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THE ELEPHANT MAN regia di David Lynch

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Ciumi     8 / 10  08/02/2011 21:05:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
A parte durante le brevi sequenze oniriche, belle, è difficile riconoscere sia un film di Lynch: non il caos domina, ma un insolito ordine.
Se ne riconosce però il talento, descritto da un raffinato bianco e nero, e in un'atmosfera magica che riporta a vecchi melodrammi.
Un ordine: ci sono i buoni e ci sono i cattivi, come nelle favole, principi e orchi, o come nei pessimi film. Ma "The elephant man" non è né una favola, troppa sofferenza, né un pessimo film.
L’uomo elefante è il dolore, fisico, psicologico, della memoria, respiratorio. In equilibrio tra la gentilezza dell'animo e la mostruosità del corpo, tra la quiete e l'angoscia, tra miseria e benessere, tra immaginazione e realtà, tra retorica e sentimento profondo.
La miseria genera mostri: i cattivi del film, sono i più poveri, violenti, solo Merrick sfugge a questa legge.
La cortesia che spesso indigna, l'opportunismo e l'ipocrisia dei ricchi, la bellezza anche solo esteriore, piacciono a Merrick, perché in esse trova la pace.
Come l'illusione del teatro, che tanto affascina (e un poco spaventa) da sempre il regista. Merrick vive la sua vicenda come sospeso tra due mondi irreali, tra il baraccone e le stanze da sogno dell'ospedale, tra regine e orchi, tra stelle di teatro e fenomeni da circo.
Solo, quando in un breve brano verrà a mischiarsi con il mondo comune, l'incontro sarà drammatico. E viene in mente vagamente "Freak", ma non truce, o "Frankenstein", non grottesco, soprattutto "L’enigma di Kaspar Hauser" di Herzog, ma non cinico.

Il finale, più sognante, tenue, è di una malinconia degna di una favola di Andersen: "niente muore", lancia questo messaggio una fata, la madre bella (ma era buona? era cattiva?), ambiguo; poiché se niente morisse, allora non morirebbe neppure il dolore.
Marco Iafrate  08/02/2011 22:38:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il film che mi ha trasmesso la passione per il cinema. Un paio di settimane fa ad una mostra di quadri di un mio amico in una piccola libreria di nicchia vicino campo de' fiori, curiosando qua e là mi è venuto tra le mani un libricino dal titolo "The elephant man" con un' interessante analisi del film, nelle ultime pagine c'erano delle foto tratte da alcune immagini del film, una di queste mi ha folgorato, era un primo piano del vero John Merrick, non l'avevo mai visto, impressionante, si può dire che Lynch nel suo film ne abbia addolcito i tratti, mi ha commosso, l'ho amato ancora di più.
Ciumi  09/02/2011 20:28:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciao Marco. Lo capisco, in effetti in “The Elephant man” c’è un po’ tutto riassunto il cinema, dalla sua magia al suo occhio puntato sulla realtà; è assieme sognante e sofferto.
Tra l’altro leggendo in breve la biografia di Merrick mi ha sorpreso scoprire come il film sia stato fedele, in quasi tutto, alla sua vita, fino alla morte. Lynch ne ha addolcito i tratti, è vero (visto ora la foto da Wikipedia), però anche riguardo l’aspetto è rimasto piuttosto fedele. E’ stato bravo secondo me perché, pur senza il distacco che in questi casi è di solito più opportuno, ha saputo non spettacolarizzarne la storia.