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IL GRANDE PAESE regia di William Wyler

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Godbluff2     8 / 10  20/06/2022 23:48:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi è piaciuto molto e non me lo aspettavo, non avevo aspettative così alte per quanto naturalmente con Wyler di mezzo ero certo di guardare un buon film; questo però è un ottimo film.
Ottimo perché Wyler affronta il genere inserendoci uno spunto decisamente originale, pur sfruttando pienamente tutte le caratteristiche "di genere" del western.
Si, perché "The Big Country" è un western dal taglio profondamente epico, persino pomposo potremo definirlo, non lesinando affatto su musiche grandiose e su tutti gli elementi classici del genere, soprattutto i numerosi, straordinari, campi lunghi che spalancano allo spettatore i panorami mozzafiato dello sconfinato ovest americano (reiterando anche visivamente il leitmotiv del film del "grande paese", appunto) ma anche i personaggi che raccolgono in loro tutte le classiche sfaccettature stereotipiche del "personaggio western". Ed è in questo contesto di purissima epica western che Wyler inserisce l'elemento di disturbo, il protagonista stesso, interpretato da un Peck convincente (e io non vado pazzo per Peck), elemento alieno a quel mondo, che agisce con razionalità e calma in un mondo fatto di animali irrazionali, violenti e legati a logiche grottesche, che siano viscidi vigliacchi irrecuperabili, spietati esponenti della società "bene" o i loro frutti viziati ed egocentrici, o vecchi retaggi del west legati a un loro personalissimo "codice d'onore".
Il Jim di Gregory Peck si muove attraverso questi microcosmi che rappresentano le radici dell'essere statunitense (bianco), irrazionale, irrecuperabile, rimanendo fermo nelle sue convinzioni ed erodendo goccia dopo goccia, anche se solo in maniera effimera, pensando in un contesto più ampio, tutto l'universo stereotipico dell'immenso ovest americano.
Tutto il film si basa su questa dialettica, arricchita di varie sfumature e da una love-story che mi è sembrata la parte decisamente meno convincente di tutta la baracca (tra l'altro, ottima Carroll Baker ma Jean Simmons non mi ha detto granché, forse a causa di un personaggio con poco mordente, per quanto fosse la controparte femminile di Jim nel replicare con il personaggio di Baker il dualismo razionalità/irrazionalità).
Di Burl Ives la miglior interpretazione del lotto, ma ce ne sono di volti western memorabili, così come sono diverse le sequenze da ricordare. C'è la sequenza del duello tra Jim e Buck altro momento che esula dai canoni del genere inserendo idee nuove e dando grande profondità umana, nel bene e nel male, al contesto e ai personaggi, deragliando dai binari canonici. Poi i tentativi di Jim di domare il cavallo indomabile. La sequenza finale del canyon. E il lunghissimo duello (a pugni, ma sempre di duello si tratta) tra Jim e Leech, la mia sequenza preferita. Uno scontro lungo, lento, molto bello che Wyler riprende su più piani e campi ma che spesso esalta riprendendolo con campi lunghi(ssimi) con i due contendenti che figurano in maniera evidente come due formichine impegnate in una dura quanto totalmente insensata dimostrazione di forza, come farà ovviamente notare Jim a fine scontro; proprio gli ampi campi di ripresa a mio avviso sottolineano questo aspetto oltre a dare un respiro favoloso alla scena, molto lunga, rendendola grandiosa ed epica ma anche realistica e cruda, emotivamente distante dai personaggi, con lo spazio attorno come unico protagonista.
I favolosi campi lunghi, stupendamente fotografati, d'altronde esaltano molte scene, in particolare quella finale nel canyon, dove il meccanismo attuato da Wyler è il medesimo, parte dei momenti clou sono ripresi da lontanissimo, spettatore, giudice e protagonista è il canyon, è l'immensa natura selvaggia dell'ovest che, indifferente, assiste ad una tragedia inesorabile che il protagonista ha tentato invano di scongiurare in ogni modo. I protagonisti di quelle azioni, solo dei puntini insignificanti.
Finale sospeso e decisamente agrodolce. Davvero, un ottimo film, tra i migliori di Wyler, sempre perfettamente in bilico tra tradizione e un'impostazione più moderna e particolare del genere.