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L'HAREM regia di Marco Ferreri

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amterme63     7 / 10  20/06/2010 17:23:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si tratta di un altro film di Ferreri che sprizza anni '60 da tutti i pori (visuali e tematici).
La società di alllora non verteva idealmente sul consumo come adesso, ma sulle istituzioni e sulle forme. Ovvio che ci si preoccupasse tanto dell'emancipazione femminile, della libertà sessuale e di una condotta di vita fuori da qualunque schema.
Ferreri coadiuvato dal fido Azcona confenziona l'ennesima commedia su queste questioni cruciali dell'epoca, sempre con uno spirito corrosivo e distaccato. Nei suoi film non esistono eroi o grandi personaggi, ma prestavolto a determinate idee o comportamenti. Solo in "El Cochecito" c'era anche un forte sentimento umano (e in parte anche in "La Donna Scimmia"). Qui, sia le vicende che i personaggi, sono molto "tipiche" e volutamente quasi prive di pathos sentimentale. Ciò non toglie che i personaggi siano credibili e plausibili, anche se il tono generale rimane quello tipico della commedia, cioè del rimando a questioni etiche esterne ai personaggi individuali.
Ferreri/Azcona come al solito "criticano" tutti i personaggi. La donna protagonista è sì emancipata e senza pregiudizi, però è incerta e insicura. Sa cosa non vuole (l'istituzione vincolante del matrimonio, della famiglia e dei figli) ma non sa per niente cosa vuole (una volta abbattuta l'istituzione, cosa sostituire?). Il suo fascino fisico la lega a 3 uomini (2 borghesi formali e un po' ipocriti e 1 inglese di costumi liberi) + 1 omosessuale (anzi, meglio dire un asessuato).
Per 3/4 del film sembra di assistere ad un opera di Losey, di quelle dove un carattere femminile tiene legati a se degli uomini fino a distruggerli. Solo che nel film di Ferreri non si scandagliano per niente le ragioni psicologiche di tali legami, ma si preferisce disquisire di forme istituzionali e mostrare i difetti e le debolezze dei personaggi. Infatti a un certo punto sfugge completamente la ragione e il perché del voltafaccia dei 3 uomini che da vittime e marionette diventano sfruttatori e carnefici. L'atmosfera, da film di Losey diventa improvvisamente da film di Bresson, di quelli dove il protagonista perde completamente la propria volontà e finisce vittima e strumento della volontà altrui senza minimamente ribellarsi. Gli ex amanti e servitori finiscono così per distruggere il loro idolo; del resto il confine fra amore e odio è estremamente labile.
Il finale è quindi simbolico e ambiguo. Certo, si critica l'ipocrisia e il formalismo ma allo stesso tempo si mette in guardia dall'eccessiva libertà. Sembrerebbe questo il senso del tragico rovesciamento finale.
Per il resto è il solito film monotematico, lento nello svolgimento, pieno però di piccoli interessanti particolari di costume che illustrano molto bene una particolare epoca. Belli i primi piani sensuali della protagonista femminile (un po' troppo "bambola" comunque).
Da notare la magnifica ambientazione a Dubrovnik e sul litorale dalmata (non ancora rovinato) e la splendida colonna sonora di Ennio Morricone (qui alle prese con il jazz e la musica psichedelica).