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UN CERTO GIORNO regia di Ermanno Olmi

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amterme63     7½ / 10  30/06/2013 23:27:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Un certo giorno" appartiene alla serie di film, apparsi alla fine degli anni '60, in cui si certifica la crisi del sistema di valori borghesi (lavoro e famiglia) che fino ad allora erano stati le basi della società italiana. Nello stesso periodo erano usciti nelle sale "Teorema" di Pasolini e "Dillinger è morto" di Ferreri. Fellini stesso con "Giulietta degli spiriti" certifica a modo suo la crisi etica borghese.
Il punto di vista di Olmi è come al solito un punto di vista interiore, di coscienza, di rapporti interpersonali. Il succo è che i meccanismi lavorativi e sociali moderni alienano profondamente le persone, portandole all'insoddisfazione, alla perdita di senso e di valore nei rapporti reciproci e nel giudizio di se stessi.
Il protagonista è un uomo di mezza età, sposato con prole. Si capisce durante il film che non trova più soddisfazione interiore nella vita familiare, nonostante l' affetto e la cura per la moglie e la figlia. Sente il bisogno di evadere, fuggire in campagna in compagnia dei cani, oppure cedere al fascino (anche sensuale) di una donna intelligente e spigliata. La possibilità di fare carriera lo porta a identificarsi con gli interessi della ditta di pubblicità in cui lavora, con corollario di stress e forti pressioni psicologiche. A far precipitare il tutto arriva un incidente d'auto in cui involontariamente provoca la morte di un povero diavolo.
I guai alla fine vengono risolti, ma nella coscienza e nell'animo del protagonista rimane dolore, rimorso, vertigine, ben espressi in lampi onirici, riprodotti tramite montaggio alternato.
A differenza di "Dillinger è morto" non esistono atti estremi o vie utopiche di fuga. C'è solo la resa e il rientro nei ranghi, Insomma non ci sono vie d'uscita.
Intorno al protagonista c'è un mondo in cui agisce sempre di più la riduzione dell'essere umano a puro oggetto o meccanismo (vedi i discorsi dei pubblicitari). Le persone di una certa intelligenza e consapevolezza vivono amaramente, rendendosi conto della profonda solitudine dell'individuo, anche e soprattutto in quanto espressione della società moderna.
Olmi ci regala nel film degli splendidi campo-controcampo durante scene-confessione che sembrano presi di peso da un film di Bergman.
Vedendo questi film mi rammarico di come nel nostro sentire comune si sia completamente persa la cognizione della natura predeterminata del nostro modo di vivere (allora si aveva il coraggio di guardare alle cose come stavano) e di come noi del XXI secolo ci siamo completamente arresi all'alienazione, ne siamo diventati profondamente e drammaticamente vittime assuefatte.