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CLEOPATRA (1963) regia di Joseph L. Mankiewicz

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Dom Cobb     7½ / 10  28/09/2019 18:30:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La storia di Cleopatra, ultima grande regnante d'Egitto, e delle sue tresche dapprima con Giulio Cesare, e in seguito con il suo accolito Marco Antonio, fino alla battaglia di Azio, che suggella il tragico destino dei due amanti...
"Cleopatra", ovvero sia il simbolo assoluto della Hollywood vecchia scuola, l'apice di un filone, quello epico-storico, che fino a quel momento aveva procurato successi su successi e che a partire da qui andrà rapidamente e disastrosamente a fondo, al punto da scomparire per quasi quarant'anni; manifesto ideale di una delle più note e tempestose relazioni fra superstar (Richard Burton-Elizabeth Taylor) nella storia della cultura pop dell'ultimo secolo; e una delle più grandi, ironiche delusioni al botteghino per un prodotto del genere, tanto che la carriera del regista-sceneggiatore Joseph L. Mankiewicz, ne rimarrà segnata per sempre. Dopo tanto tempo, dopo che tutto il polverone si è posato, cosa ne rimane? Onestamente, un prodotto niente male.
A guardarlo bene, il film sembra in costante conflitto con sé stesso: da una parte si ha una pomposità, un lusso scenografico e costumistico da far impazzire (premi Oscar strameritati), viste spettacolari che rappresentano una straordinaria unione di fotografia ed effetti speciali. Dall'altra, una storia che non ha assolutamente alcun bisogno di tutti questi artifici e trucchi per essere raccontata. La grande contraddizione dall'inizio alla fine delle circa quattro ore di durata è che nelle intenzioni questo dovrebbe essere una sorta di quadro umano e psicologico di una delle figure storiche più affascinanti e misteriose della storia antica, ma nella realtà dei fatti si tramuta in puro e semplice spettacolo, in scene il cui impatto è del tutto sprecato e fine a sé stesso.


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Spreco ancora più evidente se si considera che di grandi battaglie e scontri fra armate nemiche vi è a malapena qualche accenno,


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mentre tutto il resto della durata viene riempito da conversazioni su conversazioni all'interno di grandi sale lussuosamente decorate, grandi giardini verdeggianti o grandi distese di colline o deserti e quant'altro. E il tutto impregnato di un'atmosfera che abbandona del tutto i fasti gloriosi di un "Ben-Hur" o uno "Spartacus" e li sostituisce con toni più malinconici e riflessivi, cosa che si riflette nelle musiche di Alex North.
Tutto questo sarebbe effettivamente un gigantesco difetto, se non fosse che, in qualche modo misterioso, gli attori riescono a non lasciarsi schiacciare da tutto il decoro e tutto l'impianto spettacolare. Un'intera lista di grandi nomi è lì, che da il meglio di sé e riesce a lasciare un'impronta duratura: la Taylor è la Taylor, e anche se personalmente preferisco altre attrici a lei, fa ancora la sua figura, tanto più che ha uguale alchimia sia con Rex Harrison sia col futuro marito Richard Burton. Solo guardare questi attori insieme nello stesso film dare queste interpretazioni è sufficiente a mantenere alta l'attenzione dello spettatore.
C'è da dire, inoltre, che le conversazioni in sé non sono affatto noiose: sebbene il concentrarsi sullo spettacolo puro impedisca un vero e proprio scavo psicologico dei personaggi, i dialoghi sono briosi e intelligenti abbastanza da rendere frizzanti i vari confronti fra i tre protagonisti, pur con qualche concessione a un certo tipo di melodramma soap-operistico caratteristico del cinema di questo genere.


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I tre grandi nomi e le figure che interpretano finiscono per diventare l'elemento più ingombrante del film, al punto da oscurare praticamente tutto il resto; si fa notare forse solo qualche comprimario ridotto inspiegabilmente a macchietta,


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una delle tante inaccuratezze storiche di cui i film di questo filone sono pieni.
Impossibile, comunque, non apprezzare l'ironia di fondo di tutta questa faccenda: l'unica cosa che ha impedito al film di diventare un successo non sono stati gli incassi poco esaltanti, visto che è stato fra i più alti incassi di quell'anno, ma la sua stessa natura spettacolare. Fra problemi di produzione vari e una gestione fuori controllo, c'è poco da stupirsi se il budget è balzato alle stelle, impedendo al risultato finale di generare un profitto già in partenza. "Cleopatra" rappresenta le tendenze più commerciali e becere della Hollywood dei grandi studios, sia nel bene che nel male, e tutta l'industria uscirà cambiata dal suo fallimento.
Ma in fin dei conti, non ritengo valga la pena provocare tanto scalpore per un film che, nonostante tutto, non è né fra i migliori, né fra i peggiori mai creati. Nonostante tutto, riesce a districarsi fra mille e più problemi di struttura, scrittura e produzione e ne esce con relativa dignità; prova ne sia che, a dispetto della lunga durata e delle atmosfere tutt'altro che energiche, scorre via abbastanza facilmente. Rimane una costante gioia per gli occhi e il carisma degli attori, unito a dialoghi ben costruiti e una solida regia, garantisce un valido prodotto di intrattenimento. Anche se non possiede né la complessità, né la profondità che gli piacerebbe tanto avere.