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LE FATE IGNORANTI regia di Ferzan Ozpetek

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kafka62     5½ / 10  27/04/2018 11:29:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Le fate ignoranti" ricorda a tratti il mondo cinematografico di Almodovar, i suoi personaggi eccentrici, vitali e alternativi, i suoi ambienti rumorosi e colorati, il suo gusto per il melodramma e le passioni forti, sopra le righe, ma con una vena narrativa maggiormente minimalista. Questa ambiguità è la ricchezza, ma anche il limite del cinema di Ozpetek: la coesistenza di moduli estetici tra loro distantissimi, se da un lato lotta in continuazione per diventare cifra stilistica autonoma e originale (sintomo di una esuberanza creativa, cui non è estranea l'intenzione di voler evidenziare in continuazione i propri referenti geografici e culturali, come il riferimento alla situazione politica turca e la citazione del poeta Hikmet), dall'altra stride con un'esigenza di credibilità e di realismo. Così, la comunità di gay in cui si imbatte Antonia dopo la morte del marito è dipinta con uno sguardo affettuoso e partecipe, non dimentico dei drammi che si nascondono dietro le apparenze più folcloristiche e caciarose, ma la preoccupazione di fare di essa un inno alla tolleranza sessuale rende il film a tratti un po' stucchevole e didascalico, come se si stentasse a credere, nonostante tutti gli sforzi fatti, che l'universo omosessuale sia veramente così e non si siano invece semplicemente messi uno accanto all'altro stereotipi abbastanza abusati, come il malato di AIDS, il travestito che parla in dialetto meridionale, perfino l'omosessuale in stile "Vizietto", e così via, ognuno in funzione di segnale indicatore per il messaggio che si vuole proporre.
Resta comunque il fatto che le psicologie di Antonia e di Michele non sono mai banali, che la pellicola ha a tratti dei bei momenti allusivi e poetici e che lo stile è elegante e raffinato. Ma quello che in altri tempi ci sarebbe bastato, ora che il cinema italiano è tornato maggiormente in auge non ci accontenta più e anche da Ozpetek ci aspettiamo non solo film riusciti a metà, ma opere più organiche, dialettiche, sociologicamente attendibili (a maggior ragione se non c'è più il sostegno dell'ambientazione esotica degli esordi) e capaci di affrontare i grandi temi (qui l'amore, la verità e la menzogna, la tolleranza) non solo in maniera trasversale.