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DESIDERIO DEL CUORE regia di Carl Theodor Dreyer

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Marco Iafrate     9 / 10  03/01/2008 23:32:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Chi ha avuto la fortuna di assistere ad una mostra fotografica di Alinari in qualche palazzo o museo di una delle tante città d'arte che abbiamo in Italia, sarà rimasto sicuramente affascinato e rapito dalla bellezza delle immagini che il fotografo in quel momento è riuscito a cogliere; magari si sarà soffermato, senza rendersene conto, dei minuti su un solo particolare cercando di penetrare quel microcosmo vissuto da altri altre vite fà, è respirare la nostra storia; se vi predisporrete con lo stesso stato d'animo per assistere a questo ennesimo gioiello del grande regista danese, ne trarrete lo stesso appagamento, la sublimazione dell'arte attraverso le immagini in movimento. Siamo nel 1924 e siamo in Germania ed è incredibile come abbia potuto, probabilmente proprio per la bellezza della pellicola, l'allora giovane regista produrre e distribuire, senza problemi, un film che, anche se molto velatamente, fa chiaramente intravedere qualcosa di più di un semplice affetto tra il ricco e famoso pittore Zoret ed il suo giovane modello Mikael.
Come in Gertrud anche qui assistiamo all'impossibilità della realizzazione dei sentimenti, l'amore che assume le forme dell'ossessione e porta all'infelicità; la vita di Claude Zoret scorre tranquilla immersa nei suoi quadri, le pitture che hanno come soggetto il suo allievo, nonchè figlio adottivo, Mikael, hanno un grande successo, questo equilibrio viene meno quando un giorno la principessa Zamikoff ottiene di essere da lui ritratta; l'opera procede magistralmente fino a quando il maestro, insoddisfatto, confessa alla donna di non riuscire a penetrare nei suoi occhi, ammette quindi l'impossibilità di darle l'espressione desiderata; Zoret chiama in aiuto Mikael e sarà proprio il suo giovane allievo a concludere magnificamente l'opera. Questa sequenza, bellissima, con un significativo gioco di sguardi, segna la fine di una passione e l'inizio di un'altra, l'arte si fonde con la vita; il maestro aveva successo con i ritratti di Mikael perchè dal suo sguardo ne estrapolava passione, la stessa passione non riesce a coglierla negli occhi della donna che però quando incontra quelli di Mikael li fà brillare di una luce nuova. Abbandonato, il maestro dipinge il suo ultimo capolavoro che ha come personaggio principale il biblico Giobbe; ultimato e mostrato agli amici, la duchessa di Monthieu ammirando il quadro commenta emblematicamente riferendosi a Giobbe: "questo è un uomo che ha perso tutto", l'animo di Zoret vive nei suoi quadri.
Ancora una volta Dreyer realizza una straordinaria riflessione sul delicato equilibrio dei sentimenti, sulle difficoltà dei rapporti umani e su come poterle affrontare e tentare di superarle, ora con la religione, ora con l'arte; la bellezza del primo cinema del regista danese, quello prima del sonoro, sta tutta nell'incredibile espressività degli sguardi, nei primi piani sofferti, nel gioco di luci che enfatizza ogni movimento dei volti; dove non ci sono i dialoghi a testimoniare la sete di amore assoluto e l'impossibilità di trasferirlo agli altri, ci sono questi fantastici mezzi di comunicazione, gli occhi.
amterme63  05/01/2008 23:34:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Che bellissimo commento Marco. Complimenti. Mi stai facendo venire voglia di vedere i film di Dreyer precedenti alla Passione di Giovanna d'Arco. Evidentemente ne vale la pena.
Se passi per Firenze spero di avere l'onore di portarti al Museo Alinari della fotografia, in Piazza Santa Maria Novella.
Marco Iafrate  06/01/2008 20:20:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Volentieri Luca, sono un appassionato di foto d'epoca. Beh, Dreyer è uno dei miei registi preferiti, quindi sono un pò di parte, ma ti garantisco che vale la pena di vederli, anche se forse non raggiungono la grandezza della Passione di Giovanna d'Arco. Ti ringrazio per i complimenti sul commento e li ricambio per il tuo (che ho letto adesso) di Freaks. Ciao :-)