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COME L'OMBRA regia di Marina Spada

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claudio54     3 / 10  13/04/2008 20:40:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Cari critici, il miglior modo per uccidere il cinema italiano è quello di parlarne bene solo perché è italiano. Anche voi avete contribuito ad uccidere il nostro cinema.
Come si può definire "dilatata" una regia a dir poco esasperante nella sua lentezza, oppure una Milano "ormai multiecnica" solo perché ad un certo punto compare un uomo di colore (con accompagnamento di ronzio di mosche che gli volano intorno) da un portone di un anonimo quartiere popolare, o perché in una scena di passaggio incidentalmente due nomadi litigano con gli agenti alla stazione ferroviaria. Dov'è questa Milano "disumanizzante"? Forse nelle lentissime inquadrature di una città semideserta nel periodo di ferragosto?
Per non parlare della superficialità imperdonabile con la quale vengono disegnati i personaggi, o la loro vita. Cari miei, non basta far vedere per venti volte la protagonista che mette ad asciugare un paio di mutande in bagno per descrivere la vuota monotonia di una esistenza.
E poi, santo cielo, almeno cambiate il voto fra di voi, almeno un sei e mezzo, o un otto... possibile che cinque critici (su Film TV un sito abbastanza autorevole) abbiano messo tutti lo stesso voto, cioè sette? Potevate mettervi d'accordo un pò meglio, via!
Ecco, così il cinema italiano è stato ucciso anche da voi, signori critici! Ormai non rimangono che macerie, nessuno che sappia più recitare, o che almeno si capisca quello che dice (sembra che i nostri attori di cinema non sappiano più aprire la bocca quando dicono una battuta), nessuno che abbia più un progetto di regia degno di questo nome, i soggetti che affrontano i nostri films sono soltanto un continuo piangersi addosso sterile e noioso, siamo diventati la provincia della provincia, ormai si interessano a noi non più i critici di cinema stranieri, ma gli antropologi! Stanno lì a domandarsi da anni dov'è finito il nostro cinema, che pure ha fatto scuola in tutto il mondo. Poveri noi.