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ERASERHEAD regia di David Lynch

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ULTRAVIOLENCE78     9 / 10  29/07/2009 17:34:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' il 1977 quando David Lynch, dopo una lunga gestazione, termina le riprese di "Eraserhead". Il primo lungometraggio del regista americano è preceduto da una serie di corti per così dire propedeutici -alcuni molto riusciti, come "The Alphabet" e "The Grandmother", nei quali sono già ravvisabili i prodromi di quella vena altamente sperimentale che caratterizzerà quasi tutta la sua fortunata produzione successiva, nonché i germi di parte delle tematiche che connoteranno proprio "Eraserhead". Quelle paure e angosce, che erano state rappresentate nei succitati cortometraggi, troveranno pieno sfogo nel film del '77, approdando ad estremizzazioni di notevole impatto emotivo e visivo.
Con "Eraserhead" Lynch mette anzitutto in scena, nel contesto di una periferia industriale degradantissima, la famiglia americana di provincia, colta nel suo squallore più becero. Quattro componenti: il padre, la madre, la figlia e la nonna, che il regista tratteggia come personaggi involgariti e abbruttiti da un'esistenza grama e "routinaria", segnata dall'alienazione riveniente da lavori, abitudini e aspettative tragicamente mediocri. La famiglia stessa diventa un incubo per il personaggio principale della vicenda, Jack Nance: incubo che si perpetua, senza soluzione di continuità, tanto nella mente di questi quanto nella realtà. Finzione e verità, conscio e subconscio si fondono, diventando un "unicum" in cui è indiscernibile ciò che viene percepito a livello cosciente da ciò che è sognato o soltanto immaginato, in quanto entrambe gli aspetti attengono a stati emotivi che sono propri della condizione esistenziale del protagonista, e che promanano dalla sua "real life".
All'incombente minaccia di una famiglia opprimente si unisce pure l'angoscia legata alla paternità. Il neonato "mostrificato" è il simbolo di qualcosa di non voluto e non accettato, che pervade la vita del padre, ammorbandola in ogni suo momento: dall'esperienza pre-coniugale agli incontri con l'amante, fino ad arrivare alle visioni oniriche culminanti nella caduta della testa del protagonista che, raccolta da un ragazzino, viene portata in una sorta di laboratorio, dove si procede all'estrazione di materia cerebrale destinata alla fabbricazione di gomme per matite. La prova funziona: il tratto sul foglio viene cancellato, ma niente in realtà è definitivamente eliminato. Il pulviscolo formatosi in seguito all'uso della gomma è il segno di qualcosa che non può essere rimosso. La mente cancella, ma solo apparentemente: tutto ritorna, proprio come quel pulviscolo che, successivamente, si vedrà avvolgere il volto attonito del protagonista, per sempre condannato al rimorso per il misfatto perpetrato: l'assassinio del figlio. Atto che cortocircuita il sistema di un "regista" superiore: una sorta di "Dio minore" sfregiato, destinato ai soggetti più umili e miserabili, che ha il potere di determinare la nascita di un individuo (cfr. la sequenza in cui questi, dopo aver azionato alcune leve, attiva un percorso dello spermatozoo che si conclude con una luce bianca: il venire al mondo), ma a cui viene corrispondentemente tolto quello di deciderne la morte a causa della disumanità terrena.
Dunque, nella mente "allucinata" di Lynch, aldiquà e aldilà sarebbero speculari: quanto di triviale e disgustoso v'è nel primo si ritrova anche nel secondo, dove pure quello che sembrerebbe essere un potenziale paradiso si rivela abitato da un essere inquietante e deforme: una donna col viso mostruoso, che si esibisce sul proscenio di un immaginario teatro intonando una canzoncina proprio sul paradiso. Immagine che ricorrerà più volte, e con elementi sempre nuovi (come quello della caduta dall'alto di feti, destinati ad essere calpestati), fino ad arrivare al gesto conclusivo: l'abbraccio tra la stessa donna e Nance, seguito da un ultimo bagliore a suggello del trapasso finale.
Il talento visionario di Lynch, di cui già si era avuto un saggio nei cortometraggi della sua prima produzione, trova piena espressione in quest'opera. Notevoli le atmosfere decadenti riprodotte, nelle quali si denotano richiami a quelle delineate nel romanzo "Il Processo". Sembrerebbe di matrice kafkiana, infatti, lo squallore nel quale è immersa tutta la vicenda: dal personaggio della dirimpettaia, animata esclusivamente da un impulso sessuale (straordinario il primo-piano di lei che affiora nel buio) all'aridità degli esterni contrassegnati da palazzoni imponenti e inestetici, fino all'illuminazione cupa e grigia. A questi rimandi si aggiunge, ovviamente, la eccezionale capacità immaginifica (che affonda le sue radici nella pittura) del regista statunitense, la quale ha fatto di "Eraserhead" un'opera esemplare nell'ambito delle produzioni cinematografiche sperimentali e weird.
Invia una mail all'autore del commento wega  10/08/2009 13:18:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ah scusami, non avevo visto la tua risposta probabilmente perché era qualche giorno che non entravo in FS. Comunque, accidenti, un capolavoro di commento ragazzo mio. Però vedi, interessante, anche qui la famiglia e l' incubo che ne consegue sembrerebbe rimandare a una delle tematiche principali di Bunuel e del surrealismo in generale.
ULTRAVIOLENCE78  10/08/2009 17:14:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie del complimento. Ok su Bunuel e sul surrealismo in generale. Ciao.
Zero00  27/08/2009 10:58:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bellissimo commento. Avrei solo un paio di cose su cui discutere: 1 parli di incubo che si perpetua tanto nella mente del protagonista quanto nella realtà. Io invece trovo che il film stesso escluda la realtà, che viene proprio trasfigurata nell'incubo.
In pratica ci trovo al massimo una dicotomia espressa tramite l'uso della metafora, ma non ci trovo due piani distinti. 2 parli di aldiquà e aldilà, quindi anche in questo caso di due piani distinti (che si confondono, sì, ma che rimangono comunque distinguibili). Non trovo invece in Lynch (in nessun caso, in nessun film) un piano che vada oltre quello reale/onirico e in questo caso prettamente onirico. Il dio minore dovrebbe essere semplicemente il protagonista, il suo IO, collegamento tra realtà (che però non ci viene mai mostrata) e ES, le pulsioni (volendo usare un linguaggio psicoanalitico per facilitare i concetti che voglio esprimere), ovvero il mondo-sogno (la testa di Nance)
Magari ho capito male quello che volevi dire tu e mi scuso ma: che ne pensi?
Mi piacere sapere cos'ha in comune la mia lettura con la tua, espressa tra l'altro in un commento veramente bello!
ULTRAVIOLENCE78  27/08/2009 14:20:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ti ringrazio del complimento. Quanto alle tue perplessità, io affermo proprio che non v'è alcuna scissione/dicotomia/distinzione tra reale e inconscio. Qualsiasi rielaborazione psicologica è indissolubilmente legata alla realtà (come, appunto, domostra la tripartizione freudiana tra ES, IO e SUPER-IO). Sì, tutto promana dalla mente del protagonista, ma il suo inconscio non è slegato dalle esperienze della fase cosciente.
Su vita terrena e ultraterrena: io vedo le allucinazioni di Nance anche quale veicolo, attraverso cui Lynch esprime le sue riflessioni e la sua visione di natura (azzardo il termine) teologica. Anche se tutto è "interiorizzato" dal protagonista, c'è spazio anche per prospettive metafisiche.
Anche se Lynch lascia un certo margine alle interpretazioni, Il film non è così difficile come sembra, e il nucleo tematico di fondo è abbastanza riconoscibile. Penso che due visioni attente possano bastare per carpirne il/i significato/i. Ciao.
Zero00  28/08/2009 11:12:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sempre un piacere discutere con te!
ULTRAVIOLENCE78  28/08/2009 14:31:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie!
Zero00  28/08/2009 11:13:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi


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ULTRAVIOLENCE78  28/08/2009 14:31:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi


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Zero00  28/08/2009 14:52:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi


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ULTRAVIOLENCE78  28/08/2009 15:02:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi


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Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  04/10/2009 23:09:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Complimenti anche da parte mia per il commento, davvero appropriato e approfondito. Anch'io mi limito a osservare che in effetti la dicotomia reale/sogno, aldiqua/aldilà mi sembra risolta in Lynch nel senso della prevalenza assoluta del sogno in un aldiqua altrimenti insopportabile. Dalla realtà non si può che fuggire ma non ci aspetta alcuna redenzione.
ULTRAVIOLENCE78  05/10/2009 01:18:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Dalla realtà non si può che fuggire ma non ci aspetta alcuna redenzione". Certo, però pure nell'ir-realtà non staremmo messi meglio, a quanto pare... Grazie e alla prossima..