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CUORE SELVAGGIO regia di David Lynch

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Woodman     8½ / 10  15/08/2013 20:38:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Assai bello, "Cuore selvaggio" è uno di quei film che ai miei occhi acquistano ancora più valore proprio per le controversie che genera. Ridicolo, pretenzioso, buffo, baraccone, stupido, romantico, eccezionale, barocco, meticoloso, grottesco, nero, suggestivo, spaventoso, pesante, classicheggiante, avventuroso, folle, sanguinario, ardente, pittoresco, disgustoso, smielato, pruriginoso, imbevibile, rivoluzionario, capriccioso. Sì, è vero. "Cuore selvaggio" è probabilmente tutto questo e altro, un mix affatto moscio di generi sovrapposti sotto il segno del road-movie. Non è di certo un filmetto da due soldi spacciato per qualcosa che non è, non ha niente a che spartire con i falsi capolavori recenti quali "Requiem for a dream" o "Il cigno nero", quelli sì delle gran prese per il **** copiate o riciclate da eoni di cinema preesistito. "Cuore selvaggio" è innovativo, affascinante e esaltante. Un viaggio emozionante, come sono lo tutti i film di Lynch.
Concordo con chi dice che non è uno dei migliori, ma non con chi lo trova trascurabile. E' imperdibile, per almeno tre motivi: 1) la grandiosa performance della Ladd (candidata all'Oscar), 2) L'allucinante chiacchierata serale all'aperto a Big Tuna in cui entra in scena l'orripilante Bobby Peru di Defoe e 3) la parte finale sospesa fra sublime e ridicolo involontario.
Lynch stavolta ha saputo accontentare anche i cinefili più pigri e il pubblico più conservatore, disseminando cifre stilistiche apprezzabili a livello globale (per tutto il film si aspetta il momento -ed era inevitabile fosse il finale- in cui Sailor finalmente canterà "Love me tender" alla sua Lula, insomma tutti i nodi, dai più irritanti ai più semplici o apparentemente futili vengono al pettine, soddisfacendo tutti). Ha ragione il Morandini a definirlo un accomodamento ai canoni di un genere, aggiungendo che Lynch non perde d'occhio il suo stile irresistibile e unico, da grande maestro quale è, dipingendo al tempo stesso un bel ritratto della Nazione.
Come in "Velluto blu", di cui condivide l'intreccio di noir e grottesco con poco onirismo, l'incubo non sembra infinito (ma stanno per arrivare "Twin Peaks" e "Strade perdute").
Da vedere, in ogni caso.
Evitare con cura il tremendo ridoppiaggio, una rovina peggiore di quella capitata al "Padrino".
Palma d'oro a Cannes per gentile concessione di Bertolucci.
Sublime la colonna sonora, tutta.