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CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF? regia di Mike Nichols

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stratoZ     8½ / 10  16/01/2024 14:26:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

L'esordio di Mike Nichols è un uragano di dialoghi che nelle sue due ore piene di durata si occupa di scardinare e mettere a nudo tutta l'ipocrisia che giace latente nei rapporti, quantomeno quelli di convenienza, medio borghesi, un muro di apparenza demolito dai fiumi dell'alcool che fanno uscire in tutta franchezza la frustrazione che portano le aspettative non realizzate, sfociando in diverbi crudeli e umilianti, un gioco al massacro che non risparmia nessuna figura, tutto in una notte, con soli quattro personaggi e poche location. L'opera si colloca in pieno in quella frattura tra la Hollywood classica, di cui comunque ne ha due degni rappresentanti e la New Hollywood principalmente per la sua tematica dissacrante nei confronti della società del tempo più tipica del cinema moderno.

Il film parte già subito di quarta con l'entrata in scena di Martha e George, già entrambi parecchio su di giri a causa dell'alcool si scambiano le prime battute al vetriolo, quando arrivati a casa Martha annuncia a George l'arrivo di una giovane coppia che frequenta sempre l'ambito universitario come loro. Dall'arrivo della giovane coppia in poi è un'escalation di tensione emotiva con i dialoghi che si fanno sempre più serrati, pieni di botta e risposta, specialmente tra Martha e George che mostrano - complice la bravura della Taylor e di Burton, qui in una forma eccezionale, inteso come recitazione - quanto le battute siano fatte con cattiveria, dalla prima all'ultima, raggiungendo culmini incredibili, basti vedere quando ancora neanche a metà film si arriva allo sfogo di Martha in cui vomita ed esplicita tutte le sue aspettative disattese su George che sarebbe dovuto diventare direttore del suo dipartimento, secondo il loro piano quando si sono sposati, e avrebbe dovuto prendere il posto del padre di Martha, attuale direttore dell'università, un momento di puro sgomento, con parole come coltellate nei confronti del povero George, che però dalla sua ha sposato Martha proprio perché essendo figlia del direttore gli avrebbe garantito una strada spianata verso la carriera universitaria.

Successivamente, la giovane coppia passa dall'essere semplicemente spettatori di questo massacro ad esserne parte attiva, dopo un momentino di pausa in cui George e Nick si raccontano - vi è anche una sorta di paternale velata di George alla quale Nick risponde a tono, ma non è davvero questo il centro del film, Nichols approfondirà meglio la questione generazionale l'anno dopo con "The Graduate" - si passa ad un nuovo confronto, questa volta alla sala del bar, in cui emerge un altro fattore importante sull'incomunicabilità di coppia, con Martha ancora più in preda all'euforia dell'alcool che sminuisce i lavori da scrittore di George che avevano fallito miseramente, facendolo sentire in colpa per le sue passioni e i suoi tentativi, altro momento di destabilizzazione emotiva molto forte, che verrà ribaltata con lo spiattellamento da parte di George di tutti i motivi alla base del matrimonio tra Nick e Honey, in vendetta all'assecondamento di Nick nei confronti di Martha, dove rivela che sotto sotto anche il loro rapporto riguarda la convenienza, trascinando nell'inferno della disillusione anche la giovane coppia.

La parte finale calma i toni ma non le emozioni, con la morte del figlio decisa da George che potremmo considerarla il colpo di scena effettivo del film, fa emergere questa illusorietà attorno alla figura desiderata e mai avuta del pargolo con cui i protagonisti giocavano per rifugiarsi da una realtà molto al di sotto delle loro aspettative, coronando la feroce critica non tanto alla coppia quanto agli standard sociali da rispettare e tenere alti al punto da diventare ossessivi, fantastica ancora una volta qui la Taylor che scoppia in un mare di lacrime per una morte che in realtà non è mai avvenuta, George nella sua foga, nella sua rabbia ha riportato alla realtà il rapporto e perché no, dal finale si potrebbe intuire come abbia posto le basi per una progressiva accettazione di esso.

Dall'impianto teatrale - e grazie direi, è tratto proprio da uno spettacolo - e diretto magnificamente, Nichols da una prova di regia sublime, restando sempre nel centro dell'azione, agendo prettamente in primi piani minuziosi e gestendo i meccanismi e i personaggi alla perfezione, creando a tutti gli effetti un dramma da camera molto sopra le righe con dei personaggi esasperati, alcuni cambi scena sono stupendi e la dinamicità rende benissimo l'idea che vuol far passare la pellicola, basti guardare l'attacco tra la brusca frenata di George e il ballo nella sala da bar.
Da menzione anche la fotografia, particolarmente dura e contrastata e il montaggio serrato che tiene bene il ritmo.

Gran bella opera prima di Nichols, che in quei due anni realizzerà due cult imprescindibili per la New Hollywood.