amterme63 7 / 10 10/09/2010 12:36:39 » Rispondi E' senz'altro il film più coraggioso di Ferreri, quello che più facilmente può essere frainteso. Fin dai primi film Ferreri ha sempre disegnato modelli di convivenza civile, in genere astraendo dalla realtà e proponendo modelli che riflettevano gli umori del presente o i disegni per un probabile futuro. Questo film in particolare si situa nella temperie culturale degli inizi degli anni '80, nel momento di massima intensità del movimento di liberazione etica individuale, prima dell'arrivo dell'ondata moralizzatrice che stiamo vivendo tuttora. Il disegno/desiderio di poter vivere ed esprimere nella massima libertà tutto quello che è amore pacifico e conseziente, calore e contatto umano, senza prigionie di legami sociali o rigide norme morali arrivò allora al punto di poter immaginare una storia in cui pedofilia e incesto potessero essere visti come qualcosa di normale e non negativo. Questo film disegna una piccola utopia di nuova "famiglia" o vita affettiva in cui non ci siano divieti di nessun genere all'amore, purché sia voluto e partecipato. Si vuole dimostrare che c'è amore, sentimento, coinvolgimento molto forte anche nella scoperta dell'eros da parte di un(a) adolescente nel suo rapporto con il mondo degli adulti, come pure il legame affettivo molto forte e sentito nei confronti dei genitori che non conosce alcun tipo di barriera. L'accento è sulla parte sentimentale interiore, infatti in tutto il film non c'è nessuna scena scabrosa, morbosa e non è assolutamente un film volgare o disgustoso. Anzi è un film a volte molto delicato e intenso. Il limite più evidente è l'astrazione quasi completa dalla realtà. La storia si svolge come fosse reale (è addirittura ambientata a Sabaudia) ma in verità taglia quasi tutto quello che è spiacevole o contrario. Il fatto è che una vicenda del genere non avrebbe mai potuto svolgersi in maniera così pacifica e tollerata. Assolutamente. E' ovvio che tale esclusione del negativo è voluta, è come poter osservare un esperimento in vitro per dimostrare che può esistere e svolgersi se non gli si pone ostacoli. La storia è tratta da un libro scritto da Dacia Maraini e da Piera degli Esposti (mica persone qualunque!) ed è tradotto su pellicola con stile francese (non va dimenticato che Ferreri è il più "francese" dei registi italiani della fine del XX secolo). Questo stile prevede di seguire gli avvenimenti dal punto di vista dei sentimentali interiori dei personaggi, astraendo da tempo, luogo e azione. Si assiste ad una serie di fatti banali, a volte insignificanti che si succedono senza apparenti legami logici fra di loro. La progressione è dettata esclusivamente dalla conoscenza e dall'espressione di sentimenti. Noi del 2010 abbiamo perso l'abitudine a questo metodo di rappresentazione basato sull'interiorità e quindi facilmente ci si smarrisce, ci si annoia e non si raccoglie niente da ciò che vediamo.
Piera, adolescente di 12 anni, viene su in una "famiglia" un po' sconquassata. La madre Eugenia è una specie di "Bocca di Rosa", semplicemente mette l'amore sopra ogni cosa. E' spesso in giro con altri uomini e una volta Piera la trova su di una splendida spiaggia deserta con i vestiti mossi dal vento che siede su di un uomo nudo sdraiato. La scena è molto bella. Eugenia non si vergogna assolutamente, anzi sorride alla figlia, le vuole dimostrare che tutto è naturale, è piacevole e non è assolutamente "peccaminoso". Il padre è un comunista idealista che non riesce a combinare niente di concreto nella vita. Anche lui condivide le idee "libertarie" di Eugenia e non fa mai apparire l'affetto e l'amore come qualcosa da vietare o colpevolizzare, anche se viene dalla propria figlia. E' comunque una figura debole e perdente. Piera cresce quindi libera e si abitua ad esprimere liberamente tutti i suoi desideri e sentimenti. E' però una ragazzina salda e consapevole, non certo complessata e succube. Si sente molto più adulta della sua età. Addirittura si mette a dare lezioni di "amore" ai ragazzini, insegnando loro come si fa a baciare. Al suo primo mestruo, Eugenia la porta a bere ad una fonte termale (l'Acqua della *******!) avvertendola dei pericoli ("tieni le gambe strette altrimenti ti trovi incinta in un soffio"). Nel seguito della scena trovano un uomo barbuto che fa il bagno nudo. I tre ridono e scherzano con la massima naturalezza. Piera accarezza con fare molto naturale la gamba dell'uomo, che sorride. La scena finisce con Eugenia che prende in braccio ridendo Piera e sua volta l'uomo le prende entrambe in braccio e infine un piano lunghissimo li inquadra sdraiati nell'erba. E' una scena che non ha niente di morboso o scabroso e ha la stessa naturalezza dell'ammirare il nudo di una statua greca. Da adulta Piera sviluppa l'istinto di non frenare assolutamente il suo bisogno di amore e quindi si attacca spontaneamente al conforto amoroso anche del proprio stesso sesso. Non nega conforto e sollievo (sessuale/amoroso/affettivo) a nessuno, nemmeno a suo padre, triste e sconsolato. Basta che ci sia partecipazione affettiva. Nonostante questa sua educazione apparentemente "disastrosa" diventa un'adulta partecipe e attiva, molto profonda e sensibile e che opera nel campo dell'arte drammatica. Andando a trovare suo padre all'ospizio/ospedale, Piera lo trova nel letto del suo compagno di stanza (invero un vecchino brutto). Un infermiere in maniera brusca riprende il padre. "Perché?" domanda Piera. "Potrebbero diventare froci", risponde l'infermiere. "Ma se hanno bisogno di calore!" è la reazione di Piera. Il film si conclude in riva al mare (simbolo di spazio infinito senza ostacoli, profondità, natura) con Eugenia e Piera nude che si abbracciano. La storia si svolge appunto in una Sabaudia svuotata dei sabaudesi, in un ambiente quasi irreale e molto geometrico (ricorda De Chirico). Il "negativo" si esprime in qualche commento privato un po' casuale di personaggi secondari ("che indecenza!") e nella scena della giostra, in cui Eugenia e Piera vengono "assalite" da un gruppo di giovani. Scena che si risolve in maniera fin troppo semplice e pacifica!
La recitazione di Hanna Schygulla e Isabelle Huppert non mi è piaciuta molto, devo dire. Non danno molto pathos ai personaggi, vivono trasognate e distaccate. E' comunque una caratteristica dei film di Ferreri. Bravo come al solito Mas*****nni nell'umanizzare molto il suo personaggio. Bellissimo è il disegno scenico che viene dato ad ogni inquadratura. C'è un senso dello spazio notevole e che colpisce molto. Decisamente molto bello questo aspetto del film. Per il resto si tratta di un opera che oggi sarebbe improponibile.