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NON TOCCARE LA DONNA BIANCA regia di Marco Ferreri

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amterme63     6 / 10  22/07/2010 22:16:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un film strano e difficile da giudicare. Lo stile è grottesco e paradossale e ha per argomento la politica, cosa piuttosto strana per un film di Ferreri. L’aspetto del film che disorienta di più è l’incoerenza temporale, cioè la mescolanza di presente e passato, tanto da far diventare a volte la storia qualcosa di assurdo e sconcertante. In realtà tutto è voluto e studiato per creare paralleli e rimandi a circostanze e fatti ben conosciuti al pubblico dell’epoca (la lotta fra classe operaia e borghesia).
La scena iniziale è quella che colpisce e sorprende di più ed è forse la scena-chiave del film, l’unica decisamente attuale. Un gruppo di signori incravattati (si capisce che sono pezzi grossi del potere, visti però in maniera ironica e sarcastica) si preoccupa della corruzione della società da parte dei meridionali, degli straccioni, di chi è socialmente “pericoloso” e ne progetta lo sterminio fisico e culturale, con evidente parallelo con l’ideologia nazista. A questo elenco basterebbe aggiungere i clandestini e gli extracomunitaria ecco fatto che la scena diventa di stringente attualità. Questo fa capire che l’atteggiamento fondamentale di certe frange (piuttosto consistenti) della borghesia non è per niente cambiato dal 1974 (o se si vuole dal nazismo) ad oggi.
A questo punto, con evidente anacronismo, il film diventa una rievocazione simbolica dell’episodio della sconfitta del Generale Custer da parte di Cavallo Pazzo. Il parallelo stilistico è quello con il teatro moderno di avanguardia, in cui si usa spesso trasporre in tempi moderni dei fatti passati. Solo che qui i personaggi conservano per lo più gli abiti e gli usi antichi, complicando così la rappresentazione. Tanto più che il film è girato nella Parigi moderna, fra il Pantheon e gli scavi delle vecchie Halles.
L’intenso sarcastico e grottesco è comunque bene in evidenza. Come dire: non prendete la cosa troppo sul serio, è una specie di gioco, una fantasia. Certo il significato ideologico è evidente ed è pure netta la condanna di un certo atteggiamento ideologico e politico. Custer, gli altri generali, la signora ipocrita interpretata da Catherine Deneuve, tutti passano per militaristi, reazionari, materialisti, perbenisti, egoisti, ipocriti, superficiali, insomma il peggio della borghesia. L’apparire ogni tanto della foto di Nixon in bella evidenza aggancia questo atteggiamento con precisi fatti storici dell’epoca.
Anche il ritratto che viene fatto degli Indiani (ricordate gli indiani metropolitani?) è un evidente parallelo con la lotta operaia di quegli anni (le facce degli indiani sembrano quelle di operai meridionali o di giovani contestatori). L’evidente intellettualizzazione di Cavallo Pazzo, il suo continuo ripetere “solo con il collettivo si vince”, rimanda esplicitamente ai gruppi di estrema sinistra, molto attivi all’epoca.
Con questo non vuol dire che Ferreri abbandoni la borghesia, semplicemente come in tutti i suoi film passati, ne riproduce in maniera grottesca e paradossale le inquietudini e le forti contraddizioni. Anche in questo caso il film di Ferreri è lo specchio fedele delle turbe borghesi nel periodo 1974-1975, in cui per un attimo sembrò che la borghesia italiana si stesse per buttare nelle braccia di Berlinguer (se l’avesse fatto la storia italiana sarebbe cambiata – secondo me in meglio).
Ferreri ama usare i soliti attori. Qui, Mas*****nni, Piccoli, Tognazzi e la Deneuve se la cavano abbastanza bene. L’unico personaggio che stona completamente è quello interpretato da Paolo Villaggio. Sinceramente poteva essere eliminato e la storia non cambiava.
Come documento dello spirito di un epoca il film può essere interessante, ma l’interesse in pratica si ferma qui.