Dom Cobb 6 / 10 18/06/2020 00:13:02 » Rispondi 1947: il banchiere Andy DuFresne viene condannato a due ergastoli per l'omicidio della moglie e del suo amante, a dispetto delle sue dichiarazioni di innocenza. Trasferito nel carcere di Shawshank, egli trascorrerà nel freddo penitenziario quasi vent'anni, apparentemente rassegnato alla sua sorte ma mai privato della speranza... Dichiaro fin da subito che il voto è puramente politico; infatti, qualunque cosa io possa pensare del film in questione, è senza dubbio fatto bene. A livello tecnico è realizzato con estrema competenza, in special modo per quanto riguarda la curata fotografia dell'ormai giustamente premiato Roger Deakins,
La ripresa aerea del carcere all'inizio del film è stupefacente.
sebbene il look tradisca un po' un'estetica tipicamente anni '90 che rischia di datarla un pochino. Anche le recitazioni sono solide, e in fondo attori come Morgan Freeman o Tim Robbins è raro che tirino fuori interpretazioni che siano meno che decenti, soprattutto in quegli anni quando entrambi erano al loro meglio; gli fanno da spalla caratteristi di buon calibro, fra i quali si ricordano Clancy Brown,il mai dimenticato villain di "Highlander", e William Sadler nel ruolo di un carcerato particolarmente cinico. La storia è narrata bene, prendendosi il suo tempo per presentarci i personaggi, svilupparli a dovere ed evolvere con cura la vicenda; per essere l'opera di un esordiente, mostra una certa perizia da parte del regista Frank Darabont, anche se in questo senso sicuramente aiuta ambientare gran parte della trama all'interno di un unico ambiente, ossia quello della prigione. Detto questo, però, ammetto che niente della storia di per sé mi ha coinvolto, emozionato o tanto meno appassionato. Il motivo principale è che, pur veicolando un messaggio fondamentalmente positivo, il film si appoggia fin troppo a una sfilza di cliché tipici del genere carcerario; magari non avranno dato molto fastidio a un'intera generazione che con film del genere ci sono cresciuti, ma personalmente, dopo aver visto opere come "Forza bruta", "Papillon", "Nick mano fredda", "L'uomo di Alcatraz", "Fuga di mezzanotte" e "Fuga da Alcatraz" (tutti di ben superiore caratura), è impossibile trovarli ancora freschi o interessanti per quanto sono stati ripetuti nel corso degli anni.
Andy è un uomo che ovviamente è stato accusato ingiustamente (si viene a sapere infatti che il vero assassino è un altro, già imprigionato altrove), che ovviamente alla fine riuscirà a trovare un modo per fuggire da un posto da dove, così gli dicono tutti, "nessuno è mai riuscito a scappare". In sua compagnia troviamo stereotipi ambulanti come: l'amico per la pelle (Freeman), i bulli stupratori, il secondino sadico, il direttore che, oltre ad essere uno str**o, è naturalmente anche perfido e corrotto perché non sia mai che ci lasciamo sfuggire uno dei classici stereotipi da film carcerario, eh.
Tutto questo imprigiona il film in una gabbia di prevedibilità, dove ciascuna situazione sa di già visto, ogni dialogo di già detto e ogni colpo di scena o mirabolante scena di fuga di già fatto, e di conseguenza difficilmente regalano qualche sussulto. Qua e là ci sono delle interessanti variazioni,
Quei cinque minuti del vecchio bibliotecario che, incapace di riadattarsi alla vita fuori dal carcere, sono l'unica parte interessante, e seppur venga ripresa brevemente alla fine, ho come avuto l'impressione che il tema insito in essa si sarebbe potuto sfruttare di più.
ma complice anche il poco tempo che viene loro dedicato, lasciano il tempo che trovano. A peggiorare le cose è la stessa regia di Darabont che, per quanto ottima tecnicamente, si rivela apatica sul piano emotivo, e le interpretazioni, per quanto solide, mancano di quella scintilla in più capace di renderle davvero accattivanti. Infine, vorrei anche citare il ritmo, disteso sì, ma forse un po' troppo, con una parte finale che si dilunga all'infinito prima di far partire i titoli di coda, qualche forzatura già menzionata da alcuni utenti prima di me,
L'eccessiva libertà che il direttore offre a Andy, anche dopo che questi aveva manifestato evidenti segni di ostilità nei suoi confronti, o lo stesso piano di evasione che si basa tutta sulla fortuita eventualità che il direttore o i secondini non aprano mai (e dico MAI) la sua Bibbia o dietro al poster per tutti e venti anni di permanenza.
nonché qualche ovvia incongruenza che non ho potuto fare a meno di notare.
In venti anni di permanenza in prigione, nessuno dei detenuti invecchia di un singolo giorno; sia Red che Andy, il giorno in cui si ritrovano in Messico, hanno lo stesso aspetto che avevano il giorno in cui si sono incontrati.
Tutto ciò mi spinge a ritenere questo adattamento della novella di King, dopo le acclamazioni e gli elogi che ho sentito, una delusione. Il materiale c'è, ma è sempre quello, e c'è anche il trattamento, ma purtroppo non si discosta molto dalla norma. Un buon film, realizzato con competenza, ma che non contiene assolutamente niente di straordinario, fresco o innovativo.
Dom Cobb 19/06/2021 15:57:42 » Rispondi Forse dovrei rettificare il voto. Un 5 è più appropriato.