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I DANNATI DI VARSAVIA regia di Andrzej Wajda

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Invia una mail all'autore del commento Zazzauser     8½ / 10  23/04/2007 18:18:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una sparuta compagnia di 43 ribelli (corrispondente quasi alla nostra resistenza partigiana) nella Varsavia del '44, occupata quasi interamente dai tedeschi, è costretta a ritirarsi attraverso il sistema fognario (Kanał in polacco).

Una storia di guerra (che poi si dirama in tre epopee parallele di diversi protagonisti), secondo film della trilogia bellica, insieme a "Generazione" (Pokolenie, 1955) e "Cenere e diamanti" (Popiół i diament, 1958) di quello che considero uno dei tre migliori registi polacchi del novecento (insieme a Munk ed a Kieslowski), Andrzej Wajda.
Una pellicola molto pessimista, rappresentativa della situazione della Polonia in tempo di guerra, assediata sin dal ’39. La morale è chiara: non esiste speranza, i sentimenti (l'amore, la solidarietà fra compagni) non ci salvano dall'orrore: la guerra è guerra, è solo l'amore per la vita che ci spinge a strisciare negli abissi per trovare la via della salvezza, ma sperare di salvarsi è inutile, l'unica certezza è la morte o altra sofferenza. Concetto perfettamente coerente, se ci si pensa, con il titolo italiano: i dannati dell’Inferno sperano in continuazione di poter trovare la luce e di porre fine al loro tormento, ma ciò non potrà mai accadere ed in terra c’è solo altro dolore.
L’accostamento Inferno – condotto fognario funziona a meraviglia, puzza e lamenti corrispondono all’immaginario collettivo di Inferno (per i più di provenienza dantesca ma anche di altra), con la sola differenza che i dannati hanno commesso peccati in vita, questi soldati invece non hanno colpa; ma questo parallelismo scaturisce dalla “traduzione” italiana del titolo originale che in realtà con essa non ha nessuna relazione di significato, quindi questa interpretazione rimane esclusivamente a livello di supposizione.

La cinematografia polacca riguardo alla seconda guerra mondiale si rivela ancora molto efficace come in "Eroica" (1958) di Andrzej Munk, anche se rispetto a questo Kanal è molto più schietto e diretto e molto meno "emotivo", nel senso che non si concentra molto sulle emozioni e sui pensieri delle persone - anche perchè non concede un minimo momento di pausa per esaminare i sentimenti dei personaggi, che sono continuamente incalzati dalla sofferenza, dalla disperazione, dalla paura di morire o di essere catturati dai nazisti, dal loro attaccamento alla vita per cercare la salvezza - ma sulla loro condizione disumana di soldati in guerra. Insomma, per spostare l'attenzione dello spettatore sul lato emozionale della situazione abbiamo bisogno di momenti di "inattività", cioè di intervalli di tempo in cui si possa fare uso più o meno massiccio di dialoghi e/o nei quali la guerra non si manifesti esplicitamente (con esplosioni, sparatorie o con la sofferenza dei protagonisti) e questo accade pressoché in tutti i film di guerra che abbia visto: "Full metal jacket" (le scene delle "interviste"), "La sottile linea rossa" (i lassi di tempo inattivi tipici di Malick), "Salvate il soldato Ryan", ma soprattutto "Jarhead" (il film di guerra statico per eccellenza), "Flags of our fathers", "Letters from Iwo Jima" (l'analisi, tramite flashback, del passato dei protagonisti o la scrittura delle lettere) o volendo spostarsi fuori dall'ambito della Seconda guerra mondiale, film come "Glory - Uomini di gloria che inserisce la guerra vera e propria all'interno di un ambito che riguarda soprattutto le discriminazioni razziali dell'America di fine Ottocento, e non viceversa): è questo che ho trovato innovativo in questo film.

Inoltre mentre questo propone una visione totalmente pessimistica della guerra mentre in "Eroica" si cercava di bilanciare i due aspetti - non a caso è un film diviso in due episodi, il primo in chiave comica (ma senza dimenticarsi che la guerra non è uno scherzo, insomma come ha cercato di fare Monicelli ne "Le rose del deserto" senza riuscirci) ed il secondo in chiave seria.
Bellissime le musiche del polacco Jan Krenz (che ha collaborato spesso con Wajda e di nuovo con Munk in "Eroica").
In definitiva un film magistrale, persino doppiato (anche se avrei preferito la versione sottotitolata) con un finale altrettanto magistrale ed interpreti molto bravi. Spero di poter approfondire il cinema polacco riguardante la seconda grande guerra (anche e soprattutto guardando gli altri due della trilogia) perché ha rivelato di essere intenso almeno quanto quello ben più conosciuto americano.

P.S. Guardate che bello la locandina, è un quadro vero e proprio realizzato da un certo Jan Lenica nel 1957 apposta per il film.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  13/07/2007 22:06:47Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Uff io lo cerco da anni... esiste in dvd? Avevo chiesto a un'amica polacca di procurarsene una copia per me ma se l'è dimenticata... dimmi dove posso trovarlo, e magari anche "ingenui perversi" e "cenere e diamanti"
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  13/07/2007 22:07:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Visto che poi di cinema polacco sembri saperne una più del diavolo
Zazzauser  25/02/2021 03:48:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Kowalsky, che tu ci creda o no leggo questo commento dopo quindici anni ahahah
Probabilmente lo avrai gia' visto ma io lo vidi su Rai 3 con Ghezzi se non sbaglio.