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IL DIAVOLO PROBABILMENTE regia di Robert Bresson

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ULTRAVIOLENCE78     8½ / 10  09/08/2009 22:35:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Assieme a "L'argent", "Il diavolo, probabilmente" è il film più estremo di Robert Bresson. Entrambe le opere formano un dittico apocalittico, col quale il regista francese chiude la sua produzione, rinnegando così qualsiasi possibilità di riscatto, sia terreno ("Pickpocket") che ultraterreno ("Diario di un curato di campagna"). Anche stilisticamente i due film combaciano: dialoghi succinti e icastici, con un'intonazione piatta e dimessa (bisognerebbe sentirli in lingua originale per avere un'idea più completa); inquadrature che si soffermano molto sui corpi –gli arti inferiori soprattutto, destinando ai volti e alle espressioni uno spazio marginale, come a voler dare una rappresentazione dei soggetti quali automi mossi in virtù di una maligna volontà superiore ("il diavolo, probabilmente"): gli individui salgono e scendono dal tram, spiati da un "occhio invisibile" che li scruta dall'alto, attraverso un specchietto retrovisore, o dal basso cogliendone (o dirigendone) il moto "dissennato".
Il protagonista è Charles: un ragazzo inchiodato da una disperata aprassia, dettata dall'atroce coscienza del male quale unico motore delle umane vicissitudini: quello stesso male simboleggiato ne "L'argent" dal denaro, ma che già nel film in questione è proposto in tale chiave metaforica, conchiudendo il cerchio di una narrazione improntata alla rappresentazione della negatività quale condizione indefettibile dell'essere (l'omicida non agisce per amicizia o spirito di solidarietà, ma solo per mera cupidigia). Di qui l'inazione come conseguenza dell'inutilità di qualsiasi forma di ribellione allo "status quo", al degrado e alle atrocità commesse dalla "civiltà", la quale però è ingiudicabile: non v'è colpevolezza, infatti, nel perpetramento di misfatti, indotto da forze esterne imperscrutabili e incontrollabili che, invero, escludono qualsiasi incidenza del libero arbitrio. In questo senso, il fulcro di tutta l'opera risiede nel confronto tra lo psicanalista e il protagonista: la propensione del primo a razionalizzare i problemi esistenziali del paziente, cercando una soluzione positiva al suo disagio, è annullata dalla lucida disamina della realtà da parte di quest'ultimo, il cui "vedere chiaro" appare come una ridicolizzazione delle velleità della scienza, che anzi sortisce effetti opposti a quelli prefissati: l'ultima affermazione del medico (un borghese come tanti altri, incasellato in quella rete di vacue esigenze e abitudini elencate nel foglio di giornale, e, come tanti altri, "rispettabile" in virtù della sua capacità di produrre reddito) si rivelerà, di fatto, non come un aiuto diretto alla "guarigione", bensì come il consiglio determinante per il compimento del suicidio-omicidio.
Dio è ormai estromesso: anche l'ultimo tentativo da parte di Charles (ispirato dalle parole di Victor Hugò: "una cattedrale, una chiesa, è divino, c'è Dio; ma basta che appaia un prete e Dio non c'è più") di cogliere il divino in una Chiesa vuota, nell'incontro tra la spiritualità del luogo e il sublime dell'arte (la musica di Monteverdi) risulterà vano. Non esiste Bontà né Provvidenza, e i buoni sentimenti lasciano il posto soltanto a pulsioni basse e amorali (l'amicizia è sostituita dall'opportunismo) o a fredde emozioni (all'amore subentra una flebile tensione consolatoria).
Passano le generazioni e le epoche, ma la barbarie, la violenza e la distruzione ingiustificate (come manifestano le efferatezze dei documentari presentati all'interno del film) permangono. E' la metafisica del male, messa in scena con estremo rigore da Bresson: un cineasta che, la termine della sua carriera artistica, ha abdicato alla ricerca della Grazia, per dedicarsi al suo esatto opposto.
Invia una mail all'autore del commento wega  10/08/2009 18:20:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ammazza oh..me tocca rinnovarti i complimenti, veramente una esegesi completissima e degna del film di Bresson. Per lo meno ne sarebbe felice. Ma come ***** fate? Dai tu leggi molto..magari vai anche a teatro, sì sì dev' essere così.
ULTRAVIOLENCE78  11/08/2009 10:53:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Di solito mi vengono così lunghi quando mi drogo...
Ciumi  15/08/2009 20:41:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Insomma… io invece che il film non l’ho ancora visto, e che cercavo di farmene un’idea dando un’occhiata qua e là tra i vari commenti, leggendo il tuo l’ho trovato, francamente, poco fluido e non molto chiarificatore.
Penso che chi come te (e non prenderla a male per questa piccola critica, che vuole essere amichevole e nient’affatto maliziosa), rinunciando ad esprimere un’opinione personale ed emotiva, si proponga piuttosto d’offrire un’analisi dettagliata e impersonale del film, dovrebbe a mio avviso provare ad essere il più chiaro e il più sintetico possibile. Dire tanto con poche adeguate parole è la virtù più apprezzabile di chi scrive o vuole semplicemente comunicare qualcosa.

Infine una precisazione. In realtà gli accorgimenti stilistici che hai citato tu (l’atonalità della recitazione, l’indugiare su alcune parti del corpo) sono presenti in tutti i film di Bresson, non solamente nel “L’argent” e “Il diavolo probabilmente”, come s’intende da come hai scritto. E' più corretto dire che negli ultimi film , B. sceglie di estremizzare tali accorgimenti.

ULTRAVIOLENCE78  17/08/2009 11:06:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Quando ci si mette in gioco, bisogna accettare tanto le critiche positive quanto quelle negative. Comunque è l'esatto opposto: io tendo spesso a dare interpretazioni personali di un film. Il personaggio di Charles, per esempio, l'ho sentito da vicino, perchè in parte mi ci riconosco.
Quanto alla lunghezza, ho scritto commenti anche di 2 righe se per questo. Dovresti leggere qualche recensione (di altri utenti): alcune sforano le 4/5 pagine word. Oh, poi se uno è logorroico non ci si può fare niente...
La mia visione degli altri film di Bresson (PICK., DIARIO, CONDANNATO) risale alla notte dei tempi, ma non ricordo che il dettaglio del particolare fosse così accentuato come nelle 2 ultime opere: "l'estremizzazione di quegli accorgimenti", come dici tu, costituiscono una peculiarità propria de IL DIAVOLO E L'ARGENT, perchè funzionale a una (re-)visione del mondo da parte di B., che attiene a quel dato periodo.
Sulla fluidità magari c'hai ragione, ma per il resto ti invito a vedere il film e dopo se ne parla... Ciao.
Ciumi  17/08/2009 13:33:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sì, il “dettaglio del particolare” è più accentuato negli ultimi lavori (già in “Lancillotto e Ginevra”), però se vai a rileggere il tuo commento, ti accorgerai che da come hai scritto pare che tali dettagli fossero un’esclusiva degli ultimi due film. Ma non era che una precisazione un po’ pignola. E’ chiaro che non si può spiegare tutto e qualcosa bisogna pur omettere.
Quanto alla critica (forse un tantino insolente ma sincera) era solo in riferimento a questo commento, non a altri.
Infine, che il personaggio di Charles ti abbia toccato personalmente non lo metto in dubbio, ma nel commento ciò non l’avevi espresso.
Questo penultimo film di Bresson lo vedrò sicuramente; ieri intanto mi sono visto il suo primo, già molto bello.