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L'ATTIMO FUGGENTE regia di Peter Weir

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Terry Malloy     10 / 10  26/03/2012 23:04:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Deus non so neanche da dove cominciare.
Bé capita a dovere l'inizio con l'entità divina dal momento che una Sua chiamata al bastardissimo direttore della scuola è la gag più riuscita del film, nonché una cosa veramente geniale di per sé. Da qui si passa necessariamente a Nuanda, l'homme de la fete, uno dei soggetti più belli che il cinema ci abbia mai regalato, nonostante sia un personaggio secondario.
Fare un film corale è difficilissimo. Farlo bene ancora di più. Ma questo va oltre la coralità perché anche gli stessi protagonisti hanno delle sfumature solipsistiche che solo la mano di un grandissimo autore quale Weir possono rendere. DPS (in inglese, da guardare rigorosamente in inglese) sembra un hollywoodiano prodotto romantico, ma è molto di più: è un capolavoro. E come tutti i capolavori possiede le qualità dell'immortalità e della complessità.
È stato detto di tutto per delegittimare (anche se marginalmente) lo statuto di grandezza di questo film: imperfetto, retorico, sdolcinato, è-meglio-picnic-at-hanging-rock, si-regge-sulla-grande-interpretazione-di-Williams etc etc.. Ma la confortante e giusta media voti di questo film (unita al numero dei commenti) rende atto solo del fatto che, esattamente come del professor Keating i suoi ragazzi, noi uomini di tutto il mondo con la passione per il buon cinema amiamo alla follia questo incantevole e commuovente film della vita. Io penso che il paragone con la prima pellicola di questo grande regista sia fuorviante: sono film legati da tematiche in comune, sono dello stesso autore, ma la diversità è abissale. Là un distorto femminile pànico, qui la storia di un'amicizia e di un insegnamento di vita. Weir è bravissimo, magistrale nel raccontare il mondo giovanile e forse il suo Keating (vorrei menzionare anche il prof di latino, una figura marginale, ma bellissima) è un personaggio quasi autobiografico. Più che a Picnic, mi viene in mente l'altro capolavoro del cineasta australiano, "Gallipoli". E nonostante l'amicizia e la giovinezza siano il sale della vita, è sempre la morte l'ossessione con cui Weir ama confrontarsi. Ma mentre nel film dell'81 l'angoscioso ultimo fotogramma non lasciava adito alla speranza, sette anni dopo sembra che la prospettiva si allarghi… esattamente come il professor Keating insegna, forse l'unico vero insegnamento del film.