molti anni alle sue ambizioni di un cinema costituzionalmente portatore di un messaggio morale, o comunque dedito a scavare dentro le molteplici contraddizioni dell'animo umano, per rifugiarsi in un'idea di cinema che è puro intrattenimento, risata liberatoria, divertimento intelligente elargito senza andar troppo per il sottile. Ne "La maledizione dello scorpione di giada" Allen ha ben presente i film visti nella sua gioventù e, pur senza intenzioni cinefile, si propone di resuscitare i ritmi, i tempi e le situazioni di quella che, per la commedia, è stata la vera e propria età dell'oro, vale a dire gli anni 30 di George Cukor, Katharine Hepburn, Cary Grant e "Scandalo a Filadelfia".
Più che con i personaggi e le situazioni del genere poliziesco alla Humphrey Bogart, cui rimandano sia l'epoca (il 1940) che la professione del protagonista (investigatore di una compagnia di assicurazioni), è infatti con la "sophisticated comedy" hollywoodiana che il film si confronta, montando, all'interno di un ingegnoso meccanismo giallo, una pirotecnica schermaglia di odio–amore tra Allen e Helen Hunt, punteggiata di velenose quanto esilaranti battute (Allen viene apostrofato dalla collega con decine di ingiuriosi epiteti, quali rettile, termite, cimice, ratto, e a sua volta le rende pan per focaccia con un linguaggio assai poco cavalleresco) ma destinata a concludersi – c'era da dubitarlo? - come nella migliore tradizione del genere, cioè in un tenero idillio. Il cuore alla fine ha quindi la meglio sul cervello, e, in una delle poche riflessioni serie del film, Allen perora genialmente le ragioni del primo affermando che, mentre il sangue gira, comunica con il resto del corpo e, così facendo, conosce il mondo e rimane giovane e vitale, la materia grigia è un qualcosa di freddo e sterile.
Ne "La maledizione dello scorpione di giada" ritornano molti dei temi del Woody Allen che tutti quanti conosciamo, come la magia e la forza dell'illusione (che peraltro hanno qui una valenza ambigua, in quanto fanno innamorare tra loro i personaggi ma li conducono anche sulla strada del crimine) come antidoto alla triste e ottusa realtà, il sesso come motore dell'esistenza, e altri ancora, ma quello che più conta è che qui essi sono messi al servizio di un soggetto divertentissimo, senza tante sfumature psicologiche - è vero - ma calibrato alla perfezione come una pièce teatrale, dove gag e battute funzionano a meraviglia, senza neppure una caduta di tono (come avveniva talvolta in "Criminali da strapazzo") o di gusto (come ad esempio in "Celebrity" o in "Harry a pezzi").